I carabinieri del comando provinciale di Palermo hanno eseguito arresti e un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di tre persone – appartenenti allo stesso nucleo familiare e una delle quali già detenuta per altra causa – con l’accusa di concorso nell’omicidio di Giuseppe Incontrera e detenzione e porto illegale di arma da fuoco, entrambi i reati aggravati. Per gli inquirenti, i tre avrebbero agito da fiancheggiatori nei confronti dell’esecutore materiale del delitto. Un delitto che, agli occhi degli investigatori, adesso appare premeditato.
A eseguire gli arresti e l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, i carabinieri del comando provinciale con il supporto dei colleghi delle Aliquote di Primo Intervento e del Nucleo Cinofili.
La lite e l’omicidio di Giuseppe Incontrera a Palermo, gli arresti e la ricostruzione
Il provvedimento scaturisce dalle indagini avviate il 30 giugno 2022, data in cui Giuseppe Incontrera – esponente di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova, coinvolto in attività di traffico di droga e gestione della cassa mafiosa – è stato ucciso dalle ferite riportate in seguito ad alcuni colpi di pistola calibro 22 subìti mentre si trovava in bici alla Zisa.
Attualmente detenuto e identificato come il presunto autore dell’omicidio è Salvatore Fernandez, che – dopo una fuga iniziale – si era consegnato spontaneamente agli inquirenti ammettendo le proprie responsabilità. Disse di aver agito per “vendetta personale dopo una lite con Incontrera“.
Il delitto era premeditato? L’ipotesi e la ricostruzione
Le indagini successive – supportate anche dagli esiti dell’operazione Vento del 6 luglio 2022, che pochi giorni dopo il delitto Incontrera, tra l’altro tra i destinatari del provvedimento, aveva portato al fermo di 18 persone ritenute esponenti del clan mafioso di Porta Nuova e accusate di associazione mafiosa, traffico di droga ed estorsione aggravata – hanno consentito di accertare, scrivono gli inquirenti, che “l’omicidio era in realtà premeditato“.
Secondo quanto emerso, gli arrestati odierni – per i quali vige il principio di presunzione d’innocenza fino a eventuale sentenza definitiva di condanna – avrebbero preso parte alle fasi preparatorie dell’omicidio e avrebbero anche garantito “supporto logistico e morale all’autore materiale”, mettendo a disposizione un terreno per la preparazione del delitto, l’arma e lo scooter. Successivamente avrebbero anche aiutato il reo a nascondere le prove.
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