Fallimento d’impresa non più come una gogna - QdS

Fallimento d’impresa non più come una gogna

Chiara Borzi

Fallimento d’impresa non più come una gogna

martedì 02 Luglio 2019

Seminario organizzato da Confindustria Catania sulla riforma del settore che prova a cambiare le prospettive. Salvaguardare la ricchezza della collettività al di là della figura dell’imprenditore che merita una seconda occasione

CATANIA – La riforma della legge sul fallimento d’impresa è alle porte. Manca infatti poco più di un anno all’entrata ufficiale in vigore della disciplina aggiornata e indirizzata ad una migliore gestione del default d’impresa, tramite un rapporto di più aperta collaborazione con la giustizia.

Numerosi gli elementi nuovi contenuti nel testo approvato il 14 febbraio 2019, a partire dall’approccio di prevenzione del fallimento, da riconoscere in tempo ed evitare agendo prima sulla fase di crisi. Evitare il peggio è possibile se l’imprenditore, titolare di grande o media impresa, decide di affiancare adeguate professionalità, nello specifico commercialisti che lavorino realmente per la salute fiscale dell’impresa.

Accettare il fallimento è fatto che va pensato senza vergogna, la riforma desidera modificare quest’approccio ribaltando la concezione di “colpa” nel caso di default d’impresa. D’altronde le condizioni attuali di mercato sono così difficili da rendere inevitabile un impatto non traumatico con la crisi economica. La riforma dell’articolo è stata pensata da magistrati, imprenditori e commercialisti che assieme hanno lavorato per concepire regole aderenti alle esigenze imprenditoriali, stimolando l’eventuale necessario confronto con la giustizia.

Sul testo della riforma si sta ancora lavorando. Alcuni vorrebbero depotenziate delle soglie di applicazioni, in modo da evitare l’avviamento di un iter che rimane dispendioso e lungo. Si pensi che l’attività di un liquidatore oggi può costare anche 700 euro al giorno.

“Dobbiamo capire che paese vogliamo e che impresa vogliamo – ha evidenziato il sostituto procuratore della Repubblica Fabio Regolo in occasione del seminario organizzato da Confindustria Catania su “Crisi d’impresa nella nuova riforma fallimentare. Scenari e Prospettive” -. Capitalismo familiare, personalismo, carenze nei sistemi operativi, assenza di monitoraggio anche a breve termine, sono gli elementi che oggi descrivono l’imprenditoria italiana nei palazzi di giustizia. Andando avanti così il primo pericolo che vedo, e sta avvenendo, è non solo una crisi interna, ma l’arrivo d’imprenditori internazionali dall’atteggiamento predatorio. Difendere questa riforma, già modificata, è importantissimo.

In Italia ci sono 161 miliardi di euro solo di debiti erariali, qualora i concordati venissero adempiuti, appena l’1,64% di questa somma verrebbe soddisfatta. Esiste una procura che sta cercando di attrezzarsi di sapere tecnico e che cerca di avere una valutazione d’insieme, ma è bene che l’imprenditore cominci a pensare alla propria azienda come ad un figlio che in età adulta diventa autonomo: le imprese sono un bene della collettività. La procura è pronta a collaborare, ma certamente sarà inflessibile con gli imprenditori “prenditori”. L’imprenditore serio non ha nulla da temere della riforma, ha da temere il prenditore”.

Legalità e impresa devono andare di pari passo, come evidenziato anche dal consigliere Odcec Catania, Maurizio Stella, presente al seminario per mettere in risalto l’evoluzione dell’approccio al fallimento d’impresa.

“Con la riforma del 2005 Il vero obiettivo di salvaguardia non andava a buon fine. L’azienda era vista come un malato terminale, oggi siamo di fronte ad un cambiamento epocale. Abbiamo cercato gli strumenti che ci consentono di curare all’interno delle aziende i sintomi della crisi. Impresa è anche interesse della collettività, pensiamo ai creditori, i lavoratori, lo sviluppo che porta nel territorio. L’obiettivo della riforma è salvaguardare la ricchezza della collettività al di là della figura dell’imprenditore.

Un imprenditore onesto merita la seconda occasione, il fallimento non è una gogna e deve cambiare la mentalità. Il legislatore ha fatto una riforma organica in cui accomuna tutti i capi azienda, da imprenditori alle persone fisiche, agli agricoltori e ha codificato il termine di crisi “situazione economica finanziaria che rende probabile l’insolvenza”. L’imprenditore deve rilevare per tempo le difficoltà per legge, per far emergere lo stato di crisi e tutti i soggetti coinvolti, debitori e creditori, devono agire secondo etica”.

Moderatore del seminario è stato l’avvocato Salvatore Nicolosi. L’appuntamento è stato aperto dal presidente di Confindustria Catania Antonello Biriaco e dal presidente Odcec Catania, Giorgio Sangiorgio.

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