L’opera sparita dal Recovery fund, il Governo assicura che si farà, ma rinvia la realizzazione alle calende greche. I deputati di Fratelli d’Italia all’Ars contro il viceministro, Nuovo studio di fattibilità? “Torniamo agli anni ‘70”
Dietro l’ennesima occasione sprecata per il Ponte sullo Stretto ci sono nomi e cognomi di politici siciliani che devono assumersi fino in fondo la responsabilità del loro fallimento. Il ministro “contro il Sud”, Giuseppe Provenzano, il viceministro alle Infrastrutture, Giancarlo Cancelleri, il senatore di Italia Viva, Davide Faraone, non sono stati in grado di difendere (o peggio, non hanno voluto) l’inserimento della fondamentale opera all’interno della bozza del “Piano nazionale di ripresa e resilienza”, nella quale vengono indicati progetti per quasi 209 miliardi di euro (di cui circa una ventina destinati alla Sicilia) da finanziare attraverso lo strumento europeo noto come “Recovery fund”.
Una classe politica meridionale che, nel segno della tradizione passata, continua a negarci un’infrastruttura attesa da oltre cinquant’anni, per la quale già sono stati sperperati centinaia di milioni di euro. “Si può fare in un momento successivo, con un altro strumento”, spiega il segretario siciliano del Pd Anthony Barbagallo, recitando il solito copione della infinita telenovela ambientata tra Scilla e Cariddi: prima o poi si farà, ma non oggi.
Ed è lo stesso spartito seguito dal pentastellato Cancelleri, che nell’intervista rilasciata ieri a Mario Barresi su “La Sicilia” sembra cadere dalle “nubi”: “Non inserirlo nel Recovery non significa non volerlo fare. La scelta politica del Governo, semmai, è proprio quella di farlo, finalmente, il Ponte”. Finalmente un tubo, verrebbe da esclamare. Perché, stando a quanto affermato dal viceministro nisseno e dagli esponenti della maggioranza, si dovrà attendere un nuovo fantomatico tavolo tecnico con “esperti di alto profilo” che dovranno esaminare la sfilza di proposte che il Governo Conte ha incamerato per fare il Ponte, o forse per non farlo. Tra queste, c’è nientedimeno che il progetto per un tunnel subacqueo ancorato al fondo, ribattezzato con il nome del povero Archimede (Eureka!).
Per trovare la soluzione più opportuna sono stati appostati, annuncia sempre Cancelleri, circa 50 milioni nella Legge di Bilancio, una somma enorme che si andrà ad aggiungere dunque a quei 300 milioni di euro spesi fino al 2011, secondo la Corte dei Conti, dalla vecchia società Stretto di Messina Spa e ai venti milioni che negli ultimi dieci anni sono serviti per tenerla in vita, pagando tra l’altro il liquidatore, i dipendenti e il collegio dei revisori.
Si continua, insomma, a sprecare tempo e denaro. Su tutte le furie l’assessore regionale alle Infrastrutture, Marco Falcone, che parla della estromissione – “maturata fra slogan e vere e proprie prese in giro, dal tunnel alla funivia dello Stretto” – come il “più grave fra gli schiaffi inferti dal Governo Conte ai sogni e alle necessità della Sicilia e dell’intero Mezzogiorno d’Italia”.
Ma per il segretario regionale della Lega, Stefano Candiani, il Governo Musumeci non è esente da responsabilità: “Presentare una proposta di piano frammentata per rincorrere singoli piccoli progetti senza visione strategica ha dato l’alibi al governo Conte per scartare praticamente tutta la proposta regionale. Oggettivamente la Regione siciliana ha perso un’occasione”.
“Avevo già ammonito in altre sedi – continua Candiani – sul fatto che il piano proposto dalla Sicilia fosse poco concreto e non aderente alle finalità del Recovery e con una inspiegabile esclusione della parte meridionale dell’Isola eppure si è preferito andare avanti presentando al governo nazionale un documento dove si andava palesemente ‘fuori tema’ ed è chiaro che in questo contesto a Roma hanno avuto gioco facile nel far scomparire il ponte sullo Stretto e inserire opere già in gran parte finanziate come la velocizzazione ferroviaria Pa-Ct-Me”.
La “scusa” del Governo nazionale è, infatti, il solito discorso senza senso delle “ben altre priorità” per la Sicilia. Secondo l’economista Pietro Busetta, intervistato lo scorso 10 ottobre dal QdS, “a proposito di chi dice che prima bisogna fare le altre infrastrutture io rispondo che anche se la Sicilia fosse un deserto disabitato, il Ponte andrebbe fatto lo stesso. Per l’Italia, per intercettare i traffici che arrivano dal canale di Suez che oggi vanno fino a Rotterdam con un inquinamento del Mediterraneo intollerabile”.
Busetta definiva il recovery “l’occasione propizia per realizzare l’Alta velocità da Salerno ad Augusta. Compreso il Ponte che costa solo tre volte la Bergamo-San Candido in Alta velocità ferroviaria, fatta per le Olimpiadi invernali di Cortina, e quanto l’Expo di Milano”. Ponte indispensabile anche per Adriano Giannola, presidente Svimez, che lo scorso 2 dicembre al nostro giornale aveva spiegato come “la struttura si può costruire in due o tre anni” ed è “da folli ragionare sul tunnel”.
E intanto, mentre in Italia si continua a discettare sul nulla, in Gran Bretagna il premier Boris Johnson pensa alla progettazione di un ponte – questo sì mastodontico – che dovrebbe collegare Scozia e Irlanda del Nord. Un ponte lungo 45 km per il quale sono già stati chiesti gli studi (costo previsto 50 miliardi).
