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L’opera di Giuseppe Patanè, Athanor, esposta nella Cattedrale di Noto

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L’opera di Giuseppe Patanè, Athanor, esposta nella Cattedrale di Noto

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venerdì 10 Settembre 2021

Il dipinto è stato esposto nelle maggiori città italiane legate al Sommo Poeta per celebrare il VII centenario della morte

In occasione della ricorrenza del VII Centenario della morte di Dante Alighieri, avvenuta a Ravenna il 14 settembre del 1321, e nel giorno, particolarmente significativo, della commemorazione: il 14 settembre p.v., alle ore 18.30, Altera Domus, accogliendo l’invito di Papa Francesco rivolto, nella sua lettera apostolica “Candor Lucis Aeternae”, alle associazioni e ai movimenti culturali a promuovere iniziative volte alla conoscenza e alla diffusione del messaggio dantesco nella sua pienezza, onorerà la memoria del Sommo Poeta unendosi, nell’ambito delle attività culturali celebrative, al mondo dell’arte che ha dato “voce, volto, cuore, forma, e colore alla poesia di Dante, lungo la via della bellezza, che egli percorre magistralmente, e cosi comunica le verità più profonde e diffonde, con i linguaggi propri dell’Arte, messaggi di pace, di libertà, di fraternità”.

L’iniziativa, promossa sotto l’egida del Vescovo Monsignor Antonio Staglianò, riguarda la presentazione dell’imponente opera di sei metri “Athanor” dell’artista siciliano Giuseppe Patanè, che sarà ospitata nella Cattedrale di Noto Basilica di San Nicolò fino al 30 settembre 2021.

Da fervente teologo e sostenitore dell’arte e della cultura il Pastore della Diocesi netina ha accolto favorevolmente la proposta della mostra cogliendo nel titolo evocativo del dipinto il valore della metafora alchemica per lanciare attraverso il testo iconografico un messaggio di redenzione e di rinascita non soltanto artistica e culturale ma anche morale ed etica che corrobora il proprio significato lungo le tappe del suo tragitto espositivo.

Mostrato al pubblico per la prima volta all’esposizione collettiva tenutasi lo scorso 10 luglio nel complesso monumentale di Rocca Brivio Sforza a san Giuliano Milanese, curata dal critico e storico dell’arte Giorgio Gregorio Grasso con lo scopo di omaggiare l’opera omnia dantesca attraverso il contributo personale di 333 artisti, tra i massimi interpreti del variegato panorama dell’arte contemporanea italiana, selezionati e raccontati dallo stesso curatore nel volume editato per l’occasione dall’Istituto Nazionale di Cultura: “La Divina Commedia illustrata da artisti contemporanei”, il dipinto è stato esposto nelle maggiori città italiane legate al Poeta, Parma, Ravenna, Ferrara e Venezia, che hanno aderito al progetto, e dal 27 agosto scorso ospitato nella Basilica Cattedrale di Acireale, su espressa richiesta del Vescovo Monsignor Antonino Raspanti che ha rinnovato il ricordo e la grandezza del Poeta attraverso la stessa metafora alchemica del fuoco-fiamma e dello spirito-coscienza che si sviluppa per mezzo dell’Arte, unitamente alla volontà dell’uomo animata dal fuoco della fede e dell’amore.

Giuseppe Patanè, artista siciliano, dotato di un’accesa fantasia e di una vivacissima personalità, profondamente etica, raggiunge, con questa sua ultima fatica: “Athanor”, l’espressione forse più compiuta del suo personale linguaggio espressivo. Proteso nella comunicazione del sofferto messaggio morale, indulgia a una composizione monumentale nella quale prevale la tensione plastica delle figure, della scena e l’indagine psicologica che si approfondisce mediante pennellate rapide e abbreviate, che sanno cogliere i tratti essenziali fisionomici.

L’artista riassume il viaggio dantesco su tre grandi pannelli rettangolari sovrapposti, fondendo la narrazione delle tre cantiche in un’unica realtà immaginifica che accomuna l’intera umanità, e che diventa un viaggio interiore personale dall’oscurità alla luce. Nel registro inferiore, illustra il dramma dei peccatori della quinta bolgia infernale fissato nella mirabile aderenza di un paragone animalesco di toccante intensità emotiva. Una rappresentazione drammatica ribollente di vita e di moto ricreata attraverso rapidi scorci fisionomici, volti lividi, demoniaci, sfigurati dallo strazio, e da un effetto luministico che avvolge le figure in una fiamma e si dissolve in materia incandescente.

A colpire l’occhio dell’osservatore, nel registro intermedio, è la figura demoniaca piegata sulle gambe, più verosimilmente, identificabile con il demone Graffiacane, raffigurato mentre afferra, al cospetto dei due Poeti, col raffio le chiome inviscate dalla pegola del barattiere Ciampolo di Navarra (Inf. Canto XXII, 31-63), tirandolo su dalla pece bollente, in cui è immerso, come una lontra nera e offrendolo al ludibrio dei Malenbrache. L’individuale tormento dell’anima involta nel peccato e in via di purificazione, è concluso e compiutamente espresso nello sguardo ammaliante di Beatrice; il mezzo volto, è luminoso, ma sembra quasi che si stia sciogliendo sotto l’effetto di un calore fortissimo.

La visione della Vergine, in abito bianco e manto azzurro, racchiusa in una mandorla, riprende il filo della narrazione stemperando, nella luce della redenzione, le pene purgatoriali del Poeta che, liberato dall’angelo, ascende al vero regno dei destinati alla salvezza dove, purificato, sta per annegarsi in Dio. Il miracolo di Dante, che si compie per mezzo di Beatrice, luce e speranza, diventa un segnale di fede per tutta l’umanità, e il ricordo della suprema visione, dove egli fu, “e vidi cose…” che nulla precisa e tutto ci lascia intendere, è la più alta e suggestiva espressione dello smarrimento di chi, come Dante, si è levato verso Dio non solo con la fantasia ma con l’anima. Dopo Noto, l’opera di Giuseppe Patanè proseguirà il suo viaggio espositivo a Milano, dove sarà ospitata nell’antica Basilica paleocristiana di Sant’Ambrogio in occasione della festa patronale e a chiusura del settecentenario dantesco.

Paoletta Ruffino,Storico dell’Art

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