Marco Cappato a Catania, "Dai siciliani sostegno al suicidio assistito"

Marco Cappato sul fine vita: “Dalla Sicilia sostegno diffuso al suicidio assistito”

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Marco Cappato sul fine vita: “Dalla Sicilia sostegno diffuso al suicidio assistito”

Chiara Borzì  |
mercoledì 25 Maggio 2022

Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni è stato a Catania ed Enna per parlare del "fine vita". Il QdS lo ha intervistato

In seguito agli appuntamenti che hanno portato Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, in conferenza tra la provincia di Enna e Catania, anche l’Isola ha avuto l’opportunità di confrontarsi sul tema e le problematiche legate alla cosiddetta legge sul “fine vita”.

Lo scorso marzo la Camera dei Deputati ha approvato con 253 voti (117 favorevoli e un astenuto) un testo che riconosce la morte volontaria medicalmente assistita, ma lo stesso testo è stato profondamente modificato durante l’approvazione in Aula. Sono fatti già noti, come è nota la nomina tra i quattro relatori del senatore leghista Simone Pillon, che ha già espresso opinioni contrarie. Anche per questo il testo rischia di non completare il suo percorso legislativo.

In Sicilia un caso di suicidio assistito nel 2019

La Sicilia ha già vissuto il primo, e attualmente unico caso di suicidio assistito nel 2019, quando l’insegnante paternese Alessandra Giordano, 47 anni, ha scelto di viaggiare in Svizzera per ricorrere alla pratica non ancora legale in Italia.

Lo scorso marzo la Procura di Catania si è espressa contro l’assoluzione del presidente dell’associazione che ha assistito la donna, imputato dello stesso reato attribuito e da cui è stato assolto Marco Cappato.

Marco Cappato e il dibattito in Sicilia

A che punto è il dibattito in Sicilia sul “fine vita” e che rapporto ha la sanità e la cittadinanza con il tema? Lo abbiamo chiesto proprio al tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni.

Come l’appuntamento di Troina dimostra, c’è una convergenza da parte del mondo della sanità siciliana verso la causa del “fine vita”. Si tratta di una maggioranza? Quanti medici siciliani, a sua conoscenza, sono disponibili ad accogliere in futuro le richieste dei malati?

“Come tutti i cittadini, anche i medici hanno opinioni diverse sul tema, ed è impossibile avere numeri precisi. Possiamo però dire che, come tutti i cittadini, anche i medici hanno ormai un’esperienza diretta sul fine vita perché appartiene al loro vissuto. Non c’è famiglia siciliana che non si sia confrontata direttamente o indirettamente con il dramma della malattia terminale e delle scelte che ne derivano”.

Quale opinione hanno i siciliani del suicidio assistito?

“I sondaggi, e l’affluenza ai tavoli referendari, dimostrano un sostegno ormai molto diffuso alla regolamentazione dell’eutanasia come alternativa all’eutanasia clandestina o ai suicidi dei malati terminali”.

Da Catania verrà invece posto l’accento sull’importanza della democrazia partecipativa. Basterà per dare un corso diverso al referendum sull’eutanasia?

“Il referendum ormai è stato impedito dalla Corte Costituzionale presieduta da Giuliano Amato, insieme a quelli sulla cannabis e sulla responsabilità civile dei magistrati. Ora bisogna trovare altre strade, senza rassegnarsi all’immobilismo. Se ci rubano in casa non lasciamo la porta aperta, ma cerchiamo di mettere la casa maggiormente al sicuro. Lo stesso deve accadere con la democrazia. Per questo, nelle scorse settimane a Varsavia abbiamo fondato Eumans, movimento paneuropeo di iniziativa popolare, per affrontare i temi della pace sostenibile attraverso l’azione diretta dei cittadini, anche a sostegno della richiesta di adesione dell’Ucraina all’Unione europea”.

A Catania, ma anche Palermo e in provincia di Ragusa lo scorso aprile sono stati allestiti banchetti nelle piazze per chiedere una nuova immediata discussione sul testo di legge e promuovere alcune modifiche. Quali modifiche volete apportare e perché sono diventate necessarie?

“L’attuale proposta di legge approvata alla Camera esclude la possibilità di accedere all’aiuto medico alla morte volontaria per i malati che non sono ‘tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitali’. Il risultato di questo criterio è di escludere pazienti che, come i malati terminali di cancro, possono essere in condizioni di sofferenza insopportabile senza però essere ‘attaccati a una macchina’. E’ una discriminazione insensata che va superata subito”.

Chiara Borzì

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