Call center: in Sicilia crisi infinita, 20.000 sul filo del rasoio - QdS

Call center: in Sicilia crisi infinita, 20.000 sul filo del rasoio

Michele Giuliano

Call center: in Sicilia crisi infinita, 20.000 sul filo del rasoio

sabato 08 Giugno 2019

In questo settore da sempre precario, ci sono lavoratori a contratto con 200 euro di stipendio al mese. I piani di rilancio dello scorso anno si sono arenati. Primi fra tutti rischiano in 1.300 a Palermo

PALERMO – I call center siciliani sempre più in crisi. Nonostante i continui accordi, l’ultimo nel maggio dello scorso anno per il rilancio di Almaviva contact di Palermo, oggi si è di nuovo punto e a capo.

L’enorme apparato di circa 20 mila lavoratori in Sicilia, tra dipendenti e precari, torna a vacillare sempre che mai abbia realmente vissuto momenti di tranquillità.

In particolare torna a scattare l’allarme per i lavoratori Almaviva Palermo che hanno dichiarato lo stato di agitazione e chiesta l’apertura di un tavolo al ministero dello Sviluppo economico. In una lettera inviata al ministro Luigi Di Maio e al presidente della Regione Nello Musumeci, le organizzazioni sindacali territoriali di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl Tlc chiedono “un intervento immediato del governo per scongiurare una catastrofe sociale che riguarda più di 3 mila famiglie e che, se non affrontata subito, diventerà irreversibile”.

È stata questa la reazione dei sindacati dopo l’annuncio di Almaviva Contact del ricorso ad ammortizzatori sociali fino al 60 per cento su tutte le commesse in seguito al taglio comunicato dai due principali committenti, WindTre e Tim, del 70 per cento dei volumi di traffico. Una contrazione che si tradurrebbe, secondo le stime dei sindacati, nel 45 per cento circa di esuberi, con oltre 1.200 lavoratori a rischio.

I volumi di lavoro che WindTre e Tim stanno prospettando sul sito di Palermo, già da tempo ridotti, subiranno dunque una contrazione ancora più drastica nei mesi a venire e per di più con tariffe molto distanti da quelle stabilite dal decreto ministeriale n.123/2017 e dal recente accordo nazionale fra Asstel e organizzazioni sindacali.

A ciò si aggiunge la totale incertezza sul futuro dei lavoratori impiegati sulla commessa Alitalia, in scadenza il 30 giugno. “Appare evidente – scrivono Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil e Ugl Tlc – che gli effetti di queste determinazioni mettono a rischio la tenuta occupazionale del sito di Palermo, vanificando del tutto le misure intraprese negli ultimi anni, con una percentuale di ammortizzatori sociali che sembrerebbe il preludio di una drastica ristrutturazione del sito”. “Drammatica” e “inquietante” è inoltre per i sindacati delle telecomunicazioni, la totale assenza di informazioni e di monitoraggio sui volumi di lavoro transitati in territori esteri, nonché l’assegnazione delle attività in base ai contratti siglati con gli outsourcer.

“In un settore investito da una forte crisi e caratterizzato dall’assenza di regole – si legge nella nota unitaria – le organizzazioni sindacali si trovano dunque a dover fronteggiare le continue emergenze legate al mancato rientro dei volumi di lavoro, che continuano a essere gestiti all’estero. I committenti, inoltre, possono in qualunque momento chiudere o dirottare le attività destinate ai loro fornitori, con conseguenze spesso drammatiche per i lavoratori”.

Altra storia quella dei precari, anche in questo caso traballanti. Parliamo dei Cococo dei call center, i lavoratori a progetto di Almaviva Catania che si occupano dell’outbound, che recentemente hanno dato vita a un corteo concluso con un presidio di protesta di fronte la prefettura del capoluogo etneo. Qui il problema è legato alle misere commesse che in alcuni casi produce compensi non solo al di sotto della soglia di povertà, ma addirittura della dignità: meno di 200 euro dopo un mese di lavoro, seppure part time a 4 ore.

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