Il Teatro Andromeda raccontato dal suo realizzatore Lorenzo Reina - QdS

Il Teatro Andromeda raccontato dal suo realizzatore Lorenzo Reina

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Il Teatro Andromeda raccontato dal suo realizzatore Lorenzo Reina

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venerdì 25 Giugno 2021

Incastonato tra le vette dei Monti Sicani, nel territorio comunale di Santo Stefano Quisquina (Agrigento), spicca come fiore all’occhiello in uno scenario dove il tempo sembra essersi fermato

È il teatro più alto del mondo, ma è anche una maestosa opera d’arte all’aria aperta. Incastonato tra le vette dei Monti Sicani, nel territorio comunale di Santo Stefano Quisquina (Agrigento), spicca come fiore all’occhiello in uno scenario dove il tempo sembra essersi fermato e dove la natura torna protagonista.

Stiamo parlando del Teatro Andromeda, opera realizzata da Lorenzo Reina, che ne ha raccontato la genesi e l’evoluzione al “Quotidiano di Sicilia”.

 Come nasce il teatro Andromeda?

“Il teatro Andromeda nasce dal sogno di un pastore che non voleva fare il pastore, ma lo scultore, nella seconda metà degli anni ottanta.  E solo da scultore ha potuto concepire e realizzare questo teatro, sebbene giornalisti e critici d’arte si ostinano spesso a definirlo straordinario in quando opera ‘frutto del pensiero selvaggio di un pastore errante in Sicilia’. Ma a rimettere le cose al loro posto ci ha pensato recentemente un bravo architetto, che alla fine della visita al teatro ha sentenziato “Picuraru? Ma quali picuraru!”. Quando mio figlio Libero mi ha raccontato questa cosa ho pensato ‘bene, era ora’.  Quando decisi di costruire un teatro in pietra all’aperto, il pensiero filosofico greco, che per primo ne aveva dettato le regole e le forme, non lasciava scampo alla mia immaginazione. La perfezione (l’areté) era stata toccata da Policleto il Giovane nell’ideazione del teatro di Epidauro e non appena quel canone architettonico subiva un compromesso stilistico, crollava tutto. Ogni tentativo di emulazione era boccone amaro, perché già masticato da altri. Così il sogno di un teatro, tutto siciliano, ad un certo punto mi apparve come irrealizzabile. Rinnovare il teatro greco rimasto immutato per millenni era pura follia, ma la sfida non veniva dalla sua forma irripetibile, ma dalla sua capacità di connettere se stesso alla natura e fare dell’insieme una cosa sola. Allora mi rivolsi alle mie radici sicane, alla mia vita di servo pastore, di quando aiutavo mio padre ad alzare mura di pietra per riparare le pecore dalle intemperie. Era l’ovile arcaico, un temenos sacro, chiamato dai pastori ‘La Para’, il riparo. Era la natura in opera, indistinguibile dalla mano dell’uomo.

L’origine dell’architettura era lì, nelle pietre non attozzate, ma posate come massi erratici alla fine di un’era glaciale a creare un paesaggio che prima non c’era. Il resto sarebbe arrivato dal cielo. Sì, dal cielo, perché decisi di far specchiare sulla sommità della Rocca le 108 stelle visibili della costellazione di Andromeda, tra le quali si scorge anche ad occhio nudo, la fioca luce della Galassia M31, che colliderà con la nostra Via Lattea tra due miliardi e mezzo di anni luce. L’innovazione è in questa attesa: un teatro che non ci parla di un lontano passato ma ci parla di un lontano futuro. Vedi, è una storia semplice”.

Ci racconti il progetto “Fattoria
dell’arte”, qual è la sua storia? Quali sono le idee e i valori che l’hanno
ispirato?

 “La fattoria
dell’arte segna il mio ritorno alla vita contadina dopo la morte di mio
padre. Gli avevo promesso, prima di andarsene per sempre, che nulla di quanto
aveva amato e creato sarebbe andato perduto. Una scelta dolorosa e difficile
per me che avevo abbandonato l’ovile da almeno dieci anni per fare lo scultore.
Ora la fattoria accoglie e ristora i visitatori del teatro e ospita il
lavoro di altri artisti nel piano superiore del mio museo personale. E ‘stato
facile trasferire l’esperienza artistica di tanti anni in un progetto culturale
a servizio e completamento del teatro, ormai meta di migliaia di visitatori da
tutto il mondo. Qualche informazione di carattere generale per chi volesse
venire a trovarci? Semplicemente, www.teatroandromeda.it.
 Lì, troveranno tutto quanto occorre”.

Come avete vissuto questo lungo periodo di
chiusura ? Quali eventi e spettacoli sono in programma per l’estate ?

“Con l’inizio della pandemia abbiamo assistito, come
tanti, al crollo del flusso dei visitatori e di conseguenza un
azzeramento della vendita dei biglietti d’ingresso. Non abbiamo finora ricevuto
nessuno dei ‘ristori’ promessi, a fronte di una perdita di reddito importante
che ci ha messi in ginocchio. Ma abbiamo resistito fino a pochi giorni fa,
quando con la riapertura del teatro, il 10 giugno, sono ritornati i
visitatori e la speranza
. Non siamo riusciti a fare un calendario di
spettacoli (non avendo contributi pubblici non riusciremmo a compensare le
spese), ma la gente sta arrivando sempre più numerosa e il prossimo anno
contiamo di riavviare eventi importanti. Per questa estate, il teatro ha
concesso lo spazio in affitto per spettacoli musicali non organizzati da noi,
ma di ottimo livello, inoltre verranno 
delle produzioni francesi a girare dei videoclip di danza classica e
sperimentale. Un momento particolarmente significativo è stato quello del Solstizio
d’estate
e della celebrazione del rito della luce. In quella occasione centinaia
di persone, provenienti da tutta la Sicilia, hanno voluto vivere questo momento
di catarsi spirituale e umana al teatro Andromeda. Il Sole, entrando nella
bocca dell’Imago della Parola, si è fatto parola di luce e di buona speranza
per dirci : “Allora, dove eravamo rimasti ?”(Enzo Tortora).Vittorio Sangiorgi

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