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Ligama, il muralismo del catanese che sta conquistando l’Italia

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Ligama, il muralismo del catanese che sta conquistando l’Italia

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venerdì 26 Febbraio 2021

Il suo lavoro più conosciuto è ULM che lo vede manipolare il paesaggio rurale siciliano trasferendo nuove informazioni sui ruderi: registrazioni audio rielaborate in colori che lo costringono ad accostamenti inediti secondo la palette fornita dall’algoritmo.

È Ligama l’autore degli
interventi pittorici dislocati in tutta la Sicilia e anche in alcune città
italiane. 

Siciliano, classe 86, Ligama ha studiato a Catania dove è iniziata la sua carriera artistica. Dopo anni di ricerca sulle tecniche di stampa, ha proseguito nel suo percorso artistico indagando i pixel quali elementi che compongono l’immagine virtuale. Nel 2016 ha realizzato le prime opere pubbliche tra Catania, Palermo e Roma e non si è più fermato.

Negli anni successivi ha realizzato interventi di grande scala come quelli al Palacongressi di Agrigento, all’interno dei Sette cortili di Farm Cultural Park, sull’intera superficie di un imponente ecomostro sequestrato alla mafia in provincia di Trapani. Nel 2019 ha preso parte ad  Abstracta (Palazzo Trigona Noto, Galleria Edieuropa Roma), mostra che riunisce i più importanti Street Artist del panorama italiano; Fondazione Matera Capitale della Cultura Europea gli commissiona un’opera pubblica in città ed è tra gli artisti di Countless Cities, La Biennale delle Città curata da Farm Cultural Park.

Il suo lavoro più conosciuto è ULM che lo vede manipolare il paesaggio rurale siciliano trasferendo nuove informazioni sui ruderi: registrazioni audio rielaborate in colori che lo costringono ad accostamenti inediti secondo la palette fornita dall’algoritmo. I pixel diventano mobili e macro e i colori vengono messi in equilibrio con il territorio che gli appartiene e che riscatta davanti agli occhi del viaggiatore costringendolo a fermarsi e guardare. Questo lavoro è una sorta di meditazione artistica per Ligama che dopo essere arrivato all’essenza dell’immagine virtuale, riparte dalle basi della nostra cultura figurativa. Dal 2019 i colori convivono con reperti d’arte classica che, come i ruderi, compaiono all’improvviso. Questo nuovo momento si chiama Noblesse Oblige e caratterizza la sua attuale produzione sia privata che pubblica, in Italia e all’estero. Fino alla prossima evoluzione.

Ligama mentre realizza uno dei suoi lavori artistici

Ligama, i tuoi interventi
pubblici sono arrivati ad Empoli e Livorno, ma quando hai capito che il tuo
talento e la tua creatività potevano conciliare con il miglioramento estetico
di una città?

“Ahahah… penso di non averlo capito ancora. Sono attratto dalle città, dagli spazi urbani, dai pieni e dai vuoti, dalle linee, dai volumi, dalle ombre e dalle crepe, dai segni che il tempo ha lasciato sui muri. Mi accorgo spesso passeggiando e chiacchierando con qualcuno che sono attratto da scorci assolutamente insignificanti per altri, vedo subito cosa potrebbe diventare e non ciò che è adesso. Ma non credo molto nel talento, credo piuttosto all’attitudine, alle predisposizione e all’esercizio”.

Cosa significa per te
essere uno street artist?

“Assolutamente niente. Come ripeto spesso per me la settorializzazione dell’arte è solo una convenzione necessaria al fruitore, ad una corretta analisi, ma non ha alcun senso se ci stai dentro”.

Ho notato che i tuoi
lavori sono dei dipinti che si atteggiano a sculture senza rilievo. Quando e
come hai trovato la tua dimensione artistica e il tuo stile?

“In tutta sincerità non penso di aver trovato ancora uno stile, due anni fa dipingevo solo forme astratte, poi riferimenti classici, adesso solo corpi. Quasi invidio chi per anni ha continuato a realizzare sempre la stessa linea di lavori, ma io ancora non riesco. Forse non sono ancora così maturo, forse non lo sarò mai, ma ogni giorno mi pongo troppe domande e ho troppi dubbi per riuscire a mantenere sempre e solo una via. Ecco forse l’incoerenza è il mio stile”.

