I nuovi Mille riuniti per il bene dell’Isola - QdS

I nuovi Mille riuniti per il bene dell’Isola

Gabriele Patti

I nuovi Mille riuniti per il bene dell’Isola

martedì 02 Luglio 2019

L'obiettivo è spingere la Regione a rilanciare il tessuto economico-produttivo siciliano riaccendendo i motori dello sviluppo prima di tutto sbloccando i cantieri: dieci miliardi di euro per rimettere in sesto la rete stradale e autostradale

Riunire imprenditori, organizzazioni sindacali, associazioni datoriali e del terzo settore. L’obiettivo? Spingere la Regione a mobilitarsi e a prendere iniziative forti per riaccendere i motori dello sviluppo.

Prima di tutto serve sbloccare i cantieri: in ballo ci sono oltre dieci miliardi che potrebbero essere utilizzati per rimettere in sesto decine di chilometri di rete stradale e autostradale disastrata.

Ma questo non basta, perché sono numerose le criticità da risolvere: l’inefficienza della macchina amministrativa, i rapporti delle imprese con il sistema bancario e una collaborazione tra pubblico e privato che non riesce a decollare.

Sono questi i temi affrontati nell’ambito de “I nuovi mille e il QdS insieme”, iniziativa promossa dalla nostra testata per rilanciare lo sviluppo, incentivare la crescita e porre un freno alla dilagante disoccupazione che coinvolge sempre più i giovani siciliani.

I dati siciliani sono disastrosi: un Pil impantanato e l’occupazione in forte calo spingono alla fuga i giovani di tutte le età. Ma da Palazzo d’Orleans, in un anno e mezzo di legislatura, non sono ancora giunti quei segnali forti che i cittadini si attendono.

Per questo si avverte la necessità di una spinta che provenga direttamente dal mondo produttivo. Un’inversione di rotta nata dalla voglia di non arrendersi e che coinvolge gli imprenditori dell’Isola.

Occorre risalire la china grazie a un’unione di intenti delle figure più rappresentative del nostro tessuto economico-sociale, per cercare di dare una scossa al lassismo istituzionale.

Sono queste le ragioni alla base della necessità di dar vita a una “massa critica” che nasce dall’unione di un collettivo con lo scopo di fare pressione nei confronti delle istituzioni: Regione ed Enti locali prima di tutto.

Una pressione mediatica che vuole porsi come mezzo per giungere a un fine: risolvere i mali che attanagliano da troppo tempo la nostra tormentata Isola.


Gli ospiti

Santo Di Bartolo
Serinn servizi innovativi Srl

“Pesa una scarsa attenzione per le piccole e medie imprese”

“In passato ci occupavamo sia del pubblico che del privato. Ma oggi le cose sono cambiate. Abbiamo deciso di abbandonare la Pubblica amministrazione perché a vincere le gare d’appalto sono sempre le stesse aziende: si tratta per lo più di imprese del Nord.
Non escludo che tra gli aggiudicatari ci siano anche imprenditori del Meridione, ma nella maggior parte dei casi, purtroppo, si tratta di aziende che rappresentano i grandi gruppi industriali del Settentrione.
Ad aggravare il quadro c’è la scarsa attenzione verso le piccole e medie imprese. Figuratevi che guadagno più dall’assistenza tecnica che dalle vendite. Ma io comunque non mi scoraggio e la mattina mi alzo sempre col sorriso. Non ho la minima intenzione di demordere.
A impensierire noi piccoli imprenditori c’è anche il rapporto con le banche. In questo il Nord Italia è privilegiato: a Milano, ma anche a Roma, il denaro lo pagano il 2-3%, qui i tassi di interesse sono molto più alti e non conviene chiedere contante in prestito. Dico solo che al momento ho una causa in corso per usura con la mia banca”.

Alfio Materia
Saem società cooperativa Arl

“Tutelare con maggiore forza gli interessi degli imprenditori”

“Nell’organizzazione manca un trait d’union che faccia in qualche modo da traino alla risoluzione delle problematiche in cui incorrono i piccoli imprenditori. Perché tutte le imprese, in base al settore di competenza, incorrono in qualche grana.
Il vero problema è che non esiste un soggetto deputato alla risoluzione dei problemi aziendali. Servirebbe un’associazione che tuteli gli interessi imprenditoriali. Io, personalmente, non mi sento rappresentato da Confindustria. Noi siamo una cooperativa con venti dipendenti e non abbiamo nessuno che tutela i nostri interessi.
È necessario creare degli interessi comuni e collettivi che siano tutelati da una valida associazione di categoria.
Altro tasto dolente è l’apparato bancario. Se per 50 milioni di prestito devo andare a versare 50 mila euro di garanzie mettendo a disposizione beni o utili dei soci o della stessa cooperativa, diventa un grosso problema. A quel punto preferisco spendere quello che ho in investimenti aziendali piuttosto che in prestiti”.

Riccardo Sciuto
Intesa Srl

“Occorre rendere più semplice il dialogo con le banche”

“Fino a dieci anni fa Catania pullulava di piccole aziende. Oggi sono scomparse. E molto spesso vengono assorbite dai grandi gruppi industriali.
Se prima un imprenditore poteva sempre contare sull’aiuto delle banche, oggi gli istituti di credito ti mandano una lista di clienti a cui proporre grossi investimenti a tassi molto bassi e poi ti accorgi che in realtà vogliono rifornire di denaro chi non ne ha bisogno.
Per chi, invece, avrebbe veramente bisogno di una mano per fare il balzo in avanti, irrigidiscono i criteri chiedendo sempre più garanzie. Molto spesso anche il piano industriale migliore del mondo non viene valorizzato. Contano solo le garanzie.
Un altro male della nostra terra è costituito dalla macchina pubblica che ha un meccanismo di funzionamento lento e farraginoso. C’è un Paese che cammina su due binari: uno ad alta velocità rappresentato dal mondo imprenditoriale, l’altro più lento costituito dalla burocrazia”.

Maurizio Guercio
Guercio Serramenti Srl

“Necessario sbloccare i bandi europei e far ripartire la macchina pubblica”

“Sono il titolare di un’azienda che in questo territorio è stata più volte definita ‘fuori luogo’ perché tutti i prodotti che produciamo, normalmente provengono dal Nord.
Le difficoltà che affrontiamo sono tante, ma è necessario essere ottimisti. Sebbene i problemi siano molteplici, non cediamo alle numerose richieste di trasferimento che ci arrivano dal Settentrione. Sarebbe troppo facile. Siamo un’azienda siciliana e restiamo qua. Anche perché chi riesce a fare impresa e creare lavoro qui è molto più bravo di un imprenditore del Settentrione.
In Sicilia è necessario incrementare e sviluppare il settore imprenditoriale. Quando un determinato territorio gode della presenza di un’azienda produttiva ed efficiente è più facile che si costruisca un indotto intorno ma se non c’è, le cose si complicano.
Le priorità al momento sono due: sbloccare i bandi europei, così da immettere liquidità nel mercato, e far ripartire la macchina pubblica. Ci vuole coraggio, pazienza e tanto ottimismo”.

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