Si susseguono scandali e inchieste con al centro personaggi e questioni rilevanti per la Sicilia, ma le cose continuano troppo spesso a non funzionare. Il commento.
Che in Sicilia arrivi lo scirocco è certo, anche se l’altro giorno condito di acquazzoni. Come è certo, come un teorema di Pitagora, che a un certo punto di una legislatura regionale arrivi il vento giudiziario. Da circa un mese questo spira intensamente: prima l’inchiesta sulla rete idrica di Agrigento, che ha riguardato l’assessore regionale Acqua e Rifiuti; poi quella sulla Sanità che ha, dalle carte d’indagine, scoperchiato una presunta dinamica corruttiva sugli appalti sanitari; poi l’indagine, come una cartolina di precetto, riguardante il vertice dell’Ars, l’Assemblea regionale siciliana, il trito e ritrito Parlamento più antico del mondo.
E il vento potrebbe ancora proseguire, i rumor di quelli che sanno, degli addetti ai lavori, dei giornalisti esperti di tribunali e caserme, ci parlano di sussurri e grida per altre ignote, ad oggi, vicende. Nei tavoli dei locali alla moda, gente elegante, professionisti di tendenza, che prima si accalcavano a salutare il potente di turno in auto blu oggi si siedono distante, facendo smorfie guardinghe ai loro commensali.
È il profilo sintomatico della caduta di un sistema, un trend politico, una dinamica amministrativa che prima sembrava ineludibile e improvvisamente piomba nell’incertezza. È sempre così in Sicilia, da secoli, millenni, il potere, quasi sempre feudale, e non monarchico, diventa caduco, si sfarina, si imballa. Non ci ricordiamo una legislatura filata liscia senza che qualcosa o qualcuno non sia incappato in qualche grana. Che non è quasi mai politica, avendo questa perso il primato da oltre trent’anni, ma sempre giudiziaria.
Poi queste inchieste, dopo i titoli roboanti dei giornali, a volte, troppe, finiscono nella palude processuale senza verità. Ma intanto l’azione amministrativa, già lenta di suo, si inceppa, la predisposizione alla partecipazione va a farsi benedire, il politico inquisito perde posizioni se non la carriera. Molte volte le inchieste hanno una manina interna, un avversario che si pulisce il coltello, oppure derivano da una conventio ad escludendum per bloccare ambizioni e sogni di gloria. Ma mai l’intervento della magistratura produce effetti positivi, come la riduzione delle liste d’attesa, l’acqua corrente ad Agrigento o Caltanissetta, il funzionamento di un termovalorizzatore o il ripristino di una viabilità decente sulle strade dell’isola. Lì più che l’intervento giudiziario ci vorrebbe quello divino.
Così è se vi pare.