Nei Comuni siciliani tasse salate e pessimi servizi - QdS

Nei Comuni siciliani tasse salate e pessimi servizi

Desiree Miranda

Nei Comuni siciliani tasse salate e pessimi servizi

mercoledì 14 Agosto 2019

Analisi Politiche territoriali Uil: le imposte locali sono ormai un salasso per molti cittadini. Ma si pagherebbero volentieri se i Municipi riuscissero a garantire maggiore efficienza. Il costo della Tari per le famiglie siciliane è di 385 euro contro i 300 della media nazionale

PALERMO – I tributi locali in Sicilia sono tra i più alti d’Italia secondo la rilevazione del servizio Politiche territoriali Uil, aggiornata al 26 luglio, sulle tre maggiori imposte e tasse dei Comuni Imu-Tasi, Irpef comunale e Tari.

L’analisi ha scattato una fotografia della situazione dopo tre anni di blocco degli aumenti delle aliquote delle imposte e tasse locali. Se le Regioni non hanno apportato aumenti, diversa e variegata è la situazione per quanto riguarda le tasse comunali, seppure non tutti i Municipi hanno pubblicato le aliquote dell’Imu e delle addizionali comunali Irpef sul sito del ministero dell’Economia.

Secondo quanto pubblicato dal sindacato non sono molti i sindaci che hanno deciso di rivedere le aliquote e le tariffe, ma, a causa della crisi finanziaria che accomuna tante realtà locali, i ritocchi fatti si fanno notare. Poco o nulla la differenza per l’Imu e la Tasi, perché in molti casi erano già al massimo della tariffazione consentita, mentre si agisce di più sul versante delle addizionali comunali Irpef. Il quadro che riguarda la Tari, ovvero la tassa sui rifiuti, è invece più variegato. Per la maggior parte dei casi si tratta di rincari, ma anche in Sicilia, come nel resto d’Italia, si registrano delle riduzioni.

Il 14 per cento di tutti i Comuni italiani ha scelto di aumentare le aliquote Irpef e di rimodulare le esenzioni abbassandone la soglia. In questo settore esistono maggiori margini di aumento rispetto a Imu e Tasi, tanto che il 14% del totale, ovvero 566 su 4.078 Comuni che hanno comunicato le loro scelte sul sito del ministero dell’Economia, ha deciso per un aumento. Di questi, sette sono città capoluogo di provincia e tra i comuni siciliani c’è Trapani, dove il limite per l’esenzione passa da 13 mila euro a 10 mila euro. Solo 122 città italiane hanno invece optato per una riduzione del dazio e la maggior parte, esattamente 3.390 Comuni, hanno deciso per mantenere le aliquote dell’addizionale comunale Irpef.

Molto eterogenea la situazione per quanto riguarda la tassa sui rifiuti. Nel 2019 la Tari è aumentata in 44 città capoluogo di provincia del territorio italiano. Tra queste tre sono siciliane: Catania, Messina e Palermo. I dati di questa tassazione sono i più accurati delle imposte prese in considerazione nell’analisi del servizio politiche territoriali Uil. Ed è proprio in questo settore che si evidenzia quanto cari siano i tributi in Sicilia. A fronte di una media nazionale di 301,98 euro, quella siciliana è di 385,46 euro annui secondo la rilevazione su una famiglia con abitazione di 80 metri quadri e quattro componenti.

I capoluoghi siciliani rispettano comunque l’andazzo generale tra aumenti, riduzioni e mantenimenti della tariffa. Dei nove capoluoghi di provincia tre hanno scelto la strada dell’aumento (Catania, Messina e Palermo), due hanno mantenuto stabile la tariffa (Caltanissetta e Siracusa) e quattro l’hanno abbassata (Agrigento, Enna, Ragusa, Trapani). Le tariffe siciliane rimangono comunque alte.

L’aumento percentuale più consistente tra i capoluoghi di provincia siciliani è della città di Catania con quasi 18 punti in più. Rispetto allo scorso anno infatti, il tributo è passato da 342 a 403 euro. La tassa sui rifiuti nella città dell’elefante comunque, non è la più cara della Sicilia, tanto che è al sesto posto su nove. Prima in classifica, primato anche italiano, è Trapani. In realtà sono due i primati della città: la tariffa più alta e la riduzione della stessa, in percentuale. Qui la Tari costa di 550 euro annui a famiglia mentre il costo annuo nel 2018 era pari a 660 euro. Una riduzione che secondo i calcoli della Uil è di quasi 17 punti percentuali.

La seconda città siciliana con la tariffa Tari più alta è Agrigento. Nella Città dei Templi una famiglia di quattro persone in 80 metri quadri paga 470 euro annui. Una riduzione di 1,7 punti percentuali rispetto all’anno scorso quando si pagavano quasi 478 euro. Messina occupa invece il terzo posto: lì si pagano 437 euro nel 2019 con un aumento di quasi il 2 per cento rispetto al 2018, quando si pagavano circa 7 euro in meno, ovvero 429,49 euro. Quarta in classifica è Ragusa, dove si registra un ribasso del 3 per cento rispetto al 2018 con un risparmio a famiglia di circa 13 euro. La tariffa è passata da 444 a 430 euro. Siracusa, quinta tra le siciliane, e Caltanissetta, settima, non hanno modificato le tariffe. Nella Città di Archimede si pagava e si continua a pagare quasi 426 euro all’anno, mentre a Caltanissetta quasi 295. Palermo, ottava in classifica, nonostante i tanti problemi di smaltimento dei rifiuti, è tra i capoluoghi in cui si paga meno: 281,87 euro. Il rialzo rispetto all’anno scorso è di 1,5 punti percentuali. Enna, nona, è il Comune in cui si paga meno, un primato già conquistato nel 2018, quando la tariffa era di 282,97 euro annui, e confermato nel 2019 dopo un’ulteriore riduzione del 2,4 per cento che ha portato il pagamento della Tari a 276,26 euro a famiglia.

