Probabilmente non il più significativo o appariscente, ma comunque un altro tassello che estende quello che ormai è diventato un piccolo impero che spazia dai rifiuti all’immobiliare, dalle costruzioni all’energia. Si tratta di un nuovo progetto presentato alla Regione dai Caruso, fratelli originari di Paternò da diversi anni al centro della scena imprenditoriale siciliana.
Sono passati appena pochi giorni dalla notizia – diffusa da La Sicilia – del silenzio assenso istituzionale che ha accompagnato buona parte dell’iter che ha portato al rilascio dell’autorizzazione di un grande impianto per lo stoccaggio di rifiuti pericolosi nel territorio di Augusta, che sul tavolo dell’Assessorato all’Ambiente è finita l’istanza che avvia un nuovo percorso di valutazione con l’obiettivo di arrivare all’autorizzazione per costruire, stavolta nel territorio di Belpasso, un impianto per il trattamento e recupero di inerti.
Se nel caso di Augusta, il progetto è stato presentato da Hub Cem, società che fa capo a Gaetano Caruso, il più piccolo dei fratelli, stavolta protagonista è la Realizzazioni e Montaggi (Rem), di proprietà della compagna di Emanuele Caruso e già proprietaria dell’impianto di compostaggio – tramite la controllata Biometan – che nella zona industriale di Catania serve numerosi Comuni siciliani.
Impianto inerti a Belpasso, l’avviso pubblico
È di martedì scorso la nota con cui l’Assessorato regionale all’Ambiente ha comunicato a una serie di enti, tra cui il Comando provinciale dei vigili del fuoco, la Srr Catania Area Metropolitana, la Soprintendenza, Arpa, l’ex Provincia, il Comune di Belpasso, la ricezione da parte di Rem dell’istanza per avviare l’iter che servirà a verificare se il progetto di realizzazione dell’impianto di gestione degli inerti dovrà essere sottoposto alla valutazione dell’impatto ambientale oppure no.
A essere coinvolta nell’esame sarà anche la commissione tecnico-specialistica guidata da Gaetano Armao. La notifica arrivata via Pec serve anche a far scattare i termini – trenta giorni – entro cui chiunque abbia interesse può presentare le proprie osservazioni all’Assessorato contattando il Servizio 1 e riportando nell’oggetto il codice progetto CT007_RIF4048 e il numero di procedura 4048.
Investimento da mezzo milione
Sul portale della Regione non sono stati ancora caricati documenti che descrivono il progetto, nonostante la loro presa in carico da parte degli uffici sia dichiarata nello stesso avviso. Ciò di cui invece si può parlare è il luogo in cui l’impianto proposto da Rem. La società di Caruso, che si sta occupando anche della bonifica dalla fluoro-edenite nella zona di monte Calvario a Biancavilla, vorrebbe costruirlo in contrada Timpa di Pero, zona di Belpasso in cui si trova l’omonima cava di basalto che da qualche anno è stata acquisita da Rem. Tra i pochi dati disponibili c’è quello riguardante l’investimento che la società conta di fare: mezzo milione di euro.
I passaggi di autorizzazione
La storia della cava di Timpa di Pero è lunga e articolata. In origine, infatti, la cava è stata di proprietà della Stone Crusher, società per azioni che faceva parte della galassia dei Costanzo, i noti costruttori, su cui si concentrò anche l’attenzione – specialmente per ciò che riguarda la figura del cavaliere Carmelo Costanzo – del giornalista Pippo Fava.
La Stone Crusher ha avuto in mano la cava dal 1988 al 2003, quando, complice la fine dell’epopea dei Costanzo, a subentrare nell’autorizzazione fu la Siciliana Cave. Anche in questo caso si parla di un’impresa nota, in quanto riconducibile ai fratelli Basilotta di Castel di Judica, dei quali Vincenzo fu condannato per associazione mafiosa in primo e secondo grado nel processo Dioniso. Sentenze a cui seguì l’annullamento con rinvio da parte della Cassazione. Quella storia giudiziaria si concluse nel 2015 con l’estinzione del reato per morte del reo, in seguito al decesso dell’imputato.
A prendere in mano la Siciliana Cave è stata la Rem. Il passaggio è avvenuto nell’ambito di un’acquisizione più ampia: con un decreto della sesta sezione civile del tribunale di Catania, risalente a fine 2019, tutte le proprietà derivanti dal fallimento della società Siciliana Cave sono state trasferite alla Rem.
A fine 2024, la Rem ha incassato la vittoria in un procedimento incardinato davanti alla giustizia amministrativa e riguardante la decisione, presa dalla Regione, di annullare la validità dell’autorizzazione alla coltivazione della cava precedentemente concessa.
Il motivo del passo indietro stava nella quantificazione dell’ampiezza dell’area che la Rem si apprestava a coltivare, dopo avere ottenuto il nulla osta al subentro alla Siciliana Cave. Nello specifico lo spazio era stato quantificato in meno di 20 ettari, superficie che le norme ambientali individuano come soglia sopra la quale è necessario sottoporre i progetti di coltivazione alla valutazione d’impatto ambientale. La Regione era intervenuta dopo avere rivisto il calcolo in un primo tempo quantificato in 199.259 metri quadrati. A saltare dal conteggio, secondo gli uffici, erano stati circa 26mila metri quadrati, oggetto del precedente programma di coltivazione ereditato da Rem.
I giudici amministrativi hanno però dato ragione all’impresa, sottolineando che l’intervento della Regione era arrivato fuori tempo massimo. “Il Distretto minerario di Catania – si legge nella sentenza – era nella condizione di rilevare eventuali discordanze e difformità tra la superficie sulla quale si fondava l’autorizzazione n. 19/04 (quella rilasciata a Siciliana Cave, ndr) e quella delineata nel programma di sfruttamento presentato dalla Rem in occasione della richiesta di rilascio della nuova autorizzazione. Ne deriva che, non ravvisandosi nella fattispecie alcuna dichiarazione mendace, il potere di autotutela per essere legittimo deve essere esercitato nel termine di dodici mesi”.
Le vicende giudiziarie più recenti
L’ascesa imprenditoriale dei Caruso si è accompagnata negli anni a una serie di attenzioni da parte delle Procure siciliane. Emanuele, insieme alla compagna Daniela Pisasale, da qualche tempo unica titolare delle quote, sono stati condannati in primo e secondo grado – mentre sono cadute le accuse di responsabilità nei confronti della Rem – nel processo per le mazzette pagate all’interno della discarica di Bellolampo. I fatti, su cui si attende il pronunciamento della Cassazione, risalgono al 2020.
Nel 2023, la procura di Catania aveva aperto un’indagine per illecita gestione dei rifiuti nell’impianto di compostaggio di contrada Milisinni. L’inchiesta si è conclusa con l’archiviazione.
In precedenza, infine, sia Emanuele che Gaetano Caruso erano stati sospettati di essere legati alla criminalità organizzata, nello specifico alla famiglia Santapaola-Ercolano, di cui è uno storico esponente lo zio Pippo Mirenna. Il processo, però, si concluse con l’assoluzione degli imprenditori, ritenuti vittime delle pressioni della mafia.
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