Il provvedimento dell’assessorato regionale all’Agricoltura per garantire l’equilibrio delle risorse biologiche.
Trenta giorni di fermo nell’ambito della pesca in Sicilia: tra il 30 settembre e il 29 ottobre prossimi è previsto lo stop per tutti quei pescherecci, iscritti nei compartimenti marittimi della Regione siciliana, che utilizzano reti a strascico a divergenti, sfogliare rapidi e reti gemelle e a divergenti.
Sono esclusi dal provvedimento, che si ripete di anno in anno, per garantire un equilibrio tra le risorse biologiche e l’attività di pesca, le unità marittime abilitate alla pesca oceanica che operano oltre gli stretti.
Stop alla pesca in Sicilia, 30 giorni di fermo
Il decreto è stato emesso dall’assessorato regionale dell’Agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea, e riguarda, nello specifico, le unità da pesca che effettuano la pesca dei crostacei di profondità, segnatamente, del gambero rosa mediterraneo (Parapenaeus longirostris), del gambero rosso mediterraneo (Aristaemorpha foliacea), del gambero viola mediterraneo (Aristeus antennatus), dello scampo (Nephrops norvegicus) e del gobetto (Plesionika spp.).
I 30 giorni, purché consecutivi, possono essere effettuati a discrezione del pescatore, a partire dal giorno successivo dalla pubblicazione del decreto, anche in compartimenti marittimi diversi da quelli di propria iscrizione, comunicando le proprie intenzioni all’autorità marittima competente almeno due giorni prima dell’inizio del periodo di fermo.
Come funziona il provvedimento
Durante il periodo di pesca dei crostacei di profondità, sono ammesse catture accessorie di specie diverse. Tale pescato, però, potrà essere commercializzato solo se effettuato con strumenti autorizzati e regolari, nei tempi e luoghi consentiti. I crostacei di profondità dovranno costituire la quota prevalente, cioè almeno il 50%, in peso vivo, sul totale riportato nelle singole dichiarazioni di sbarco. Per le unità che effettuano la pesca dei crostacei di profondità durante il periodo di interruzione temporanea, è obbligatorio che l’attività di pesca si svolga effettivamente a una distanza minima dalla costa non inferiore alle 12 miglia.
Il fermo pesca riguarda soprattutto le tecniche di pesca più invasive, per preservare la fauna ittica ed evitare di danneggiare l’ecosistema marino. La sua origine risale a quasi trent’anni fa e consiste nel divieto di pesca per un periodo massimo di 43 giorni in zone precise dei mari. In questo modo, i pesci hanno la possibilità di riprodursi prima di essere pescati.
Ogni anno, tra febbraio e marzo, la Direzione generale della pesca convoca il Tavolo di consultazione nazionale della pesca e dell’acquacoltura, con l’obiettivo di stabilire i vari fermi pesca. Proprio per coprire quanto perso dalle attività che non possono operare per rispettare il fermo pesca, è stato istituito il Feampa, Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura. Per il periodo di fermo, è prevista una indennità, oltre che per la pesca a strascico, per quella dei piccoli pelagici del mar Mediterraneo e misure specifiche per il mare Adriatico, dei molluschi bivalvi, del pesce spada e del pesce ala lunga nel Mediterraneo.
Ma non solo, il Feampa si concentra su quattro priorità: promuovere la pesca sostenibile e il ripristino e la conservazione delle risorse biologiche acquatiche; favorire le attività di acquacoltura sostenibile e la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura, contribuendo alla sicurezza alimentare nell’Unione; consentire un’economia blu sostenibile nelle aree costiere, insulari e interne e promuovere lo sviluppo di comunità della pesca e dell’acquacoltura; rafforzare la governance internazionale degli oceani e consentire mari e oceani sicuri, protetti, puliti e gestiti in modo sostenibile.
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