Escavazione fondali del porto Trapani, bufera su smaltimento fanghi - QdS

Escavazione fondali del porto Trapani, bufera su smaltimento fanghi

Vincenza Grimaudo

Escavazione fondali del porto Trapani, bufera su smaltimento fanghi

giovedì 18 Novembre 2021

Associazioni, deputati e sindaci contro l’ipotesi di sversare tutto nelle coste di Custonaci ma arriva la secca smentita dell’Autorità portuale: “Tutto falso, è stato fatto solo terrorismo mediatico”

TRAPANI – Dove finiscono i fanghi dell’escavazione dei fondali del porto di Trapani? “Sono destinati a mare, in una zona vicina alle riserve di Monte Cofano e ai siti protetti di San Vito Lo Capo”. Un’affermazione partita da un gruppo di associazioni il cui allarme ha spinto anche la politica ad intervenire. Tutti contro l’Autorità portuale che ha commissionato questi lavori di escavazione. Ma dai vertici della stessa autorità arriva la secca smentita rispetto a un’ipotesi del genere e si garantisce la massima attenzione nello smaltimento con una serie di studi già approntati.

Una bufera che era partita dalla presa di posizione dell’Unione provinciale del Movimento Cristiano Lavoratori, dalla Confsal Sicilia, da Sicilia Antica di Trapani e dal Circolo Intercomunale Mcl Azione Cristiano-Sociale di Trapani. Insieme avevano denunciato che questi fanghi dei fondali del porto trapanese sarebbero stati destinati all’area costiera tra Custonaci e San Vito Lo Capo e che erano destinati a rovinare alcune aree marine particolarmente delicate, senza trattamento e quindi col rischio di inquinare e danneggiare flora e fauna. Si parlava di un volume delle sabbie da smaltire tra 400 mila e un milione di metri cubi.

La prima reazione fu quella del sindaco di San Vito Lo Capo Giuseppe Peraino: “Il mare incontaminato di quel tratto di costa è uno scrigno – aveva detto -, ricco dal punto di vista ambientale e di specie ittiche che va tutelato da qualsiasi estraneo elemento inquinante che possa turbare l’ecosistema marino e rischiare di deturpare le acque cristalline”.

A ruota anche la politica regionale e nazionale aveva alzato gli scudi: “È impensabile – ha dichiarato la deputata regionale Eleonora Lo Curto – che oltre 400 mila metri cubi di fanghi possano contaminare il mare di un’area conosciuta per la sua bellezza, sarebbe un danno incalcolabile sia per l’ambiente sia per il turismo. Mi attiverò immediatamente per richiedere un’audizione in Commissione Ambiente dell’Ars con tutti i soggetti interessati, a partire dall’Autorità portuale di sistema della Sicilia, per scongiurare questa eventualità”. “L’area individuata è un Sic marino, – aggiunge il deputato alla Camera Antonio Lombardo – un sito di interesse comunitario tutelato da una direttiva Ue. Non servono molte parole per comprendere che un’operazione di questo tipo avrebbe un impatto ambientale fortemente negativo sulle popolazioni ittiche presenti, nonché conseguenze economiche disastrose sull’intera area che vive soprattutto di turismo, grazie agli incantevoli luoghi che invito tutti a visitare”.

Il parlamentare ha anche presentato un’interrogazione al ministro per la Transizione ecologica per chiedere conto e ragione. Ma dopo il tam tam di notizie arriva la voce dell’Autorità portuale della Sicilia occidentale, rappresentata dal presidente Pasqualino Monti, che ha smentito tutte le indiscrezioni: “Le associazioni hanno pensato bene di diffondere un messaggio senza prima informarsi e senza chiedere un confronto per accertare che le tesi dichiarate corrispondessero alla realtà dei fatti. Questo per me non è rendere un servizio alla comunità ma è fare terrorismo comunicativo”.

Lo stesso Monti ha spiegato nei particolari cosa di andrà a fare. Il progetto prevede la bonifica degli attuali fondali del porto trapanese, oggi inquinati, ma ad essere sversati saranno soltanto i sedimenti non contaminati, e cioè di quei sedimenti che costituiscono risorse del mare, in quanto hanno caratteristiche fisico-chimiche idonee a tale scopo. La scelta del sito di sversamento è stata fatta sulla base di una rigida procedura di valutazione e confronto che ha visto coinvolti professionisti e specialisti in materia e l’università Kore, che ha individuato l’area in oggetto sulla base di approfonditi studi condotti, passando da uno specifico studio idraulico marittimo alla caratterizzazione del sito di immersione da parte di una società specializzata. È stato anche predisposto un “Piano di Monitoraggio Ambientale” da una società incaricata, all’interno del quale è stata prevista una sezione per il controllo degli impatti delle attività di immersione dei sedimenti sulle specie ittiche presenti.

Gli studi approfonditi eseguiti e i pareri resi dalle istituzioni competenti in materia ambientale e della pesca escludono qualunque rischio per l’ambiente, gli habitat e l’ecosistema, nonché per l’economia delle marinerie della zona.

“Altrettanto non vera – rilancia Monti – è l’affermazione secondo cui l’Autorità di sistema portuale, dopo avere eseguito un’analisi di mercato sulle discariche, per risparmiare denaro abbia scartato tale soluzione per un’altra eterea non meglio individuata. Invece, a seguito di prove sperimentali, eseguite sugli attuali sedimenti inquinati del porto, è stato individuato il trattamento idoneo a separare la parte inquinata dalla matrice sedimentologica, prevedendo la destinazione degli elementi inquinati nelle discariche autorizzate e il riutilizzo del sedimento depurato. Priva di fondamento l’affermazione che detta previsione sia fatta per economia di previsioni, considerato che tale processo, di fatto, realizza solo un beneficio in termini ambientali, con recupero di risorsa del mare, minore intasamento delle discariche e minori trasporti”.

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