Esclusivo Bassetti, “Covid vicino all’endemia, ora superare il Green pass”

Esclusivo Bassetti, “Covid vicino all’endemia, ora superare il Green pass”
MATTEO BASSETTI VIROLOGO

Qds ha approfondito i temi legati all’evoluzione del Covid con l’infettivologo Matteo Bassetti, direttore della Clinica di “Malattie Infettive” del Policlinico “San Martino” di Genova

Covid vicino a diventare endemico

Possiamo già dire che il Sars-Cov-2 sia diventato endemico? E quanto ha inciso la vaccinazione in questo processo?

«Certamente il virus è vicino all’endemia, ciò significa che il virus circola molto e che colpisce molte persone, ma grazie alla protezione della vaccinazione l’infezione naturale non è in grado di creare i danni di due anni fa, cioè se noi avessimo avuto questi numeri di circolazione virale senza i vaccini, noi avremmo avuto anche fino a 500.000 morti solo nel nostro Paese. È incredibile non riuscire a vedere quello che è stato l’effetto delle vaccinazioni, soprattutto su varianti come Delta e Omicron, molto più contagiose del virus originale. Se noi il 24 febbraio del 2020 avessimo avuto un virus così contagioso, avremmo avuto un milione di morti, perché avrebbe colpito una grossa quantità di gente, in un momento in cui non eravamo protetti e non avevamo ancora nessuna arma per combattere il Coronavirus, non sapevamo come fare».

Se invece in questo momento fossimo fuori dalla pandemia, come giudicherebbe l’azione del governo nel contrastarla?

«Penso ci siano state luci ed ombre. Nella prima fase, cioè quella del governo Conte, ci sono state più ombre che luci, nel senso che ci sono state molte decisioni criticabili che a mio parere: dalla chiusura delle scuole a oltranza, ad alcune misure profondamente liberticide, più nella direzione del controllo della popolazione, che del controllo del virus. Mentre poi con il governo Draghi si è cambiata direzione e ci sono state più luci che ombre, anche perché alla fine della pandemia ha deciso Draghi.

In un momento come questo ci vuole decisionismo accompagnato da rapidità e dinamicità nelle decisioni. Con questo non vuol dire che siamo fuori dal Covid, ma non si può pensare di aspettare a giugno, se noi ci rendiamo conto che possiamo alleggerire. Poi tra sei mesi, se ci rendiamo conto che le cose non vanno bene, torneremo a introdurre alcune misure».

Esattamente come stanno facendo gli altri Paesi europei…

«Non c’è settore più della medicina e della scienza in cui è più importante avere interscambi culturali, scientifici e condividere strategie. Se la Svizzera, la Slovenia, la Francia, la Spagna, il Portogallo e tutti i Paesi del nord Europa come l’Inghilterra hanno preso delle decisioni di alleggerimento non si possono fare passare come cretini e noi come i più bravi, bisogna chiedersi perché l’hanno fatto. Quando dicono che si tratta di una decisione politica e che gli scienziati sono tutti contrari, non è vero. Non è una decisione politica, ma una decisione che segue l’andamento del virus, dobbiamo uscire dalla logica che la gestione del virus sia fatta unicamente di divieti, ad una gestione in cui ormai la maggioranza della popolazione è stata istruita su come fare per difendersi, infatti, lo Stato in questi due anni, anche con alcuni obblighi, ci ha insegnato ad usare la mascherina, a distanziarci, a lavarci le mani, a vaccinarci. Per queste cose non c’è più bisogno della legge, ormai la gente ha imparato. Io sono convinto che se domani togliessero l’obbligo di usare la cintura di sicurezza in auto, il 95% degli italiani in macchina continuerebbe a metterla perché ha capito che la cintura ti salva la vita. Anche oggi credo che la maggioranza degli italiani abbia capito come ci si difenda dal virus, senza bisogno di imposizioni».

Discutibili i bollettini dei decessi in alcune regioni

Ultimamente ha criticato le modalità con cui si continuano a diramare i bollettini dei decessi in alcune regione come la Sicilia, perché le contesta?

«Nei bollettini i decessi si mettono dentro dopo venti giorni quelli che sono morti un mese prima, secondo è profondamente sbagliato. Io sono un nemico del bollettino giornaliero così pensato, perché se oggi non mi danno i decessi di ieri ma quelli di una settimana fa, si tratta di un bollettino farlocco, infatti, non mi dà la fotografia del giorno prima ma quella di dieci giorni prima. Davanti ad un fatto delicato come quello dei decessi, che colpisce le coscienze di tutti, credo sia fondamentale dire quando le persone siano morte. Se il bollettino è giornaliero deve essere giornaliero, altrimenti lo chiamiamo in un altro modo. Inoltre, anche il bollettino dei morti dovrebbe prevedere secondo me delle differenziazioni importanti, dare il numero dei morti in questo modo non ha senso. Sarebbe come se nel caso dei morti sulla strada, ad esempio, ci metti dentro quello che è morto investito, quello che ha fatto l’incidente e quello che gli è venuto un infarto mentre guidava. È chiaro che non possono essere categorizzati tutti come morti sulla strada, devono essere categorizzati in modo diverso».

Sonia Sabatino

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