Polo industriale di Siracusa, componente vitale dell’economia nazionale - QdS

Polo industriale di Siracusa, componente vitale dell’economia nazionale

redazione

Polo industriale di Siracusa, componente vitale dell’economia nazionale

mercoledì 13 Aprile 2022

Dal presidente di Confindustria Siracusa Diego Bivona l’appello al Governo, condiviso da forze politiche e sindacali. Si punta a revisionare il Pnrr per pianificare il processo di decarbonizzazione

Il Polo industriale di Siracusa è fondamentale non soltanto per la Sicilia ma anche per tutto il Paese e il rischio di una crisi derivata dall’aumento dei costi dell’energia e da una transizione che a volte non è completamente sostenibile mette in agitazione aziende, associazioni di categoria e politica. Il tema è stato discusso nell’ambito dell’evento Ecomed – Progetto Comfort, svoltosi nei giorni scorsi alle Ciminiere di Catania. Un confronto cui hanno preso parte rappresentanti del mondo produttivo, della politica e dei sindacati.

Claudio Geraci
Diego Bivona
Filippo Scerra
Giovanni Cafeo
Mimmo Turano
Rosario Pistorio
Sebastiano Cappuccio
Sergio Corso
Stefania Prestigiacomo

“Le grandi aree industriali siciliane – ha dichiarato Diego Bivona, presidente Confindustria Siracusa – sono una parte essenziale dell’economia siciliana: rappresentano oltre il 50% dell’export isolano, il 40% del raffinato italiano e danno lavoro a 15mila famiglie. Numeri che sono in diminuzione anche a causa della mancanza di una politica energetica del nostro Paese”.

Secondo il presidente di Confindustria Siracusa, per cercare di cogliere l’allarme dato dalle aziende del settore è necessario “revisionare il Pnrr per consentire alle aree industriali di essere incentivate a proseguire la fase di decarbonizzazione”. La proposta di Bivona è proprio quella di creare, di concerto con aziende, politica regionale e nazionale, “un documento da indirizzare al Governo per recuperare il danno arrecato e dare una prospettiva al settore”.

Prospettiva che potrebbe essere difficile da individuare se non si agisce tempestivamente. “Il fabbisogno di energia – ha spiegato Rosario Pistorio, ad di Sonatrach – aumenterà e il petrolio costituirà almeno il 25% dell’energia primaria globale. I prodotti petroliferi saranno ancora al 70%. In questo scenario i carburanti liquidi rappresentano un’alternativa. Ma se andiamo a guardare il Pnrr, tutta la parte dei combustibili liquidi oggi è fuori. Lo Stato continua a chiedere a un settore in ginocchio trecento milioni di contribuzioni per l’abbassamento delle accise”.

L’uscita da questa impasse, ovviamente, non è possibile se aziende, parti sociali e istituzioni non collaborano per una soluzione comune avendo ognuno il suo ruolo. “La capacità che dovremmo avere – ha chiosato Claudio Geraci, vice direttore generale della Isab-Lukoil – è quella di governare questa fase di transizione energetica avendo chiara la direzione che vogliamo prendere. Per fare ciò dobbiamo pianificare”.

Una pianificazione che alcuni stanno già progettando. Un esempio concreto sono lo sviluppo di tecnologie in grado di catturare la CO2 dall’aria per la creazione di combustibili liquidi. “La CO2, che oggi è la nostra disgrazia – ha spiegato Sergio Corso di Sasol Italy – domani potrà essere un grande valore, perché ci sono tecnologie per fare combustibili liquidi neutri carbonicamente, che per funzionare hanno bisogno in ingresso di CO2 e idrogeno. Quindi non c’è il problema della CO2 perché noi la catturiamo e la usiamo con queste tecnologie. Il problema è che questo va capito, va supportato perché sono tecnologie molto costose e dunque vanno migliorate”.

A questa pianificazione della svolta green, si aggiunge la necessità dell’Italia di avere un mix energetico e non di affidarsi soltanto ad un tipo di energia che sia essa solare o eolica. Necessità che può essere colmata solamente dalle raffinerie. “In questi anni – ha aggiunto Geraci – si è pensato che la sostenibilità fosse solo ambientale. Ma non è così, la sostenibilità deve essere anche economica e sociale. Con l’attuale approccio alla transizione ecologica le raffinerie non hanno vita”.

Una prospettiva estremamente buia che, tuttavia, ritrae una situazione che, soprattutto nel polo industriale di Siracusa, potrebbe divenire realtà anche se solamente un’azienda entrasse in crisi. “Nel polo di Siracusa – ha spiegato ancora Corso di Sasol Italy – tutte le aziende sono molto legate e se qualcuno chiude il rischio di crisi generale è alto”.

