Lavoro, part-time “involontario” sfiora l’80% al Sud, donne penalizzate - QdS

Lavoro, part-time “involontario” sfiora l’80% al Sud, donne penalizzate

Patrizia Penna

Lavoro, part-time “involontario” sfiora l’80% al Sud, donne penalizzate

martedì 10 Marzo 2020

Rapporto di Istat, Inps, Inail, ministero Lavoro e Anpal fotografa tutti i “gap” dell’occupazione. Per loro la probabilità di “subirlo” è circa 3 volte superiore a quella di un lavoratore

ROMA – Una forbice che si allarga sempre più, un gap ai limiti dell’incolmabile: ci risiamo. Il rapporto “Il mercato del lavoro 2019 – Una lettura integrata”, di ministero del Lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal fotografa ancora una volta la distanza siderale tra Nord e Sud sul fronte dell’occupazione.

Il rapporto conferma che continuano ad ampliarsi anche altri storici divari che caratterizzano da sempre il nostro Paese, anzitutto quello generazionale a favore dei più adulti. Seppur in lieve diminuzione, i divari di genere rimangono elevati: la metà delle donne in età attiva non lavora e quasi una donna su cinque vorrebbe lavorare ma non trova un impiego.
Si accentuano le disuguaglianze territoriali: nella media dei primi tre trimestri del 2019 la distanza tra il Mezzogiorno e il Centro-nord è di oltre 20 punti per il tasso di occupazione e per quello di mancata partecipazione.
Nel Mezzogiorno, inoltre, il part time involontario sfiora l’80% contro il 58,7% nel Centro-nord, a fronte di una diffusione analoga nelle due ripartizioni. Il part time involontario è inoltre più diffuso nei servizi alle famiglie, nelle professioni non qualificate e tra gli atipici. A parità di condizioni, la probabilità di essere in part time involontario per una donna occupata è circa tre volte superiore a quella di un lavoratore.

Sempre con riferimento al Mezzogiorno, il tasso di occupazione per settore e professione evidenzia la minore domanda di lavoro nei settori di industria in senso stretto, servizi alle imprese, istruzione e sanità nonché la forte mancanza di professioni a medio-alta qualifica.

Guardando invece all’area euro, nel terzo e quarto trimestre 2019, coerentemente con l’andamento del Pil, prosegue a ritmi più lenti la crescita dell’occupazione che resta al massimo storico; prosegue anche la diminuzione del tasso di disoccupazione: a dicembre 2019 tocca il 7,4%.

In Italia nel terzo trimestre 2019 si osserva per la quarta volta consecutiva una crescita congiunturale del Pil dello 0,1%. Tuttavia, nel quarto trimestre 2019 il Pil ha subito una riduzione dello 0,3% rispetto al trimestre precedente e una variazione dello +0,1% nel raffronto su base annua. è quanto emerge dal Nel terzo e quarto trimestre 2019, l’occupazione in Italia è al massimo storico di 23,4 milioni di unità, ma nei dati preliminari di dicembre e gennaio si registra un calo sia del numero di occupati sia del tasso di occupazione.

Con riferimento all’input di lavoro, nel terzo trimestre 2019, assistiamo a una crescita delle ore lavorate sia su base congiunturale (+0,4%) sia in termini tendenziali (+0,5%); nel quarto trimestre 2019 rallenta la crescita tendenziale (+0,3%) e diviene negativa la variazione congiunturale (-0,3%).

Complessivamente, è proseguita, seppure con fasi alterne, l’espansione dei livelli di input di lavoro dopo il minimo raggiunto nell’ultimo trimestre del 2013 anche se rimane ancora sotto ai livelli del 2008.

Permane la tendenza a una crescita occupazionale a bassa intensità lavorativa: il numero di occupati supera il livello del 2008 ma la quantità di lavoro utilizzato è ancora sensibilmente inferiore.

A differenza della fase ciclica degli anni ‘90, in cui l’occupazione e le ore lavorate seguivano sostanzialmente lo stesso andamento, la fase più recente è caratterizzata da una discesa delle ore lavorate e da una caduta del tempo pieno a fronte di una sostanziale tenuta dell’occupazione.

Gli elevati divari con l’Ue sono aumentati anche nella recente fase di ripresa: il gap nel tasso di occupazione è passato da 8,9 punti nel primo trimestre 2014 fino a 10,2 punti nel terzo 2019 e quello del tasso di disoccupazione da 2,1 a 3,5 punti, con differenze più accentuate per le donne e i giovani.

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