Palermo, è borgo Strafalè il cuore delle donne artigiane - QdS

Palermo, è borgo Strafalè il cuore delle donne artigiane

web-dr

Palermo, è borgo Strafalè il cuore delle donne artigiane

web-dr |
lunedì 01 Marzo 2021

A Palermo da qualche tempo ha aperto Borgo Strafalè in via IV Aprile, un piccolo agglomerato di Officine artigianali tutto al femminile: a capo delle botteghe abbiamo infatti Eleonora Reina e Giusi Passamonte, Valentina Margiotta, Lavinia Sposito.

A Palermo da qualche tempo ha aperto Borgo Strafalè in via IV Aprile, un piccolo agglomerato di Officine artigianali tutto al femminile: a capo delle botteghe abbiamo infatti Eleonora Reina e Giusi Passamonte (Collettivo 22), Valentina Margiotta (Vali Boutique Palermo), Lavinia Sposito (Di Terra e Di Fuoco).

Qual è la storia di questo Borgo prima di diventare quello che è attualmente?
Lavinia: “In Via dei Scopari (artigiani che producevano delle scope), esistevano tanti anni fa delle donne, le cosiddette “Strafalarie”, donne di facili costumi che tendevano a buttare voci, “vuciazzare”, che vennero chiamate “scopariote”. E queste case erano prima abitate proprio da loro. Quindi in un certo senso Borgo Strafalè è anche un riscatto per queste donne del passato che non sono state molto fortunate”.

Come e quando nasce Borgo Strafalè com’è oggi?
Lavinia: “È nato un pomeriggio dell’estate scorsa quando, seduti ad un tavolino con Antonio Fester Nuccio, pittore nonché mio amico, si parlava di ridare vita a questa via spoglia e abbandonata, via IV Aprile appunto, giocando sulla storia delle già citate “Strafalarie”.

Da lì poi Antonio ha realizzato sette quadri, ognuno dei quali raffigurava una “Strafalaria”, ispirandosi alla mia figura. Successivamente Valentina ha cominciato ad abbellire la via con le piante, ha richiesto la concessione del suolo pubblico facendo mettere i paletti per le bici al fine di evitare che le macchine posteggiassero davanti alle botteghe, perché inizialmente era una strada vuota, dedita all’esclusivo transito e parcheggio delle macchine e per nulla illuminata.

In seguito anche le ragazze di Collettivo 22 hanno aggiunto altre piante e piano piano siamo riuscite ad abbellire questa via, mettendo anche delle luminarie, rendendo più confortevole questo luogo. Il nome “Borgo Strafalè” è nato solo dopo tutto questo”.

Prima di diventare le artigiane di Borgo Strafalè, cosa faceva ognuna di voi e cosa vi ha portato qui oggi?
Valentina: “Io facevo la nutrizionista, avevo uno studio privato. Dopo un’esperienza fatta in Indonesia mi sono innamorata di questi tessuti particolari e sete dipinte a mano e da lì è iniziata quest’avventura. Un po’ per gioco e un po’ per scherzo ho cominciato a disegnare qualche capo d’abbigliamento, li ho fatti realizzare, li ho portati a casa per mostrarli alle amiche, temendo fortemente la loro reazione, ma con mia grande sorpresa il verdetto è stato più che positivo, talmente tanto che mi hanno incoraggiato a continuare su questa strada. Poi dopo un po’ ho registrato il marchio e ho aperto una ditta vera e propria affittando un appartamento che ho adibito a showroom poiché non era più possibile continuare ad esporre i vestiti nel salotto di casa mia (essendo cresciuta lavorativamente parlando), ed anche per sdoganarmi dal semplice passaparola, volevo acquisire una certa visibilità. Mi sono imbattuta in questo spazio per caso, dopo una passeggiata in vespa con mio marito, ne sono rimasta subito colpita e adesso eccomi qua!”

Eleonora: “Io ero architetto, ho aperto Collettivo 22 insieme a Giusi Passamonte, designer. Ci siamo conosciute nell’ambito dell’associazione ALAB (Associazione Liberi Artigiani Balarm) di cui entrambe facciamo parte. Ci siamo conosciute in maniera casuale, vendendo le nostre cose al Cassaro, poi ci siamo rincontrate dopo un mese e da lì è venuta fuori l’idea di cercare un luogo apposito per creare i nostri artefatti e venderli.

