Quest’ultima aggressione è mossa dal sempre presente desiderio di distruggere Israele a cui Hamas continua a negare il diritto ad esistere
Una ulteriore nuova guerra è scoppiata su un’altra frontiera d’Europa. Una guerra barbara, non dichiarata, fatta di aggressioni ai civili, di rapimenti, che non risparmia, ed anzi predilige accanirsi su anziani, donne e bambini e per questo si è manifestata con migliaia e migliaia di razzi lanciati, in poche ore, su popolose città di Israele. Le immagini crude di tanta folle e brutale violenza sono piombate inattese nelle nostre case, attraverso le televisioni ed i media, alcuni disposti a non risparmiare agli spettatori le scene di tanta immane violenza. Come un bomba ad orologeria è esplosa puntualmente a cinquant’anni dalla guerra di aggressione del Kippur (6 ottobre 1973 – 7 ottobre 2023), guerra che si concluse con la vittoria di Israele sui suoi aggressori, che anche allora, come oggi, l’avevano attaccata proditoriamente di sorpresa, in occasione delle festività religiose ebraiche più sante e più importanti dell’anno, e che vide gli aggressori respinti con gravi perdite.
Nel 1973 ad attaccare erano Egitto e Siria, uniti e mossi dal comune intento di cancellare Israele e pure spinti dalla speranza di riconquistare territori persi a seguito delle precedenti guerre arabo-israeliane. La pace d’allora venne abilmente intessuta, dall’oggi centenario, ed all’epoca segretario di stato, Henry Kissinger, e fu un vero capolavoro di diplomazia. Oggi ad attaccare di sorpresa è stata Hamas, organizzazione politica e paramilitare, palestinese, islamista, sunnita, il cui odio contro Israele viene foraggiato dal regime iraniano degli hayatollah, che le dona, mediamente, ogni anno, cento milioni di dollari, oltre sostanziosi aiuti di ogni genere e soprattutto in armi. Anche quest’ultima aggressione è mossa dal sempre presente desiderio, di distruggere Israele, a cui Hamas continua a negare il diritto ad esistere.
Secondo alcune fonti il momento dell’aggressione, oltre a rappresentare una voluta coincidenza commemorazione dell’avvento della guerra di Yom Kippur, a cui ciascuna parte contendente attribuisce un suo particolare significato, è un tentativo di rallentare ed incidere, negativamente, nell’ormai sempre più concreto disgelo dei rapporti tra Arabia Saudita e lo Stato ebraico, in un momento in cui quest’ultimo è estremamente concentrato sui suoi problemi di politica interna ed a causa di ciò, forse, si è lasciato cogliere di sorpresa, non avendo saputo intravedere i segni premonitori di quanto, certamente imponente e massivo, gli si stava per scatenare contro. Al momento la situazione per Israele è alquanto pesante con un migliaio tra morti e feriti e circa cento di rapiti in mano agli aggressori. La vastità delle forze, direttamente, e dei mezzi messi in campo da Hamas, che hanno fatto qualificare subito l’aggressione una vera e propria guerra, fa temere che possa intervenire Herzbllah, nonchè restare attratti, in questo buco nero, quanto prima, direttamente, Libano, Siria ed Iran. Ancora un’altra guerra di aggressione contro uno stato democratico da forze che democratiche, certamente, non sono, e che anzi odiano la democrazia, così come odiano l’occidente intero.
Il presidente israeliano Benjamin Netanyahu, lo stesso giorno dell’attacco, ha dichiarato alla nazione, che Israele è in guerra, non per volontà sua, e che la risposta militare sarà proporzionata alla portata della pesante e sanguinosa offensiva in corso. Certamente pagine dolorose saranno scritte a seguito dello svolgersi di questa nuova guerra d’aggressione, giacchè non potranno essere evitate operazioni militari anche nella striscia di Gaza, un’enclave ad altissima densità abitativa, in cui i nemici di Israele tradizionalmente non si sono mai fatti scrupolo di usare donne e bambini come scudi umani, per poi invocare anatemi e condanne contro Israele. La zona di questo conflitto, dal dopo guerra, l’area geopolitica, per eccellenza, cassa di risonanza degli equilibri internazionali mondiali più delicati e importanti, da cui nessuno stato può sentirsi lontano. Occorre che una giusta pace torni presto a riaffermarsi, nell’interesse di tutti, perché solo nella pace sta la completezza, la giustizia e la prosperità. Non a caso gli ebrei usano la parola shalom (pace) per salutarsi, benedire se stessi e gli altri, con cui si incontrano. Perché shalom è l’essenza della vita stessa.