I sindaci del Messinese contro il Coronavirus - QdS

I sindaci del Messinese contro il Coronavirus

Lina Bruno

I sindaci del Messinese contro il Coronavirus

martedì 24 Marzo 2020

Il nosocomio al centro della proposta avanzata dal Comitato del Distretto socio-sanitario 29. Ecco come i vari centri della provincia stanno affrontando l’emergenza sanitaria in atto

MESSINA – Un’emergenza a cui è difficile rispondere con i mezzi disponibili. Malgrado le rassicurazioni date dai vertici regionali e dallo stesso presidente Nello Musumeci, che promette una dotazione adeguata entro pochi giorni e oltre 110 posti in rianimazione per tutta la provincia, tra i cittadini prevale un senso di insicurezza.

In città si dovrebbe presto attrezzare un plesso per il Covid-19 anche al Papardo, oltre al padiglione H già operativo del Policlinico. Mentre si discute sulla legittimità o meno delle ordinanze sindacali, del ruolo della Prefettura e dell’Asp, della mancanza di coordinamento e tutto sembra che debba dipendere dalle dirette social di Cateno De Luca, sullo Stretto continua l’esodo, continuano a mancare i dispositivi di sicurezza nei presidi sanitari, mancano anche i reagenti mentre il contagio cresce in modo esponenziale con nuovi focolai proprio in quei luoghi che dovrebbero essere i più protetti: dopo l’Irccs Neurolesi, ormai svuotato c’è una casa di riposo in isolamento con decine di anziani già ricoverati e poi i casi all’ortopedico Cristo Re.

In provincia la situazione sembra per il momento meglio controllata, ma i presidi secondo i sindaci sono insufficienti visto che parliamo di un territorio di 108 Comuni. È stato attrezzato per il Covid-19 l’ospedale di Barcellona, si parla di una possibilità di potenziare anche Sant’Agata Militello ma nulla di confermato. Adesso c’è la richiesta pressante del Comitato dei sindaci del Distretto socio-sanitario 29 (comprendente Castel di Lucio, Mistretta, Motta d’Affermo, Pettineo, Reitano, S. Stefano di Camastra e Tusa, una popolazione di circa 20 mila abitanti), di riattivare il nosocomio di Mistretta, negli ultimi anni depauperato di reparti e posti letto. In questo momento funziona come Pte e ha solo Medicina, Lungodegenza e Riabilitazione.

“In un momento di emergenza nazionale – ha detto il presidente del Comitato Angelo Tudisca, vice sindaco di Tusa – si potrebbero ripristinare tutte le attività attingendo alle risorse economiche rese disponibili per la Protezione civile. Negli ex reparti di chirurgia, medicina e ostetricia, quest’ultimo già dotato di ossigeno per l’attivazione di dieci posti di intensiva, ci sarebbero sessanta posti letto disponibili, una vera e propria manna dal cielo per un territorio di frontiera, con una popolazione prevalentemente anziana e impaurita. I reparti di lungodegenza, medicina e chirurgia esistenti (il resto è ambulatoriale), sono assolutamente insufficienti, soprattutto nella situazione emergenziale attuale, con gli ospedali di Cefalù e Patti troppo lontani e quello di Sant’Agata Militello depotenziato”.

In quest’area i sindaci si sentono abbandonati, le loro battaglie per avere l’ospedale di nuovo operativo sono state vane, adesso hanno paura di non potere affrontare l’epidemia. “I tamponi – affermano – si effettuano a Barcellona, a più di cento chilometri. Per noi è più vicina Palermo. Dall’altra parte della Sicilia ci sono focolai importanti, riusciremmo ad abbracciare anche situazioni fuori provincia vista la nostra dislocazione baricentrica, da un lato Cefalù ha tantissime istanze, dall’altra il nosocomio di Sant’Agata non è attrezzato quindi avremmo un centro specialistico che sarebbe di grande aiuto ad altri territori. Si potrebbero utilizzare alcuni per fare tamponi e altri per attivare posti specifici per positivi e gravi”.

Nei Comuni del Distretto 29 ci sono 150 persone in isolamento fiduciario, sono soggetti che venivano da fuori regione e sono stati messi in quarantena con i familiari. “Andavano fatti i tamponi – ha affermato Tudisca – a tutti quelli provenienti dal Nord, anche agli asintomatici. A Carnevale ci sono state una serie di manifestazioni con tanta gente in giro. Dal 26 febbraio al 10 marzo eravamo terrorizzati, superato questo periodo ci siamo rilassati ma dopo l’esodo siamo ripiombati nella paura. Solo a Tusa ho trenta persone venute da fuori messi in isolamento ma non sappiamo se rispettano veramente quanto prescritto”.

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