Per i 5 mila Asu si apre la possibilità di poter transitare in altri uffici su esplicita richiesta. Se ci sarà una convenzione tra Comuni sarà possibile lo spostamento del personale
PALERMO – Non si può più aspettare: il dipartimento regionale del Lavoro ha comunicato che “i soggetti in Asu potranno far pervenire al Dipartimento la richiesta di assegnazione ad ente, diverso da quello originario, presso il quale sono in attività socialmente utili, in virtù di convenzioni o protocolli tra i due enti”.
Si potrà richiedere il passaggio in un ulteriore ente anche in virtù della sola disponibilità resa dal terzo ente. Le istanze dovranno giungere entro maggio prossimo con l’indicazione dei dati anagrafici del richiedente e degli enti coinvolti. Il comunicato specifica come le nuove assegnazioni possano essere richieste solo per enti diversi dall’amministrazione regionale e dai propri enti.
Al momento non ci sono dati parziali, anche perché le varie istanze solo alla conclusione del termine saranno esaminate. Considerando che ancora c’è molto tempo, al momento sono pochissime le domande inoltrate: “In tutte le ipotesi che precedono le nuove assegnazioni – precisa la dirigente generale del dipartimento Lavoro Francesca Garoffolo – possono essere richieste solo presso enti diversi dall’amministrazione regionale e dai propri enti di appartenenza”.
Il nuovo ulteriore passaggio segue la precedente circolare dell’assessorato regionale della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro, che ha prescritto la necessità di scegliere, per i lavoratori socialmente utili finanziati con fondi a carico del bilancio regionale, potranno scegliere se permanere nel settore o optare per la fuoriuscita definitiva dal bacino di appartenenza a fronte della corresponsione di una indennità omnicomprensiva di importo corrispondente a 5 anni dell’assegno di utilizzazione in Asu, da ricevere in rate annuali.
Queste misure sono applicabili unicamente ai soggetti per i quali il numero di anni necessari al raggiungimento dei requisiti di pensionabilità non è inferiore a dieci. Per rendere il piano attuabile, gli enti che utilizzano tali lavoratori hanno aggiornato il piano di fuoriuscita, pena l’avvio delle procedure di decadenza dell’ente utilizzatore da tutti i benefici previsti dalla normativa vigente in materia di lavori socialmente utili.
In tal modo è possibile concretizzare la programmazione necessaria in un piano che potrà comunque successivamente essere modificato ed integrato, nel caso in cui intervenissero nuove possibilità che possono agevolare la fuoriuscita dal bacino dei lavoratori destinatari delle misure.
Il passaggio successivo alla istituzione della “Sezione Esuberi-Asu”, all’interno dell’Elenco Unico Regionale, è appunto il “piano di utilizzo e di fuoriuscita dei precari Asu” e per “l’individuazione dei nuovi enti utilizzatori” per quei lavoratori che siano rimasti privi di un ente di riferimento, in modo da garantire la continuità occupazionale.
A vigilare sulla corretta attuazione delle richieste degli uffici regionali saranno gli ispettorati territoriali del Lavoro e i Centri per l’Impiego, nell’ambito delle rispettive competenze. Gli Asu sono in 6 mila in tutta l’Isola e vivono letteralmente in un limbo: non hanno un contratto, non godono di ferie e malattie, praticamente continuano a essere lavoratori in nero legalizzati dalle istituzioni. Hanno avuto accesso alle Pa siciliane senza concorso, quindi anche in contrasto con la Costituzione.
Il loro stipendio è interamente a carico della Regione. Sono nati, e continuano ancora ad avere questo profilo professionale, come supporto agli impiegati. Non avendo un contratto infatti non possono svolgere alcune mansioni perché per loro non sono previste indennità accessorie come, ad esempio, il “rischio” o il “disagio”. In pratica, però, questi lavoratori gestiscono servizi essenziali. E non ci sono solo loro: il bacino dei precari è costituito da 18 mila Lsu, lavoratori socialmente utili, collocati negli enti locali, 700 contrattisti della Regione, 3 mila Pip (Piani di Inserimento Professionale), mille operai dei Consorzi di Bonifica, per non parlare degli oltre 8.000 operatori della formazione professionale.