“Leggere il pensiero” con un movimento, così il cervello comprende le intenzioni - QdS

“Leggere il pensiero” con un movimento, così il cervello comprende le intenzioni

redazione

“Leggere il pensiero” con un movimento, così il cervello comprende le intenzioni

sabato 24 Ottobre 2020

Un vero e proprio codice studiato e svelato dai ricercatori dell’Istituto italiano di tecnologia

ROMA – Guardare una persona afferrare un bicchiere e “leggere nel suo pensiero” se sta per bere o ha solo deciso di spostarlo: è un vero e proprio codice del movimento che ci informa, codice che i ricercatori dell’Iit, l’Istituto italiano di tecnologia, hanno studiato e svelato.

Un team multidisciplinare ha infatti recentemente pubblicato uno studio sulla rivista scientifica internazionale Current Biology in cui si spiega per la prima volta come il cervello riesce a leggere la mente nel movimento altrui. I ricercatori grazie all’unione di scienze computazionali, neuroscienze e scienze cognitive sono riusciti a scoprire non solo in che area del cervello viene compreso il movimento altrui ma anche quali sono gli elementi che il nostro cervello legge negli altri per comprenderne le intenzioni.

Stati mentali come intenzioni, emozioni, aspettative e decisioni sono codificati in variazioni impercettibili nel movimento che il nostro cervello sfrutta per “leggere” la mente altrui. Mappare la corrispondenza tra intenzioni e variazioni nel movimento tuttavia non è semplice dal momento che si tratta di variazioni molto piccole, nascoste in una variabilità molto più grande che contraddistingue tutti i movimenti, e che fa sì che non ci siano due movimenti uguali tra loro.

Per riuscirci, il team di ricercatori Iit ha sviluppato nuovi modelli matematici applicandole a centinaia di movimenti eseguiti con intenzioni diverse per costruire una mappa motoria che permette di comprendere come l’intenzione è codificata nelle caratteristiche del movimento, tra le quali la posizione, velocità, accelerazione, e molto altro ancora. Ottenuta una mappa di un movimento semplice come quello di afferrare una bottiglia, codificato da 64 dimensioni, 16 variabili di movimento in 4 intervalli di tempo differenti, i ricercatori, hanno poi applicato tecniche non invasive di perturbazione dell’attività cerebrale per identificare nel lobo parietale sinistro l’area cerebrale che “legge” e permette di decodificare l’intenzione dal movimento.

Lo studio nasce dalla collaborazione tra il Laboratorio di Cognition, Motion and Neuroscience, diretto da Cristina Becchio, e il Laboratorio Neural Computation, diretto da Stefano Panzeri, e applica al movimento strumenti matematici per “crackare” il codice neurale messi a punto dal team di Panzeri. “A oggi – ha spiegato Cristina Becchio – il linguaggio motorio delle intenzioni non era noto. Per decifrarlo abbiamo applicata alla cinematica del movimento, ovvero alle caratteristiche spazio-temporali del movimento, strumenti matematici sviluppati per decifrare il codice neurale. Questo approccio ci ha permesso di capire non solo come l’informazione è scritta nel movimento, ma anche come viene letta da chi osserva e quali sono le computazioni coinvolti nel processo di lettura”.

“Lo studio – ha aggiunto Alessio Avenanti, professore ordinario di Psicobiologia dell’Università di Bologna e coautore dello studio – non si limita a dimostrare un coinvolgimento del nostro cervello motorio nella lettura dell’intenzione ma, grazie alla combinazione di tecniche di neurostimolazione e strumenti analitici, permette di dimostrarne il ruolo essenziale, evidenziando le specifiche operazioni di lettura svolte dal lobulo parietale inferiore”.

Questo lavoro fornisce strumenti fondamentali per capire le difficoltà che le persone affette da autismo incontrano nel leggere l’intenzione altrui e potrebbe rappresentare una base sulla quale costruire nuovi potenziali trattamenti a questo tipo di patologia. Potrà inoltre aprire la strada ad applicazioni nella robotica mediante la realizzazione di robot e cobot (robot collaborativi) in grado di leggere le intenzioni altrui e esprimere l’intenzionalità tipica degli esseri umani.

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