Pizzo ai piedi dell'Etna, solo metà denuncia: "L'unica protezione è dello Stato"

Pizzo ai piedi dell’Etna, solo la metà denuncia: “L’unica protezione è dello Stato” FOTO

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Pizzo ai piedi dell’Etna, solo la metà denuncia: “L’unica protezione è dello Stato” FOTO

Melania Tanteri  |
martedì 08 Novembre 2022

Metà degli imprenditori taglieggiati avrebbe scelto di non denunciare. Alcuni avrebbero anche dichiarato il falso.

Minacce, estorsioni e pagamenti per la “protezione” durati anni e, nonostante questo, molti continuano a non denunciare. E’ questo uno degli aspetti che gli investigatori fanno fatica a spiegarsi, in relazione all’operazione della Polizia denominata Sabbie mobili che ha assicurato alla giustizia 21 soggetti gravitanti nell’ambito della famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano e destinatari dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere per atti estortivi.

I nomi

Alfio Currao
Fabrizio Currao
Alessandro Di Stefano
Antonio Di Stefano
Giuseppe Donato
Natale Alessandro Donato
Domenico Geraci
Salvatore Gianluca Geraci
Salvatore Guglielmino
Vincenzo Guidotto
Carmelo Litrico
Nunzio Mammino
Lorenzo Pinnavaria
Salvatore Pinnavaria
Alfio Rannesi
Carmelo Rannesi
Girolamo Rannesi
Giuseppe Rannesi
Salvatore Rannesi
Francesco Toscano
Pietro Vittorio.

Le parole del Direttore dell’anticrimine

“Colpisce che, in un’indagine in cui ci sono ben 32 casi di estorsione solo la metà è stata oggetti di collaborazione: l’altra metà si è guardata bene dal denunciare e collaborare – commenta il prefetto Francesco Messina, Direttore centrale anticrimine Polizia. Questo va stigmatizzato: sono anni che abbiamo inciso sui fenomeni estorsivi e non è concepibile che ancora oggi si consideri l’azione della criminalità organizzata come un’azione di protezione. L’unica protezione consentita è quella dello Stato”.

Pizzo: le cifre delle estorsioni

Una ventina circa le attività commerciali che, per anni, avrebbero versato il pizzo con cadenza regolare: gli investigatori hanno stimato che il sodalizio mafioso incassasse circa 250 euro al mese da ogni singolo soggetto. A contribuire fattivamente all’attività di indagine e la successiva operazione di polizia, sono state le denunce di alcuni imprenditori che, stanchi di subire, hanno raccontato tutto. In altri casi, invece, alcuni commercianti hanno preferito tacere o dichiarare il falso per cui sono in atto delle indagini.

Le indagini

Il provvedimento nasce da una lunga indagine scaturita dalla richiesta di pizzo nei confronti del titolare di un ristorante catanese, minacciato di ricevere ritorsioni se non avesse pagato la “protezione”. Allo stesso erano state anche recapitate due cartucce, segno inequivocabile di minaccia. Secondo le indagini della Squadra mobile, a recapitare i proiettili sarebbero stati due dei soggetti arrestati – Nunzio Mammino e Alessandro Di Stefano. riconducibili alla cosiddetta Squadra di Lineri, i cui capi storici sarebbero Giuseppe Pulvirenti, detto “u Malpassotu” e il suo genero Giuseppe Grazioso detto Pippo.

Le indagini hanno altresì permesso di ricostruire l’organigramma della consorteria mafiosa, al cui vertice sarebbe Girolamo Rannesi, coadiuvato dai fratelli Salvatore e Giuseppe e dall’affiliato Alfio Currao. Sarebbero inoltre stati individuati anche i gregari dell’organizzazione che avrebbero avuto i compiti “esecutivi”, come riscuotere le estorsioni o minacciare, attraverso rapine o atti intimidatori e che sarebbero stati sotto il comando di Giuseppe Donato, braccio destro di Girolamo Rannesi, la cui officina pare fosse il quartier generale.

La “carta delle estorsioni”

Erano fiorenti gli affari del clan. Per anni, grazie anche alla fama di criminali, sarebbero riusciti a estorcere denaro a numerosi imprenditori. Nel corso delle indagini, è stata rinvenuta la cosiddetta “Carta delle estorsioni” contenete l’elenco delle attività commerciali taglieggiate, con tanto di cifre maschrate da numeri dell’enalotto.

Il provvedimento è restrittivo ha colpito anche i beni patrimoniali dell’organizzazione, disponendo il sequestro di un’attività commerciale, fittiziamente intestata a soggetti di comodo ma che di fatto sarebbe riconducibile alla famiglia Rannesi nonché autoveicoli nella disponibilità dei soggetti organici alla consorteria mafiosa.

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