Abbiamo trovato questo posto e ne siamo rimaste incantate ed oggi è la nostra personale fucina di creatività, un luogo in cui la nostra anima si riposa e si rigenera. Lei ha due marchi: Ruppa, che è la traduzione siciliana della parola “nodi”, in cui i protagonisti sono collane, bracciali e accessori ottenuti intrecciando con le mani dei filati pregiati, e Sottobosche, una linea di monili in pelle ispirati alla natura. Io invece, come dicevo, ero architetto, ma ho sempre amato il disegno e la pittura, e questa cosa nel tempo è diventata un’esigenza insopprimibile e allora ho deciso di abbandonare il mio mestiere principale per inseguire la mia passione. Penso che a livello globale, quello del recupero artigianale, sia una cosa che permette di riconnettere l’uomo a sé stesso. Il fare lo migliora. Questa è la via da percorrere per un’umanità sana. Noi quando lavoriamo siamo serene e questa cosa si espande a macchia d’olio: le persone si fermano, sono più sorridenti. Ognuno di noi ha dei problemi sulle proprie spalle, se però può interrompere il malessere anche solo il tempo di un tratto di strada, allora ne sarà valsa la pena”.

Lavinia: “Io sono sempre stata una ceramista, dal 1996. Volevo fare un mestiere che fosse anche un piacere e l’ho reso possibile.
Quindi c’è stata da parte vostra una scelta di lasciare tutto per inseguire i vostri sogni”.

Eleonora: “Sì, assolutamente”.

Valentina: “Sì, ma non era programmato. Disegnare vestiti era una cosa che facevo per me stessa, non avevo mai pensato di farla diventare una professione. Una volta intrapresa quest’avventura, ho cominciato a vederne i frutti e ho deciso di smettere di fare la nutrizionista, perché anche se mi dava delle soddisfazioni non mi stimolava e appagava abbastanza”.

All’interno delle vostre botteghe, quali sono le vostre mansioni nello specifico?
Valentina: “Cerco di accontentare il cliente, di trovare la soluzione giusta, coniugando la silhouette della persona e il suo gusto personale. Raramente mi capita di creare un capo creato su misura per qualcuno in particolare”.

Eleonora: “Creo oggetti con varie tecniche, dall’acquerello, alla stampa linoleografica su stampa o su tessuto, alle collane in ottone battuto e dipinto, tutte cose che hanno un’anima siciliana e prendono spunto dalla nostra tradizione, rivisitandola attraverso il mio gusto personale”.

Lavinia: “Produco qualsiasi manufatto in ceramica, quindi lo disegno, lo realizzo e lo decoro, e li posso anche personalizzare su richiesta del cliente. Faccio riproduzioni di pavimenti antichi sia con smalti nuovi che tradizionali, poi anche servizi di piatti, lumi, pigne, un po’ di tutto”.

Come avete appreso le competenze che vi hanno portato al lavoro che svolgete oggi?
Eleonora: “Io e Giusi siamo autodidatte. Io ho fatto studi di architettura, quindi ho fatto schizzi disegni tecnici, ma non ho avuto una formazione artistica vera e propria, quindi l’apprendimento, essendo autodidatta, è stato lento e difficoltoso. All’inizio mi sentivo penalizzata, perché non sapevo se le mie tecniche fossero corrette o meno, però poi vedere il riscontro positivo da parte degli altri mi ha rincuorato. Ho cercato di far evolvere le mie competenze con dei corsi, come nel caso della linoleografia, o nel caso della lavorazione dell’ottone, in cui mi sono affidata ai saperi del mastro puparo Mancuso”.

Lavinia: “Ho fatto degli studi classici, poi per un periodo chimica, ma non avevo proprio voglia di fare il chimico, però questo sapere mi è servito per creare smalti e colori che utilizzo nella ceramica”.

Come vi siete conosciuti e come è nato il vostro sodalizio?
Eleonora: “Ci siamo conosciute qui e il sodalizio è nato giorno dopo giorno, chiacchierando, conoscendoci pian piano. Siamo donne, e le donne spesso possono dare vita ad alleanze veramente forti e profonde”.

C’è un aneddoto che vi piacerebbe raccontare? Può essere un evento particolare accaduto in qualsiasi momento dalla creazione di Borgo Strafalè ad oggi o una sorta di tradizione che avete creato nel vostro piccolo.
Eleonora e Valentina: “I pranzi della domenica per strada, quando non c’era il divieto di assembramento e la gente poteva stare tutta insieme intorno a un tavolo. A volte il Quid (un ristorantino qui accanto), ci portava tutto: cibo, tovaglie, posate e si stava in compagnia”.

Alla luce di quello che facevate prima di Borgo Strafalè, siete contente della vostra scelta? Ne è valsa la pena?
Eleonora e Lavinia: “Sì, certamente”.
Valentina: “Assolutamente sì. È sicuramente molto diverso da quello che facevo prima, però per certi versi è anche la continuazione, perché si tratta sempre di fare stare bene una persona con sé stessa, anche se in modo più effimero, ma un minimo di correlazione c’è”.

Rossella Azzara

Tag:

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017