Organizzare la Pa come un’azienda - QdS

Organizzare la Pa come un’azienda

Carlo Alberto Tregua

Organizzare la Pa come un’azienda

mercoledì 15 Febbraio 2023

Modello Forze dell’Ordine

Sentiamo dire dalle bocche di tanti uomini di Stato, cioè dalle istituzioni – ivi comprese le istituzioni di Governo, del Parlamento e di altri – una sorta di litania monotona e depressiva: bisogna semplificare e riorganizzare la Pubblica amministrazione affinché spenda i duecento miliardi del Pnrr entro il 2026, nonché i fondi europei del PO 21/27, nonché il Fondo Sociale Europeo nazionale, nonché i Fondi per il Sud e così via elencando.

In altri termini, quanto precede significa una sorta di aberrazione istituzionale: c’è una grande massa di risorse finanziarie disponibili, ma il Paese nelle sue parti (nazionale, regionale e locale) non è in condizione di spenderli.
Come dire la conosciuta frase: “Il cavallo non beve”. Perché non beve? Ovviamente perché è ammalato. Si può guarire? Certo, somministrando l’opportuna medicina, che sia pronta ed efficace.
Ora, qual è la grave malattia del nostro Paese che impedisce di spendere le cospicue risorse disponibili? La Pubblica amministrazione, che non riesce a funzionare neanche in modo sufficiente.

Non vorremmo annoiarvi, cortesi lettori, ma siamo costretti a ripetere le cause di questa patologia.
La prima riguarda le oltre centomila leggi di vario livello che imperversano sullo scenario pubblico, scritte da persone che volontariamente le complicano, per ingannare i/le cittadini/e, che così non sono capaci di leggerle.
La seconda riguarda la totale disorganizzazione dei pubblici dipendenti, i quali sono condotti da dirigenti che non hanno le necessarie competenze e qualificazioni.
Per la semplificazione occorrerebbero ministri di grande spessore professionale, in condizione di dare direttive precise, per disboscare il mare magnum di norme, riordinarle in testi unici, semplici, omnicomprensivi e diretti.
Ma questo sarebbe un programma di medio e lungo periodo, che non potrebbe dare risposte immediate alla spesa delle risorse prima elencate. Tuttavia sarebbe urgente attivare questa strada.
Poi si dovrebbe porre mano direttamente alla riforma per la disorganizzazione della Pa, attivando il noto Piano operativo dei servizi (Pos).

Anche in questo caso non vorremmo annoiarvi perché l’abbiamo ripetuto più volte. Di che si tratta? Del censimento di tutti i servizi, analiticamente elencati, che servono a cittadini/e ed imprese, nonché agli altri enti pubblici, e da esso dedurre quale sia il fabbisogno di personale e finanziario occorrente; ovviamente parliamo di personale suddiviso per qualifiche appropriate alle materie cui si dovrebbe dedicare.

Anche questo è un piano di medio-lungo periodo. Però immediatamente si possono affidare le responsabilità ai dirigenti scegliendo fra essi quelli che hanno frequentato la Scuola nazionale dell’amministrazione (Sna) o che possiedano requisiti idonei a trovare soluzioni a programmi e progetti.
Le parole sulla materia sono inutili, servono solo per ingannare i/le cittadini/e di fronte a una situazione funzionale catastrofica, che porterà inevitabilmente a non utilizzare una parte cospicua delle disponibilità finanziarie prima elencate.

Un aspetto che continuiamo a mettere in evidenza riguarda il fatto che su 3,2 milioni di pubblici dipendenti, compresi quelli delle partecipate, ve ne sono oltre trecentomila che riguardano le Forze dell’Ordine (Guardia di Finanza, Polizia, Carabinieri e Corpo Forestale). Queste persone funzionano in modo eccellente. I Corpi fanno i concorsi per tempo, atti a sostituire i pensionandi con le new entries, hanno un sistema di formazione continua ai diversi livelli, ottengono risultati palesi che sono sotto gli occhi di tutta la pubblica opinione. Non si capisce perché tali modelli organizzativi non vengano traslati in tutti gli altri settori della Pa – centrale, regionale e locale.

Vi è da aggiungere che vi sono società partecipate dal ministero dell’Economia e Finanze (Mef) che sono dei veri gioielli produttivi, con redditi cospicui e quindi ricchi assegni di imposte dello Stato. Quelle società funzionano bene perché sono ben organizzate. Anche in questo caso non si capisce perché non si utilizzino tali modelli da traslare nella Pa.
Oppure si capisce: perché non si vogliono combattere clientelismo, corruzione e insufficienza che stanno degradando tutto il Paese.

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