Proprio per questo motivo la politica dovrebbe intercettare le istanze di aziende preoccupate per il futuro sostenibile dell’industria siciliana. In questo contesto, l’istituzione dell’Area di crisi industriale complessa presso il polo di Siracusa si palesa come necessaria in quanto porterebbe risorse significative a un settore altamente strategico per l’Isola. Istituzione per cui il Governo regionale retto da Nello Musumeci si è già attivato, pur non avendo avuto (nonostante le scadenze dei termini) una risposta concreta.

“Ci sono delle azioni strategiche – ha detto l’assessore alle Attività produttive della Regione siciliana, Girolamo Turano – che abbiamo portato avanti e oggi vediamo gli impegni che dobbiamo assumerci per farle funzionare. Sei mesi fa, dopo un lavoro di quattro mesi, abbiamo sottoscritto un documento come quello dell’Area di crisi complessa di Siracusa e abbiamo alzato la voce. Dopo l’approvazione di quel documento non abbiamo avuto nessuna risposta dal ministero dello Sviluppo economico”.

Intanto però, in Parlamento c’è anche a chi pensa già ad altre soluzioni. “In questa fase – ha dichiarato il deputato nazionale Filippo Scerra (M5s) – serve un intervento dell’Ue che sia immediato e che vada a incidere sul settore energetico: un Recovery energetico. Le aziende del settore stanno soffrendo e la mia presenza vuole dimostrare la sensibilità verso questo settore strategico e complesso. Bisogna capire come affrontare la transizione ecologica in questo settore garantendo tutte le componenti della sostenibilità. Non possiamo permetterci un disagio sociale a Siracusa che potrebbe essere causato dal fatto che un’azienda possa chiudere facendo collassare l’economia. La politica deve riuscire a fare sintesi tra le istanze delle aziende e gli obiettivi che ci siamo dati a livello europeo”.

Sintesi che è stata già, per certi versi, messa in atto attraverso mozioni ed emendamenti di Scerra e di Stefania Prestigiacomo, deputata nazionale di Forza Italia. “Gli obiettivi europei – ha dichiarato la parlamentare forzista – non sono in discussione e non si possono modificare. Tuttavia, questi obiettivi devono essere accompagnati da politiche di sostegno che ancora non vediamo perché le iniziative assunte dall’Ue sono molto limitate. Un problema che non riguarda solo il settore della raffinazione, ma tutta l‘industria pesante. Dobbiamo mettere in campo risorse importanti. L’Ue ha messo in campo un fondo per la transizione giusta a cui l’Italia ha avuto accesso per una piccolissima quota. Il resto dei soldi si trovano nel Pnrr, non ci sono altre risorse in campo. Si parla di un decreto Pnrr che dovrebbe fare il governo, ma sono preoccupata perché non so se questo intervento possa realmente venire incontro alle problematiche delle raffinerie. La mozione che abbiamo presentato chiede proprio di avere un momento di sintesi guidato da palazzo Chigi. L’impatto di una crisi sarebbe pesantissimo e non ce lo possiamo permettere”.

La politica ha quindi ampiamente condiviso l’appello degli industriali e anche dall’Ars sono arrivate prese di posizione molto chiare. Per il parlamentare regionale della Lega, Giovanni Cafeo, “le aziende sono pronte alla riconversione e al nuovo scenario economico prospettato dai Paesi dell’Unione europea, che prevede l’abbattimento delle emissioni da Co2 e il settore della raffinazione, che nel Petrolchimico di Siracusa assorbe più di 7.500 persone tra lavoratori diretti e dell’indotto, ha le risorse per raggiungere questo obiettivo. Ma deve essere messo nelle condizioni di pianificare e programmare gli investimenti. Nel Pnrr il Governo nazionale non ha previsto aiuti specifici per la raffinazione, ma c’è l’opportunità del Patto per la raffinazione che consentirebbe al settore di poter usufruire di risorse necessarie. Non si può immaginare la transizione ecologica senza l’intervento diretto dello Stato, sia in termini di progettualità che di finanziamenti”.

La crisi, dunque, può e deve essere superata, anche per salvaguardare i livelli occupazionali. “Il tema dell’industria in Sicilia – ha detto il segretario regionale della Cisl, Sebastiano Cappuccio – è un tema che si affronta da vent’anni, ma mai in termini strategici. C’è bisogno di un modello più partecipativo e strutturato che compatti imprese, parti sociali e istituzioni”.

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