Emergono dettagli sugli arrestati della maxi operazione Scialandro, che ha colpito Cosa nostra trapanese e in particolare le famiglie mafiose di Custonaci, Valderice e Trapani. Risultano coinvolti nell’indagine anche volti noti della politica locale.
Le accuse a carico dei destinatari delle misure cautelari eseguite nell’ambito del blitz antimafia – risultato di un’indagine portata avanti per ben due anni da Direzione investigativa antimafia, Polizia di Stato e Nucleo investigativo del comando provinciale carabinieri – sono associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, turbata libertà degli incanti, estorsione e intestazione fittizia di beni.
Chi sono gli arrestati dell’operazione Scialandro a Trapani
Destinatari della misura cautelare di custodia in carcere:
- Pietro Armando Bonanno, 64 anni;
- Andrea Maurizio Buzzitta, 55 anni;
- Giuseppe Costa, 60 anni;
- Santo Costa, 63 anni;
- Gaetano Gigante, 65 anni;
- Luigi Grispo, 41 anni;
- Vittorio Giuseppe Grispo, 40 anni;
- Carlo Guarano, 57 anni;
- Andrea Intercola, 33 anni;
- Francesco Lipari, 63 anni;
- Paolo Magro, 59 anni;
- Giuseppe Maltese, 66 anni;
- Vito Manzo, 60 anni;
- Giuseppe Maranzano, 59 anni;
- Vito Mazzara, 75 anni;
- Roberto Melita, 57 anni,
- Francesco Todaro, 68 anni.
Ai domiciliari dopo l’operazione Scialandro:
- Gaetano Barone, 72 anni;
- Mario Mazzara, 74 anni;
- Mariano Minore, 71 anni;
- Giuseppe Zichichi, 79 anni.
Acquisiti documenti al Comune di Custonaci
Nell’ambito dell’operazione Scialandro, gli inquirenti hanno acquisito anche documentazione tecnico-amministrativa e contabile al Comune di Custonaci. Tra gli indagati del blitz, infatti, vi sarebbero anche l’ex sindaco Peppe Morfino e il suo vice sindaco Carlo Guarano. Quest’ultimo, secondo gli inquirenti e quanto emerso dalle intercettazioni, avrebbe acquisito dei voti con il “supporto” delle cosche mafiose del Trapanese.
Le indagini avrebbero permesso di portare alla luce “sinergie e rapporti opachi tra esponenti della vecchia amministrazione comunale di Custonaci” e le consorterie mafiose del Trapanese. Cosa nostra, a quanto pare, riusciva anche imporre all’ente locale i destinatari dei contributi di sostegno economico post-pandemia e perfino a pilotare l’affidamento di appalti pubblici “in favore di ditte colluse o a loro riconducibili”.
Inoltre, manifestando il proprio controllo socio-economico del territorio, avrebbero perfino attuato delle estorsioni nei confronti di titolari di aziende agricole per dissuaderli dall’acquisto di terreni che in realtà erano “sotto il controllo” della mafia.

