Il diritto di scrivere il proprio pensiero - QdS

Il diritto di scrivere il proprio pensiero

Giuseppe Sciacca

Il diritto di scrivere il proprio pensiero

venerdì 14 Maggio 2021

In Polonia una quarantina di testate hanno oscurato le loro prime pagine o le homepage

Anche quest’anno il tre maggio è stata celebrata la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa, ricorrenza in difesa della libertà di informazione, del pluralismo e dell’indipendenza dei media. Un evento il cui senso ben può essere contenuto nello slogan, circolato in questa occasione: “Quando la verità non è libera, la verità non è vera”.

Questa libertà è essenziale per la sopravvivenza di tutte le minoranze, senza la quale finirebbero ammutolite e schiacciate dai gruppi dominanti loro antagonisti. Una libertà irrinunciabile da difendere sotto ogni latitudine ed oggi più che mai. In Polonia, uno dei principali Paesi dell’Unione Europea e della Nato, dove è al governo “Diritto e Giustizia” (in polacco: Prawo i Sprawiedlywosc; sigla: PiS) un partito di politico di destra estrema di ispirazione conservatrice e clericale, la difesa di questa libertà ha indotto il dieci febbraio scorso, una quarantina di testate ad oscurare, per ventiquattro ore, in segno di protesta, le loro prime pagine o le homepage. Un vero blackout dell’informazione indipendente. La protesta è stata indetta per manifestare un radicale dissenso contro un disegno di legge, in atto ancora sui tavoli del governo, che introduce una nuova tassa che verrebbe a colpire la pubblicità editoriale.

Il governo ha giustificato il progetto di questa nuova imposizione con l’esigenza di reperire una nuova fonte di denaro da utilizzare per la lotta alla pandemia da Covid-19 ed in favore di nuove iniziative culturali. Per i giornalisti su posizioni di dissenso, rispetto alla politica dell’attuale governo, si tratterebbe soltanto di un ulteriore tentativo di censura, anche se indiretta, che colpirebbe un’area dell’informazione già in difficoltà, perché esclusa dai contributi governativi, che vanno, invece, tutti in favore della stampa filogovernativa ed ai social network della stessa tendenza politica, quindi uno strumento per mettere a tacere e spingere alla bancarotta le piccole imprese editoriali, nelle quali operano. La protesta dei giornalisti è stata significativamente e loquacemente denominata “Media bez wyboru” (Media senza scelta). Gli operatori dell’informazione in protesta, ricordano che in questi giorni in Ungheria, il premier sovranista Viktor Orban ha, di fatto, imposto la chiusura dell’ultima utente indipendente Klubràdio, liquidando così totalmente la libera informazione.

Al dissenso politico nel Paese, che ha il suo epicentro nelle forze di minoranza presenti nel Parlamento di Varsavia, non resta estraneo il mondo della cultura, da sempre in conflitto anche contro l’orientamento governativo nella ricostruzione storica dei fatti che ebbero a verificarsi durante l’occupazione della Polonia da parte delle truppe naziste. L’attuale governo vorrebbe che la storia ci consegnasse una narrazione in cui i polacchi ebbero solo il ruolo di vittime delle atrocità degli occupanti e di persone impegnate nel salvataggio degli ebrei. Ogni diversa lettura dei fatti viene considerata contraria e disonorevole rispetto allo spirito nazionale. Pertanto non viene tollerata la ricostruzione storica, realizzata da due studiosi di fama internazionale, quali Jan Grabowski e Barbara Engelking, che nel loro ultimo corposo libro “Notte senza fine”, nel rispetto della verità, raccontano di una realtà diversa e più umana, in cui alcuni polacchi furono, anche eroici, e si adoperarono in ogni modo per salvare i loro connazionale di fede ebraica, mentre altri furono collaboratori degli occupanti, delatori e si resero responsabili di gravi crimini. Anche per i due studiosi il proposito del governo è chiaro: ridurre al silenzio chiunque indaghi, in autonomia, sulle responsabilità polacche durante la Shoah.

Persino il rabbino capo di Polonia Michael Schudrich, ha levato la sua voce, con una nota resa pubblica, ha dichiarato: “Le istituzioni statali sostengono sempre più spesso, a volte in modo velato, a volte direttamente, finanziariamente o attraverso l’avanzamento di carriera, una narrazione storica inaffidabile”…”Anche noi preferiremmo che la nostra storia fosse così rosea come qualcuno vorrebbe immaginarla, ma la storia è quella che è”. Parole che segnano in modo netto, la posizione dell’ebraismo polacco.

Malgrado l’attuale quadro, molti analisti politici sono ottimisti sul futuro polacco, giacché prevedono che la contrapposizione tra i due opposti blocchi politici opposti diverrà presto sempre più netta, così come è agevole desumere dai segni che si colgono nella società, a loro dire, già propensa ad una forte laicizzazione.

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