Guerra Gaza-Israele vincono gli armieri - QdS

Guerra Gaza-Israele vincono gli armieri

Carlo Alberto Tregua

Guerra Gaza-Israele vincono gli armieri

mercoledì 11 Ottobre 2023

Altra terribile guerra

Sembra incredibile che un Paese attrezzato militarmente e avanzato sotto il profilo dell’innovazione come Israele si sia fatto cogliere di sorpresa dalla disgraziata iniziativa di Hamas, che, dalla Striscia di Gaza, ha invaso il territorio israeliano vicino, uccidendo circa ottocento abitanti e facendo prigionieri, il cui numero ancora non è stato quantificato con precisione.

Il primo ministro di quel Paese, Benyamin Netanyahou, ha proclamato una dura reazione e di fatto l’apertura di una terribile nuova guerra nei confronti dei palestinesi viciniori.
Si tratta di un altro focolaio di cui non si sentiva il bisogno, ma sembra che molti ritengano la guerra uno strumento necessario per i loro fini, che non sono certamente quelli dell’umanità e delle persone che vogliono vivere in pace.

Non entriamo nel merito dei torti e delle ragioni perché questo ci porterebbe lontano, ma restiamo nella concretezza dei fatti e cioè che è scoppiata un’altra guerra, aggiuntasi alla quarantina esistente in atto nel mondo.

L’abbiamo scritto più volte, dietro ogni conflitto vi è un interesse economico e cioè quello delle industrie delle armi. Esse prosperano, hanno profitti enormi e fatturati che aumentano di anno in anno. Agiscono in modo che scoppino guerre in tutta la superficie terrestre: più guerre ci sono, più vendono armi, munizioni, droni, missili e via cantando, più aumenta il loro fatturato e di conseguenza i loro profitti.
Ma di questo non abbiamo alcun sentore né notizia in nessun media nazionale o internazionale. Evidentemente gli industriali delle armi, oltre ad avere una loro organizzazione segreta che promuove le guerre, ha un’altra organizzazione, probabilmente altrettanto segreta, che riesce a tacitare qualunque notizia che le riguardi.

Così vi sono morti e feriti ed intere popolazioni in continuo stato di crisi che non vivono una vita normale perché restano sotto l’incubo delle bombe, dei missili e di altri mezzi di distruzione.
Non ci possiamo fare niente, bisogna prenderne atto perché l’umanità non è savia, perché vi sono egoismi, perché molta gente persegue il potere e non la pace e il benessere nel mondo (non economico).

Ancora una volta Papa Francesco ha dichiarato il suo enorme dispiacere per quest’altra guerra e ha auspicato la pace. Ma sappiamo benissimo che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, per cui le cronache ci continueranno a riportare i danni e i guai che capiteranno in quel territorio.
Gli accordi di Camp David del 1978 – quando il presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, riunì il primo ministro israeliano, Menachem Begin, ed il presidente egiziano, Anwar al-Sādāt – sono ormai un lontano ricordo perché è continuato ad aumentare l’odio di una popolazione verso l’altra, il che ha allontanato moltissimo l’ipotesi di una pace.

Quel tentativo non è riuscito e riguardava la possibilità di un riconoscimento dei due stati: Israele e Gaza. Non è escluso che questo attacco proditorio di Hamas sia stato spinto dal regime iraniano per evitare il riconoscimento di Israele da parte di un importante stato arabo qual è l’Arabia Saudita.

Dopo la guerra del Libano è arrivata anche questa nuova guerra, di fronte alla quale il primo ministro Netanyahou sta cercando di compattare tutte le forze politiche (maggioranza e opposizione) per fare un fronte unico davanti alla minaccia che gli è piombata fra capo e collo inaspettata.
Al riguardo non si capisce come uno Stato in condizioni di tecnologia molto avanzata, non abbia avuto sentore di un’azione preparata da tempo ed eseguita con la classica determinazione che hanno i palestinesi di Arafat.

Altro auspicio da parte dell’Onu – che sempre più si rivela un’inutile organizzazione perché non riesce a risolvere nessun problema del mondo – per una pace che non è certamente dietro la porta.
Non sappiamo se la reazione di Israele sarà terribile come è stata annunciata oppure proporzionata ai danni che ha subito. I prossimi giorni o le prossime settimane ci faranno vedere lo sviluppo di questa situazione di cui il mondo non aveva certamente bisogno.

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