Parliamo dell’approccio
alla creazione. Come scegli cosa disegnare? Da cosa ti fai ispirare? Hai dei
riferimenti?

“Ho molti riferimenti, mi nutro di immagini ininterrottamente durante il corso della giornata. L’ispirazione è un po’ come il talento, quasi inutile e  autoreferenziale se non continuamente alimentata dal lavoro, dall’esercizio. Trovo la quadra di un progetto quando sono distratto, se vado a correre o se mi trovo a fare altro, ma perché penso a quel determinato progetto notte e giorno finché non penso sia “risolto”. A volte invece vado totalmente spoglio davanti ad un muro, ma questo capita solo nei miei progetti indipendenti e “uncommissioned”.

Ad esempio, ci racconti
come dalla Sicilia sei arrivato ad Empoli e a Livorno?

“Ho iniziato a dipingere negli spazi urbani relativamente da poco, tra il 2016 e il 2017. Da subito ho avvertito di trovarmi quasi sempre nel posto giusto al momento giusto (o viceversa nel posto sbagliato nel momento sbagliato se mi accorgerò di aver sbagliato tutto), ogni muro mi ha sempre portato altrove, nuovi incontri, nuove esperienze. Un vortice continuo che non si è ancora fermato e spero duri più a lungo possibile. Quindi la risposta è; non so come sono arrivato a Livorno o a Roma o in Russia, non lo so proprio”.

Senti mai il peso di cosa
stai andando a realizzare e dell’impatto che avranno sull’ambiente e sul decoro
urbano?

“Sento moltissimo la responsabilità in ogni lavoro, il nostro è un lavoro pubblico, non sei al sicuro tra le mura dello studio. Si dice che alle mostre sei nudo, cioè mostri la parte più intima di te attraverso i tuoi quadri o le tue opere; immaginati ad essere nudo pure quando dipingi. Come ogni cosa l’abitudine e l’esperienza rende tutto più immediato, l’esercizio come dicevo. Ma il senso di responsabilità resta, non tanto per il decoro urbano che è un argomento alquanto contraddittorio, piuttosto per quello che realizzerai, per cosa vorrai dire attraverso quel muro ed un senso di rispetto verso chi quell’opera se la troverà davanti casa per il resto dei giorni.

Per questo è molto importante interagire con le persone che saranno gli spettatori diretti e i custodi del tuo lavoro; il tuo dipinto deve parlare anche di loro, la gente deve in un certi senso rispecchiarsi nel tuo messaggio, solo così ne saranno i veri custodi. Cioè intendo dire che su un muro di venti metri, attorno al quale vivono centinaia di persone, non puoi fare come cazzo ti pare. Questa è la responsabilità”.

In quale città vorresti
lasciare la tua impronta e cosa disegneresti?

“Avrei il desiderio di realizzare un lavoro a Napoli. E’ una città che amo perché la trovo una sorta di sintesi tra Catania e Palermo, quindi percepisco una certa empatia con la città partenopea”.

Qual è la creazione di
cui vai più fiero e perché?

“Non lo so. Tra tutti forse il lavoro a cui sono più legato è Uncommissioned Landscape Manipulation. Primo perché è autonomo, indipendente, non condizionato, non commissionato. Perché si sviluppa tra i ruderi della campagna siciliana, perché mi ha permesso di creare una mappatura dei luoghi in cui sono stato, perché è un viaggio che non è ancora finito”.

Le tue creazioni iniziano
ad essere ovunque come una mostra a cielo aperto ma senza navigatore. C’è in
programma di creare un itinerario per chi volesse vivere la tua arte?

“Esiste appunto una mappa di ULM, degli altri no, e non penso abbia molto senso farla”.

Su cosa lavorerai nei
prossimi mesi?

“Come ogni anno questa è la fase di pianificazione, calendarizzazione, progettazione, insomma la parte più palesa (ahahah). Ho molte cose in cantiere ma resto sempre scaramantico per annunciarle”.

Sandy Sciuto

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