Tante novità per le pensioni del 2023, dalla rivalutazione dei trattamenti a Quota 103: sono diverse le misure elaborate dal governo Meloni per quanto concerne l'uscita dal mondo del lavoro
Considerato il periodo di crisi economica che stiamo attraversando, con vere e proprie impennate dell’inflazione, il primo punto sul quale l’Esecutivo è voluto intervenire è l’adeguamento dei trattamenti pensionistici. In attesa della riforma strutturale delle pensioni, il governo Meloni, in legge di Bilancio ha fatto quattro interventi temporanei validi per un solo anno, ovvero:
- la sostituzione di quota 102 (64 anni di età e 38 di contributi) con quota 103 (62 anni di età e 41 di contributi);
- una nuova versione di “opzione donna” con l’incremento dell’età pensionabile a 60 anni, che rimane a 58 anni solo per le donne con due figli;
- l’aumento delle pensioni minime da 574 euro mensili a 600 euro per i pensionati con più di 75 anni. Il tutto finanziato con il taglio della rivalutazione delle pensioni superiori a 2.100 euro mensili.
Ma trovare la quadra, tra maggiore flessibilità nei tempi di uscita dal lavoro e esigenze di sostenibilità dei conti pubblici non sarà semplice. Intanto, ecco quello che sappiamo oggi, in attesa degli sviluppi previsti per quest’anno, per la rivoluzione, con la erra maiuscola, del mondo delle pensioni.
La rivalutazione degli assegni
Partiamo, dalla rivalutazione in base all’inflazione che è stata fissata, come ormai noto, al 7,3%.
Le percentuali stabilite sono progressive e il 100% verrà garantito solo alle fasce con reddito più basso, vale a dire quelle pensioni fino a 4 volte il trattamento minimo Inps (2101,52 euro lordi al mese).
Si scende all’85% per gli assegni compresi tra 4 e 5 volte il minimo (2.101/2.627 euro lordi al mese), al 53% per quelli tra 5 e 6 volte il minimo, al 47% per quelli tra 6 e 8 volte il minimo, al 37% per quelli tra 8 e 10 volte il minimo e al 32% per le pensioni oltre 10 volte il minimo (superiori, cioè a 5.250 euro).
Questa nuova determinazione, di fatto, sancisce la fine dei tre scaglioni che prevedevano l’applicazione del 100% per i trattamenti fino a 4 volte il minimo, del 90% per i trattamenti fino a 5 volte il minimo e del 75% per tutti quelli superiori a tale soglia.
Cambiano i parametri
Per quanto riguarda le pensioni minime, dopo la perequazione, esse passeranno dai 525,38 euro mensili del 2022 ai 563,73 euro al mese del 2023.
Con l’aggiunta in legge di Bilancio di un ulteriore 1,5% al 7,3% si raggiungerà la cifra di 571,61 euro. Tale somma sarà garantita a tutti i percettori di pensioni minime, indifferentemente dalla loro età anagrafica. Per gli over 75, invece, l’assegno raggiungerà i 600 euro al mese, ovvero all’incirca 29 euro in più rispetto al trattamento riconosciuto a tutti gli altri percettori.
Aumentano anche la pensione sociale, che s’incrementa fino a 414,76 euro mensili, per un totale di 5.391,88 all’anno, e l’assegno sociale, che raggiunge i 503,27 euro al mese (6.542,51 annui).
Aumentano anche i limiti reddituali individuali previsti per l’ottenimento della pensione sociale (5.391,88 euro, 18.577,24 per il reddito coniugale) e per l’assegno sociale (fino a 6.542,51 quello individuale, e fino a 13.085,02 euro quello coniugale).
La perequazione viene riconosciuta anche a pensioni e assegni destinati a mutilati, invalidi civili, ciechi civili e sordomuti. Aumentano del 5,1% anche i limiti reddituali previsti per l’ottenimento di suddetti benefici.
“Quota 103”, requisiti per la pensione anticipata
Cosa prevede quota 103 con la legge di Bilancio
Cosa serve, quindi, per andare in pensione nel 2023? La Legge di Bilancio è stata approvata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 303 del 29 dicembre. Nel testo della legge n. 197/2022 sono presenti diverse novità per le pensioni 2023.
In attesa di una riforma complessiva, che dovrebbe arrivare nel corso dell’anno, e per evitare il rientro in vigore della Legge Fornero (pensione a 67 anni e 20 di contributi, oppure con 42 anni e 10 mesi di contributi), a partire da gennaio 2023, viene introdotto il nuovo meccanismo per l’uscita anticipata.
Chi potrà andare in pensione nel 2023
Le riforme previdenziali si completano con Quota 103. Partendo dal fatto che per accedere alla pensione di vecchiaia bisognerà aver compiuto 67 anni, la legge di Bilancio ha introdotto uno scivolo che permetterà l’uscita anticipata dal mondo del lavoro con un meccanismo che prevede il raggiungimento di almeno 62 anni di età e 41 di contributi: secondo le stime dell’esecutivo, tale possibilità dovrebbe riguardare circa 50mila lavoratori italiani.
Non è comunque l’unica novità in campo pensionistico di questo anno appena iniziato. La manovra di bilancio, infatti, ha aumentato le pensioni minime per gli over 75 a 600 euro al mese, ha rimodulato le percentuali di rivalutazione delle pensioni rispetto all’inflazione (la rivalutazione piena spetta solo a chi ha un assegno fino a 4 volte il minimo, poi parte il decalage), ha introdotto una stretta per Opzione donna. Ecco di cosa si tratta.
Come cambia Opzione donna
Una platea molto più ristretta e la variabile figli. L’anticipo pensionistico rimane a 60 anni e 35 anni di contributi, ma l’età di uscita è riducibile di un anno per ogni figlio e nel limite massimo di due anni.
La misura però è prevista però solo per tre categorie di lavoratrici: caregiver, invalide almeno al 74% e licenziate o dipendenti da aziende in crisi.