Maculopatie e covid-19, calo prestazioni mediche fino all'80% - QdS

Maculopatie e covid-19, calo prestazioni mediche fino all’80%

redazione

Maculopatie e covid-19, calo prestazioni mediche fino all’80%

mercoledì 17 Giugno 2020

La paura per la pandemia ha spinto i malati a rinunciare alle cure, causando ripercussioni sul percorso terapeutico

in collaborazione con ITALPRESS

ROMA – I pazienti affetti da maculopatie, come la degenerazione maculare legata all’età essudativa (Dmle) o l’edema maculare diabetico non devono abbandonare il loro percorso terapeutico. Il vero rischio, interrompendo le cure, è quello di perdere i benefici che queste ultime avevano portato, causando una ripresa della maculopatia, in alcuni casi irreversibile. È molto importante, dunque, che queste persone prendano contatto con i Centri specialistici presso i quali sono seguiti, per riprogrammare il percorso terapeutico, tenendo conto delle nuove procedure di accesso alle strutture, messe in atto in seguito all’emergenza sanitaria da Covid-19. Questo l’appello lanciato dal Comitato Macula, prima e unica associazione italiana nata per dare voce ai pazienti affetti da maculopatie o retinopatie.

“Questi pazienti – ha affermato Massimo Ligustro, presidente di Comitato Macula – sono generalmente sottoposti a terapie continuative, che prevedono una periodicità definita. Si tratta di iniezioni intravitreali, che consentono non solo di prevenire la perdita della vista, ma, in alcuni casi, anche di recuperare l’acuità visiva perduta. Tuttavia, a seguito della pandemia da coronavirus, per paura di esporsi al contagio, i pazienti non si stanno più presentando alle visite di controllo programmate”.

La paura dell’infezione, causata dalla presenza negli ospedali di pazienti Covid-19 ha spinto le persone in terapia per le maculopatie, a rinunciare alle stesse perché ritenevano che i reparti di Oculistica potessero essere, in qualche modo, non sicuri. Questo ha determinato, nell’ultimo trimestre, un calo delle prestazioni che va dal 40% all’80%, a seconda delle Regioni, e di come si sono attrezzate le singole Aziende ospedaliere.

“Oggi – ha aggiunto Ligustro – anche nelle strutture che sono state in precedenza trasformate in Ospedali Covid-19 esistono percorsi protetti, che permettono alle persone con patologie maculari e retiniche croniche, di ricevere la propria terapia o fare un accertamento diagnostico, senza correre alcun rischio. Presso il sito web dell’Associazione, www.comitatomacula.it, sarà possibile trovare l’elenco dei Centri specialistici che garantiscono le visite e le procedure per le iniezioni intravitreali in totale sicurezza”.

“Attualmente – ha spiegato Massimo Nicolò, responsabile del Centro Retina medica e maculopatie presso la Clinica oculistica dell’Ospedale Policlinico San Martino di Genova – quello che cambia sono le modalità di accesso, il distanziamento tra i pazienti, l’uso di dispositivi di protezione individuale. Se la cosiddetta Fase 1 dell’emergenza sanitaria può dirsi conclusa, ora è iniziata una Fase che non sappiamo fino a quando durerà e che condizionerà i comportamenti di tutti noi. Ciò che è certo, è che questo andrà a influenzare anche il numero dei pazienti che possono accedere alle strutture preposte”.

“Per questo motivo – ha aggiunto – è importante che le Aziende ospedaliere si adeguino alla situazione e si attrezzino rapidamente per poter trattare lo stesso numero di pazienti del periodo precedente all’emergenza sanitaria. Una soluzione sarebbe quella di ‘uscire dalla sala operatoria’, creando delle clean room (come avviene già nei Paesi del mondo anglosassone per questo tipo di interventi a bassa complessità), ossia degli ambulatori equipaggiati con cappe a ‘flusso laminare’, che consentono il lavoro in condizioni di sicurezza. Questa soluzione, che è stata adottata negli ultimi tempi da alcune Aziende ospedaliere del nostro Paese, consentirebbe un notevole ridimensionamento degli spazi, con il vantaggio di poter essere attuata in tempi rapidi con costi contenuti”.

“Costi – ha concluso Ligustro – che sarebbero ampiamente ripagati dal numero di viste salvate, evitando non solo un danno inestimabile per i pazienti, ma anche di vedere vanificati i costi sostenuti in passato dai Servizi sanitari regionali”.

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