Inviate gli immigrati a Genova e a Trieste - QdS

Inviate gli immigrati a Genova e a Trieste

Carlo Alberto Tregua

Inviate gli immigrati a Genova e a Trieste

mercoledì 12 Maggio 2021

Invasione inarrestabile

L’invasione inarrestabile di questi ultimi giorni a Lampedusa è un sintomo di grandissimo malessere e di profonda iniquità. Ci chiediamo perché questo Governo che, come il precedente, ha riaperto le porte a chiunque voglia venire in Italia in modo clandestino, non faccia nulla di concreto per limitare questi sbarchi, ormai divenuti non controllabili perché formati da migliaia e migliaia di poveretti.
Evidentemente il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, non è riuscito a consolidare gli accordi con la Libia, che continua a lasciare passare queste migliaia di persone, alimentando il traffico dei banditi i quali sulla pelle umana lucrano senza battere ciglio di fronte alla perdita di centinaia di vite.
Per contro, pare che il flusso dalla Tunisia sia fortemente diminuito, forse perché l’accordo con quella nazione relativo al controllo delle coste, sta funzionando.
In ogni caso, la situazione è diventata insostenibile e bisogna che il Governo metta uno stop perché l’isola di Lampedusa è martoriata da un’invasione divenuta inaccettabile.

Questa immigrazione forsennata e non controllata crea due danni al Paese, non misurabili: il primo riguarda la circolazione di decine di migliaia di persone, di fatto, ripetiamo, clandestini, perché sono state identificate precariamente senza alcuna possibilità di controllare le loro origini, soltanto sulla base delle dichiarazioni che hanno fatto alla Polizia.
Avere decine di migliaia di persone che circolano nel sottobosco delle città è un motivo addizionale di disordine e di pericolo sociale, sommato a quello della malavita organizzata, di coloro che abitano nelle baraccopoli, dei rom e di altri gruppi di fatto fuori controllo.
Il secondo danno, questo sì eventualmente misurabile, riguarda il costo di decine e decine di migliaia di persone (pubblici dipendenti), i quali si devono occupare degli immigrati per l’accoglienza, l’identificazione, il sostegno, la sanità, i trasporti per gli spostamenti, l’alimentazione e quant’altro. Oltre a tutte le spese necessarie per vitto, medicine, vestiario e necessità varie.
A suo tempo, l’attuale ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, fece un accordo a Malta con gli altri Paesi europei perché accogliessero una parte proporzionata degli immigrati che man mano sbarcavano in Italia. Ma l’accordo non ha avuto alcun seguito, tant’è vero che coloro che sbarcano, di fatto, restano nel nostro Paese.
In Europa si è discusso di modificare l’accordo di Dublino, in modo da stabilire le quote di immigrati che ciascuno dei ventisette Paesi dovrebbe accogliere. Ma tale accordo non è stato modificato e gli altri ventisei Paesi non accolgono proprio nessuno.
Non si capisce perché debbano esserci difficoltà solo per l’Italia, mentre le stesse difficoltà sono minori in Grecia e quasi inesistenti negli altri due Paesi rivieraschi, cioé Francia e Spagna, ove sbarchi non ve ne sono, o quasi.
Certo è che così non si può andare avanti, perché oltre all’enorme problema dell’epidemia e al crollo del Pil, non possiamo addossarci anche la cura di poveracci e il conseguente disordine.

All’interno del nostro Paese vi è anche una forte iniquità. Riguarda le disposizioni del ministero dell’Interno, che obbligano le navi della Guardia costiera o altre, che soccorrono i poveracci, a sbarcarli in Sicilia, soprattutto a Lampedusa, ma anche a Pozzallo, Augusta e Agrigento.
Non si capisce perché queste navi dello Stato non vengano inviate anche nei porti di Genova e di Trieste, dove potrebbero essere approntati centri di accoglienza adeguati.
Questa operazione avrebbe il pregio di una equa diffusione dell’immigrazione in tutto il Paese e quindi di distribuire il carico fra le diverse regioni e i loro porti, in modo da evitare assembramenti e concentrazioni come quelli che avvengono nelle coste siciliane.
Forse il Governo ha paura della reazione delle popolazioni ligure e friulana, perché non si azzarda a mandare colà alcuna delle proprie navi.
Evviva l’eguaglianza fra gli italiani: forse la diseguaglianza fra gli italiani.

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