Parla l’assessore alle Infrastrutture della Regione Calabria, Domenica Catalfamo
“Metodologia Mit ci riporta indietro, esiste già un progetto cantierato”
L’assessore alle Infrastrutture della Regione Calabria, Domenica Catalfamo, ha partecipato ieri mattina al gruppo di lavoro del ministero delle Infrastrutture che dovrà valutare le proposte progettuali per la realizzazione di un attraversamento stabile dello Stretto di Messina. Ne dà notizia un comunicato dell’ufficio stampa della Giunta regionale.
“Una riunione in videoconferenza, coordinata da Giuseppe Catalano, presidente della struttura tecnica di missione del Mit – si aggiunge – per ascoltare le proposte e le osservazioni delle Regioni Sicilia e Calabria e dei Comuni di Messina e Reggio Calabria sugli aspetti tecnici e, in particolare, sulle esigenze di connessione alle reti di trasporto locali della nuova infrastruttura”.
“Si è trattato – ha spiegato l’assessore Catalfamo – di un aggiornamento tecnico rispetto a un’audizione del gruppo di lavoro che si è tenuta nei giorni scorsi. Dall’interlocuzione odierna, la Regione Calabria ha sicuramente tenuto un’impostazione molto simile a quella della Regione Sicilia. È stato infatti evidenziato, in modo deciso, che la metodologia fin qui seguita dal Mit ci può riportare indietro rispetto a percorsi che, invece, davamo per conclusi. Abbiamo ribadito che un progetto dell’attraversamento sullo Stretto già esiste ed è un progetto cantierato, non cantierabile. Questo l’abbiamo messo più volte in evidenza”.
“L’attuale impostazione del Mit – ha continuato – parla ancora di analisi benefici-costi o costi-utilità, riprendendo e riapprofondendo alcuni aspetti inerenti alla mobilità e agli aspetti urbanistici. Pensiamo di avere fornito ogni elemento, in totale sintonia con la Regione Sicilia, per chiarire quella che è la nostra posizione. Allo stesso tempo, abbiamo ritenuto di non sottrarci a una prosecuzione di questo tipo di interlocuzione, inviando al Mit una scheda di sintesi, convinti che le nostre posizioni potranno essere ulteriormente più incisive rispetto al percorso già intrapreso dal Governo”.
“Tra le varie tematiche – ha detto ancora Catalfamo -, abbiamo ribadito, in maniera determinata, che tutto il ragionamento sul progetto del collegamento sullo Stretto non può fare a meno dello studio di fattibilità sull’alta velocità e alta capacità, rispetto ai quali il ministro, qualche mese fa, aveva garantito che sarebbero stati presentati entro i primi mesi dell’anno. Studio di fattibilità che non può prescindere dall’attraversamento dello Stretto, che è parte integrante del corridoio 5 europeo”.
I deputati di Fratelli d’Italia all’Ars contro il viceministro
Nuovo studio di fattibilità? “Torniamo agli anni ‘70”
“Crediamo che le azioni del governo Conte e le parole, per bocca del suo plenipotenziario nell’isola, il vice ministro Cancelleri, sui progetti del Recovery fund, certifichino la loro inadeguatezza, incapacità e arroganza nel gestire la cosa pubblica e in particolare nel promuovere lo sviluppo della Sicilia. Con questa programmazione miliardaria dei fondi previsti dall’Ue, alla fine hanno partorito un topolino per i siciliani”. Lo dichiarano in una nota i deputati del gruppo di Fratelli d’Italia all’Ars.
“Cancelleri annuncia che hanno cassato le opere senza progetti esecutivi già pronti – aggiunge la capogruppo Elvira Amata – perché lo chiede l’Ue. Di progetti esecutivi in Sicilia abbiamo solo quello del Ponte sullo Stretto, ma invece di intervenire con una variante progettuale per adeguarlo alle nuove tecniche, che fanno a Roma? Lo cassano, e il viceministro ha anche l’ardire di dichiarare che hanno stanziato 50 milioni di euro per, udite udite, uno studio di fattibilità, riportandoci indietro così allo stato iniziale della fine degli anni ‘70, all’epoca dei governi democristiani”.
“L’esponente grillino sostiene che si prevedono 20 miliardi destinati alla Sicilia, ma di questi 8, quasi la metà, sono solo per il raddoppio dei binari ferroviari Palermo Catania Messina, peraltro già finanziato con altre risorse – sottolinea -. Dell’alta velocità, che è cosa diversa, nemmeno l’ombra, e quindi, senza neanche il Ponte, il tanto agognato completamento del corridoio Berlino-Palermo è già azzoppato. Di questo strombazzato ‘piano Marshall’, i siciliani non percepiranno alcuna reale opera. Non sappiamo se invece sarà così anche per altre aree del paese, che le grandi infrastrutture, dalla Tav al Mose, le hanno viste realizzate. I parlamentari di Fratelli d’Italia a Roma faranno la loro parte, così come i colleghi del centrodestra, fino a chiedere le dimissioni di questo governo”.
“Lanciamo un appello ai parlamentari siciliani della maggioranza – conclude Amata – che finora non hanno alzato un dito per fare gli interessi della nostra terra, nella speranza che abbiano un moto d’orgoglio a difesa dei siciliani ed esprimano il loro dissenso su questa programmazione dei fondi fatta da Conte”.