Dal business della droga al cimitero: il caso di Villaggio Santa Rosalia dimostra il "tracollo" della mafia palermitana.
A Palermo c’è stata una grossa retata di mafia in questi giorni. È stata decapitata una intera consorteria mafiosa con una successione dinastica da padre in figlio. Tutto questo in contemporanea alla visita dei reali di Spagna. A Palermo si pensa Franza o Spagna purché si magna.
La famiglia Sorrentino, quella del Villaggio Santa Rosalia, non quella del noto regista vincitore di Oscar, era ecumenica. Spesso l’allocuzione tipica dei funerali, vecchio business da sempre in mano all’onorata società, era “non fiori ma opere di bene”. Qui al villaggio invece si includeva tutto.
Non solo c’era il ‘pizzo’ sui fiori, pertanto se compravi dodici crisantemi si pagava il tredicesimo alla famiglia, ma anche sulle opere di bene. Tipo la vendita del pane degli ambulanti la domenica. Una fettina di quel pane finiva in bruschette per la consorteria del mandamento. Magari sulla bruschetta ci potevi mettere un po’ di stigghiola, di quelle vendute sul Viale delle Scienze. Quello che colpisce è la povertà ormai residuale della mafia palermitana, costretta a fare racket su business risibili.
È finito il tempo, i gloriosi anni ’70 e ’80, quando si era i re della droga e degli appalti, con tanto di ministri dei lavori pubblici. Ora per campare la famiglia si coerciscono fiorai dei cimiteri, e furgoncini di pane di Monreale o Piana. Quando devi andare a chiedere il pizzo a un ambulante di fatto sei un mendicante. Da Onorata Società a Disanorato Fallimento.
Così è se vi pare.