La cultura per il bene comune - QdS

La cultura per il bene comune

redazione

La cultura per il bene comune

martedì 11 Febbraio 2020

Per la conferenza del Distretto del Lions il governatore, Angelo Collura, ha voluto contrapporre a questa la “sicilianità” quale fondamento delle basi culturali come pre-condizione per la crescita e lo sviluppo del territorio siciliano

Sicilianità vs Sicilitudine. Andrea Camilleri vedeva, in quest’ultima, “il lamento che il siciliano fa di sé”. Per la conferenza del Distretto del Lions il governatore, Angelo Collura, ha voluto contrapporre a questa la “sicilianità” quale fondamento delle basi culturali come pre-condizione per la crescita e lo sviluppo del territorio siciliano. Questione affatto centrale poiché la matrice culturale è una linea strategica prioritaria che presiede a ogni forma di sostenibilità: da quella codificata nelle agende internazionali a quella costituzionale che, nell’art. 9, definito da C. A. Ciampi fondamento ineguale della nostra Costituzione, sancisce il sovra ordinamento dell’interesse pubblico per i beni culturali e ambientali.

La cultura esprime la sostenibilità formativa educativa – umanistica e scientifica – mirando a trasformare il passato in risorsa per il futuro, l’uso compatibile in straordinario valore economico. Nella prospettiva propria alla pianificazione urbanistica questa è un’euristica fertile poiché centra gli interessi su storia, arte, patrimonio delle eredità culturali, intelligenza, metodo scientifico e cultura umanistica come invariabili del processo di pianificazione rimanendo variabili le strategie di azioni necessarie per conseguire la sostenibilità, la qualità territoriale.

La cultura, nella doppia e sinergica accezione scientifica e umanistica, soccorre la pianificazione. Essa individua, da una parte, ambiente e natura quali categorie e luoghi per un’azione volta alla loro integrazione, interpretazione e conoscenza strutturale e, dall’altra, enfatizzando il ruolo dell’identità storica, pone la centralità dell’eredità dei patrimoni storico, naturali e ambientali quale risorsa da porre al centro dei processi di rigenerazione urbana. Con questi presupposti l’azione di pianificazione può indirizzare consapevolmente le trasformazioni piuttosto che limitarsi a gestirle approssimativamente per provare a prevedere e indirizzare il cambiamento piuttosto che rincorrerlo. Il patrimonio culturale e identitario è la strada per la ricerca di uno sviluppo possibile in luogo di quello probabile. Il miglior modo per prevedere il futuro è quello di provare a crearne uno migliore agendo per un diverso presente.

Piuttosto che perseguire lo sviluppo con azioni straordinarie dobbiamo imparare a reinterpretare creativamente l’ordinario e l’esistente per ritrovare l’anima dei luoghi.

Le città siciliane esemplificano quei luoghi perché in esse, come ricordava L. Rodwin: “È perfino difficile passeggiare per le loro strade senza evocare visioni o soggiacere all’evidenza del ruolo da esse occupato nella storia. La loro storia, anzi, stempera il giudizio che diamo di situazioni contemporanee del tutto differenti”.

I riferimenti che affondano le radici nel passato si sono sedimentati nelle lunghe durate delle civiltà e hanno consolidato dei codici genetici sufficientemente forti da reagire alle metamorfosi dell’età contemporanea.

Il territorio siciliano è testimonianza superba di quell’esito “dinamico, stratificato, complesso di successivi cicli di civilizzazione; è un complesso sistema di relazioni fra comunità insediate, loro culture e ambiente” richiamato da Magnaghi.

Senza superare la “sicilitudine”, però, sarà difficile scorgere segni di vere mutazioni culturali. Come evidenziò Putnam – già all’inizio degli anni ’90, studiando la tradizione civica nelle regioni italiane – l’origine del senso civico, maggiormente radicato in quelle del centro-nord, risale al retaggio culturale dei liberi comuni, le prime istituzioni civiche, che favorirono l’accumulo di un solido e duraturo capitale sociale. Per contro nel Mezzogiorno lo sviluppo del legame sociale si è sviluppato sull’asse verticale del privilegio e della clientela. Serve una forma di governo in azione sulle questioni territoriali che riduca la ricerca continua e immediata del consenso richiamando il valore alto della Politica nel compito di guidare e non essere guidata dalla società che governa.

È positivo, in questa direzione, il recente avvio della stagione degli eco-musei in Sicilia. Questi, delineati alla fine degli anni ’70 in Francia, si fondano su uno sviluppo della società capace di preservare la memoria della collettività, valorizzando il territorio su cui essa è insediata.

È una prospettiva di grande interesse per il territorio siciliano che è epifania di stratificazioni storiche che l’hanno nei secoli caratterizzato. Un grande laboratorio in cui le periodiche e varie esperienze dell’uomo si sono accumulate via via fino ai nostri tempi, lasciando segni visibili nel paesaggio, dell’esperienza delle civiltà sopravvenienti.

Si tratta di prospettive di sicuro interesse e una sfida per l’affermazione di un concetto fondante per il valore del patrimonio diffuso che è quello di ‘bene comune’. Un’idea a cui, noi siciliani, sembriamo antropologicamente refrattari ma che dobbiamo saper coltivare per alimentare una visione lungimirante, per investire sul futuro, per prenderci cura della nostra comunità di cittadini.

Paolo La Greca
Ordinario di Pianificazione urbanistica all’Unict
Presidente Centro nazionale di Studi urbanistici

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