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Morte Argentino: sette le persone indagate nel carcere di Messina

Morte Argentino: sette le persone indagate nel carcere di Messina
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Sarebbero sette le persone iscritte nel registro degli indagati per la morte nel carcere di Stefano Argentino, omicida reo confesso di Sara

Sarebbero sette le persone iscritte nel registro degli indagati per la morte di Stefano Argentino, il ventisettenne originario di Noto che negli scorsi giorni si è tolto la vita all’interno del carcere di Gazzi a Messina, dove si trovava per l’omicidio di Sara Campanella.

Un atto dovuto da parte della Procura della Repubblica di Messina in attesa dell’autopsia sul corpo del giovane ritrovato senza vita all’interno della sua cella. Ancora tutta da chiarire la dinamica che intorno alle ore 17 di mercoledì scorso ha consentito ad Argentino di isolarsi e compiere l’estremo gesto.

I possibili reati contestati agli indagati

Due, in particolare, i possibili reati contestati a vario titolo ai sette indagati: omissione di atti d’ufficio e morte causata come conseguenza di altro delitto (artt. 328 e 586 c.p.p.). Si tenterà di accertare se Argentino avrebbe dovuto essere posto in un regime di sorveglianza più restrittivo.

L’inchiesta, condotta dalla Procura, mira a ricostruire non solo le ultime ore di vita dell’uomo, ma anche la catena di responsabilità che avrebbe potuto – e dovuto – impedirne il decesso. I nomi degli indagati restano coperti dal segreto istruttorio, ma la loro appartenenza a ruoli diversi nella gestione e nella custodia del detenuto fa emergere un quadro complesso.

Legale Argentino: “Sette indagati presagio di plurime responsabilità”

“Sette indagati è già presagio di plurime responsabilità, probabilmente fra loro correlate”, conferma l’avvocato di Argentino, Giuseppe Cultrera. Secondo il legale, “al momento è troppo presto e si possono fare soltanto supposizioni. Auspico che, almeno stavolta, le indagini siano approfondite e possano portare a risultati concreti. Stefano avrebbe dovuto essere rinchiuso in una Rems o in un Istituto a custodia attenuata: il suo stato mentale – venuto a galla anche dalle indagini degli inquirenti – non era compatibile con la custodia in carcere“.

Secondo quanto ribadito a più riprese dall’avvocato, Argentino soffriva di un disturbo psichico grave che non è stato possibile accertare per il diniego di una verifica psichiatrica sul detenuto. La questione della destinazione in Rems – le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza – o in istituti a custodia attenuata è uno dei punti centrali. Perché non sia stata adottata questa misura, e chi abbia deciso diversamente, sono interrogativi che la Procura sta cercando di chiarire.

I particolari dell’inchiesta

L’inchiesta non si limita alla dinamica della morte. Gli investigatori stanno verificando le comunicazioni interne, le segnalazioni sanitarie, e l’eventuale omissione di interventi tempestivi. Il sospetto è che la catena di controlli si sia interrotta più volte, lasciando il detenuto in una condizione di rischio crescente.

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