Alla fine la protesta è arrivata anche a Roma, a due passi dal Governo, ed è diversa da quella nata in Francia o in Germania: il commento.
Alla fine il trattore arrivò a Roma. Meno compatto, meno ribelle, meno gallo-germanico, più latino. I trattori italiani e il mondo primario, antico, ancestrale che gli sta dietro a volte non ha nemmeno la benzina per le marce di protesta, soprattutto al Sud. Quello che colpisce dai video europei è la differenza di omogeneità.
I trattori francesi e tedeschi sembrano quasi tutti uguali, a volte dello stesso colore, come delle squadre di calcio, Paris Saint Germain o Bayern Monaco, sono lucidi e fiammanti. Quelli italiani sono tutti diversi, di anzianità differente, poco lucidi e non certo brillanti. L’agricoltura italiana è disomogenea, ricca a volte al Nord e povera e scalinata, se no non ci sarebbe l’esercito di forestali assistiti, al Sud.
In Francia e Germania han ceduto alla protesta dei governi liberal socialisti, in Italia uno di destra. Perché la lotta dei trattori non è ideologica, o almeno ha altre basi. È la lotta del Glocal contro il Global, del cibo fondato sul lavoro delle famiglie contro quello delle schiavitù o delle multinazionali. Un mondo arcaico con temi, valori, resistenze in alcuni casi e un mondo governato da logiche finanziarie e di sfruttamento. Sia che questo sfruttamento sia capitalista o comunista, come ci ha insegnato lo sterminio di 20 milioni di contadini russi da parte di Stalin. E la lotta dell’uomo, la sua resistenza, a volte dove c’è più soddisfazione resilienza, contro un Ordine mondiale che vuole cambiare la sua vita e il suo ecosistema. L’arma del nuovo Ordine sarà il cambiamento climatico, che terrorizzerà gli agricoltori europei come ha già fatto in altri continenti. Lì la tensione tra governi e mondo primario non sarà più sull’aumento dei costi o delle tasse, ma sul crollo dei ricavi. L’Europa? Non ci ha capito una vanga.
Così è se vi pare.