Dire “No” a RdC Dire “Sì” ad AdP - QdS

Dire “No” a RdC Dire “Sì” ad AdP

Carlo Alberto Tregua

Dire “No” a RdC Dire “Sì” ad AdP

giovedì 09 Settembre 2021

Tagliare 2 miliardi di spesa dannosa

Nel “semestre bianco” le fibrillazioni fra le parti politiche aumentano perché si sa che il Presidente della Repubblica, comunque vadano le cose, non può sciogliere le Camere. Tuttavia, la situazione è ben ferma nelle mani di Mario Draghi, quindi tutte le parti che compongono il Governo, al di là del vociare, stanno in riga perché sanno che le decisioni prese dal Presidente del Consiglio offrono poco il fianco a discussioni e trattative.

Uno degli argomenti che è ritornato all’ordine del giorno riguarda il Reddito di Cittadinanza, che va modificato perché così com’è non funziona.

L’altra questione, che è in sede di revisione, riguarda la cosiddetta Quota Cento perché la relativa legge scade il 31 dicembre prossimo e quindi dal primo gennaio non avrà più alcuna valenza.
Le due materie sono state frutto del compromesso tra il M5S e la Lega quando erano insieme al governo Conte I e ora, col governo Draghi, si avviano al tramonto.

Sulla Quota Cento, Salvini non sta facendo molte discussioni e tenta di trattare la resa portando l’età a sessantatre o sessantaquattro anni, aumentando gli anni di contribuzione e, comunque, discute una trattativa che porti la modifica vicino alla soglia di normalità che, vogliamo ricordarlo, sancisce l’età pensionabile ad anni sessantasette per gli uomini e sessantasei per le donne, cioè conforme all’attesa di vita. La questione non sta suscitando particolare clamore e riteniamo che entro fine anno la nuova legge vedrà la luce grossomodo sui parametri prima indicati.

Più difficile, invece, è il compromesso sulla riforma del Reddito di Cittadinanza, che va profondamente modificato, anche se non abolito del tutto. Avere miscelato il sostegno ai veri poveri con l’attivazione di nuovo lavoro, è stata un’ingenuità ovvero un grossolano errore di valutazione del Movimento 5 Stelle perché le due attività sono come il diavolo e l’acqua santa, cioè non compatibili.

Il risultato di questo dissennato provvedimento, così com’è, è stato di avere portato a non lavorare centinaia di migliaia di persone che potevano farlo e che invece ora aspettano l’assegno – che va da 600 a 1.220 euro, in relazione al numero dei componenti della famiglia – e ha consentito un parallelo lavoro in nero per arrotondare.

Il danno che ha fatto la legge sul RdC è enorme perché ha inserito nella testa di tanta gente il principio che devono ricevere un assegno per il fatto di essere cittadini, di essere nati in Italia, a prescindere dal loro impegno e dalla loro fatica. Quindi ha alimentato la fannulloneria, anche perché la voglia di lavorare, che non è molta, è ulteriormente diminuita. La questione che sottolineiamo è ancora più grave nel Meridione, ove vi è la tendenza all’accattonaggio.

Dispiace scrivere queste cose, ma noi tentiamo sempre di raggiungere la verità, anche se spiacevole, ricordando che se punge, la colpa è della verità stessa, non di chi la dice.

Ora il Governo, per porre rimedio a quanto precede, dovrà necessariamente scindere in due il dannoso provvedimento, cancellando con un frego la parte riguardante il Reddito di Cittadinanza e sostituendo l’altra parte con un “Assegno di Povertà” (AdP).
È giusto che i cittadini meno abbienti, bisognosi (veramente), ammalati, disabili, anziani ed altri siano sostenuti dalla Comunità; ma non anche chi ha la possibilità di utilizzare le proprie energie per imparare, conoscere e, per conseguenza, lavorare.

Dire “Sì”, dunque, all’Assegno di Povertà, e dire “No” al Reddito di Cittadinanza così com’è, anche perché lessicamente è privo di significato. Ma che significa Reddito di Cittadinanza? Quello che abbiamo scritto sopra, cioè il diritto a un assegno solo perché si è cittadini di una Comunità? Suvvia, siamo seri, rimettiamo i piedi a terra e affrontiamo le cose con concretezza, obiettività ed equanimità, cioè con quelle regole etiche indispensabili per gestire un insieme di cittadini.

Il compito dei responsabili istituzionali non è quello di inseguire le lamentazioni di questo o quello, di questa o quell’altra parte, bensì di valutare, scegliere e decidere per il meglio.
Non siamo abituati a questa gestione istituzionale, ma quotidiani, televisioni, radio e web lo devono scrivere a chiare lettere e guai a chi non adempie al proprio dovere di dire “Tutto quello che c’è sotto”.

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