La mamma e il neonato morto del Pertini: "Poteva succedere a me"

La mamma e il neonato morto del Pertini: “Poteva succedere a me”

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La mamma e il neonato morto del Pertini: “Poteva succedere a me”

Redazione  |
martedì 24 Gennaio 2023

La donna racconta: "Solo che ha vissuto quei momenti può capire. E mi è venuta tanta rabbia per il modo in cui è stata colpevolizzata la madre"

Continua a fare discutere, il caso della morte di un neonato all’ospedale Pertini di Roma, nella notte tra il 7 e l’8 gennaio scorso.

Cosa è successo al Pertini di Roma

Stando a quanto denunciato dai genitori del piccolo, il decesso sarebbe avvenuto durante l’allattamento. La mamma, stanchissima dopo il parto, si sarebbe addormentata e il bimbo sarebbe morto schiacciato.

Sul corpo del neonato è stata disposta un’autopsia, i cui risultati saranno resi noti entro sessanta giorni.

La procura di Roma ha aperto nel frattempo un fascicolo di indagine contro ignoti per omicidio colposo. Stando a quanto si apprende, i pm avrebbero già acquisito la cartella clinica della donna.

Per ora c’è soltanto una certezza: la donna è risultata negativa a tutti i test tossicologici e quindi è stata accantonata l’ipotesi che quella notte avesse assunto dei farmaci o altre sostanze. Intanto proseguono le indagini.

Bisognerà aspettare, quindi, 60 giorni per stabilire con certezza i contorni della tragedia che si è consumata all’ospedale Pertini, per avere i risultati dell’autopsia del piccolo, venuto a mancare, dopo soli tre giorni di vita.

Il dibattito è apertissimo, sui social.

Sono centinaia le testimonianze raccolte sul web di madri che condividono la loro esperienza di post parto. Nella testa un pensiero comune: “Quella donna potevo essere io”. Molte madri che hanno letto la storia del neonato soffocato nel letto all’ospedale Pertini di Roma, hanno provato un sentimento simile nei confronti della neo-mamma al centro di questa terribile tragedia: solidarietà. Sul web, nelle chat, si condividono i ricordi non sempre belli dei post parto.

Momenti idealizzati che spesso si tramutano in settimane di solitudine e spaesamento. Come è successo a una donna che ha partorito suo figlio all’ospedale di Palermo e che ha deciso di raccontare la sua personale esperienza in un lungo post nel suo profilo facebook.

Lo sfogo di una mamma siciliana: “È morto per incuria, non per colpa di sua madre”

In queste ultime ore, è apparso sui social, il lungo post di una donna siciliana, che ha raccontato la sua esperienza di madre, e la nascita del proprio figlio a Palermo. Avvenuta in condizioni difficili, dove ha ha vissuto momenti di paura, e solitudine. Molto simili a quelli che ha raccontato la donna del piccolo morto a Roma.

Ve la proponiamo qui di seguito.

“Ho partorito il mio unico figlio in un ospedale pubblico di Palermo. È nato pretermine, il 4 gennaio, praticamente un mese e mezzo prima del previsto. Pesava poco più di 2 kg (era praticamente un polletto).

Io sono stata costretta a letto, in interdizione, da ottobre dell’anno prima, per poi essere ricoverata in ospedale all’inizio di dicembre.

Sono stati giorni terribili, durante i quali tra flebo e iniezioni varie mi sentivo ripetere che dovevo resistere…perché ogni giorno in più dentro la mia pancia dava maggiori chances di sopravvivenza a quell’esserino che sembrava avere fretta di venire al mondo.

Ero praticamente un contenitore, trattata come tale. Il 4 gennaio, quando alla fine F. ha deciso di venire al mondo, io ero stremata ma felice all’idea di tornare (finalmente!) a casa con il mio bambino.

Purtroppo però le condizioni di mio figlio non lo consentivano.

Aveva bisogno della terapia intensiva e io dovevo stare con lui.

Dovevo allattarlo. Dovevo fare cose per le quali non ero preparata e sulle quali nessuno mi diceva niente.

Dopo le prime 24h trascorse in terapia intensiva me l’hanno portato in camera…io e lui. Soli. Io, sfinita dopo settimane trascorse in ospedale, senza forze, con tutte le vene delle braccia rotte per le flebo.

Lui dentro una culletta, attaccato a fili e tubicini di ogni genere, con sensori che ogni tanto suonavano perché i battiti cardiaci impazzivano. Con la fototerapia per l’ittero (“devi controllare che non si tolga gli occhialetti altrimenti si danneggiano gli occhi”)

Soli! Ho pensato a quelle giornate e a quelle nottate terribili quando ho letto della tragedia accaduta al Pertini di Roma.

Ho rivissuto quel senso di solitudine e di paura. Mi sono rivista in piedi ad allattare, camminando avanti e indietro proprio per paura di addormentarmi mentre lo facevo.

Perché succede! Perché siamo umani!

Perché solo chi ci è passata può capire la stanchezza, lo smarrimento, l’ansia.

E mi è venuta tanta rabbia per il modo in cui una tragedia come quella accaduta a Roma è raccontata, colpevolizzando la madre.

Tutti i giornali titolano una cosa che più o meno dice “bambino morto perché la madre si è addormentata mentre lo  allattava”. Condannando quella donna con un sottinteso che insinua…incuria? Superficialità?

Quella donna ha partorito dopo 17 ore di travaglio! Qualcuno doveva rendersi conto dello stato in cui si trovava.

E invece…non una parola su quale fosse la sua condizione. Non un accenno di empatia, di comprensione per la devastazione che la sta investendo in queste ore.

Non una parola sullo stato della sanità, smantellata pezzo dopo pezzo, che non ha persone e risorse per poter garantire assistenza e “cura” in un momento così delicato.

È morto un bambino. È morto per incuria, ma non certo da parte di sua madre“.

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