uarta in classifica è Ragusa, dove si registra un ribasso del 3 per cento rispetto al 2018 con un risparmio a famiglia di circa 13 euro. La tariffa è passata da 444 a 430 euro. Siracusa, quinta tra le siciliane, e Caltanissetta, settima, non hanno modificato le tariffe. Nella Città di Archimede si pagava e si continua a pagare quasi 426 euro all’anno, mentre a Caltanissetta quasi 295. Palermo, ottava in classifica, nonostante i tanti problemi di smaltimento dei rifiuti, è tra i capoluoghi in cui si paga meno: 281,87 euro. Il rialzo rispetto all’anno scorso è di 1,5 punti percentuali. Enna, nona, è il Comune in cui si paga meno, un primato già conquistato nel 2018, quando la tariffa era di 282,97 euro annui, e confermato nel 2019 dopo un’ulteriore riduzione del 2,4 per cento che ha portato il pagamento della Tari a 276,26 euro a famiglia.

Un’ultima riflessione va poi fatta sulla qualità dei servizi. Non soltanto la Tari media siciliana è più alta di quella nazionale, ma questo deve essere confrontato anche con i tanti disservizi con cui spesso si ha a che fare nel settore pubblico. È sufficiente pensare alla crisi dei rifiuti che ha colpito nelle ultime settimane molte città dell’Isola per capire come una Tari così alta rappresenti, oltra a un danno, anche una beffa.

Intervista ai sindaci Salvo Pogliese e Giacomo Tranchida sulle tariffe attualmente in vigore

PALERMO – A Catania, come evidenziato dallo studio della Uil, vi è stato l’incremento percentuale più alto sul costo della Tari dal 2018 al 2019. Un andamento spiegato così dal sindaco Salvo Pogliese: “La delibera di aumento della Tari è un atto consequenziale dei dettami di legge sul costo effettivo del servizio. La precedente Amministrazione, infatti, non aveva pianificato correttamente il costo del servizio. Peraltro ho assunto l’impegno personale che entro due anni diminuiremo la tariffa, diminuendo i costi di conferimento in discarica e aumentando l’impegno a stanare chi non paga quanto dovrebbe”.

“Al di là del dato statistico – ha aggiunto – a Catania stiamo lavorando a tutto spiano per razionalizzare un servizio che comunque costa tanto ma è non ottimale. A fronte di ciò non può disconoscersi che, se è pur vero che il disagio sociale pone molti contribuenti nell’impossibilità di ottemperare agli impegni finanziari, una fascia considerevole di utenza non vuole assolvere al pagamento di tributi. Siamo stati tra i sindaci che hanno lanciato un grido d’allarme al Governo nazionale affinché tale fenomeno possa essere contrastato, attraverso forme di riscossione alla fonte: una su tutte l’inserimento della riscossione della Tari nella bolletta elettrica. Ciò è stato fatto presente in appositi incontri all’Anci, con appropriate richieste al Governo nazionale, essendo ben consci che se da una parte detta misura premetterebbe di abbattere considerevolmente il non riscosso sulla Tari, che sfiora i 40 milioni di euro pregiudicando gli equilibri del bilancio, dall’altra essa debba essere accompagnata da sgravi e tutele per le fasce più deboli della popolazione”.

A Trapani, invece, sempre secondo lo studio della Uil, i cittadini pagano la tariffa media più alta della Sicilia, che sfiora i 550 euro annui. “Qui – ha commentato il sindaco Giacomo Tranchida – non si faceva la raccolta differenziata e stiamo facendo fronte a rate di debiti degli anni pregressi. Comunque, abbiamo abbattuto la Tari del 10 per cento grazie a un’analisi puntuale di tutte le fonti di spesa. C’è poi un costo di ordine generale per la presenza della discarica. Questo ha comportato che, nel tempo, il percolato è finito a carico del Comune perché varie ordinanze della Regione hanno fatto scaricare gli altri centri da noi. Non escludo, infatti, di fare causa alla Regione. Oggi l’obiettivo è fare diventare Trapani più bella e pulita e abbiamo già una raccolta differenziata al 65 per cento”.

A dar manforte al sindaco ci ha poi pensato l’assessore all’Ecologia del Comune di Trapani, Fabio Bongiovanni. “Lo studio della Uil – ha spiegato – non evidenzia le riduzioni e le esenzioni concesse dal comune sulla Tari. Si intendeva far pagare di più i contribuenti che la raccolta differenziata non la facevano e assicurare l’integrale copertura del costo del servizio. Tali riduzioni tariffarie oggi sono state ridimensionate, stante che il Comune effettua la raccolta differenziata porta a porta e ciò ha contribuito, insieme alla riduzione dei costi e al recupero di efficienza del servizio di raccolta trasporto e smaltimento dei rifiuti, a ridurre la tariffa”.

“Anche Trapani – ha concluso l’assessore Bongiovanni – da diversi anni ha le aliquote massime in materia di Imu e Tasi. Il continuo aumento dell’accantonamento al Fondo crediti di difficile esigibilità voluto dal legislatore nazionale ha imposto, per cercare di mantenere i servizi fino a oggi assicurati dall’Amministrazione, l’aumento del gettito dell’addizionale comunale all’Irpef, attraverso la riduzione della fascia di esenzione”.

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