Regione, deludente riforma della burocrazia - QdS

Regione, deludente riforma della burocrazia

Carlo Alberto Tregua

Regione, deludente riforma della burocrazia

sabato 22 Giugno 2019

Premiati funzionari che demeritano

La lettura della legge di riforma della burocrazia siciliana (7/19) di 38 articoli, francamente ci ha lasciato delusi.
Comprendiamo che non si possa fare la rivoluzione, però, seppure con dosaggi bassi, dovevano essere inseriti i due valori fondamentali che dovrebbero essere sempre presenti in una qualunque pubblica amministrazione: il Merito e la Responsabilità.
La ministra della Pa, Giulia Bongiorno, nella sua riforma ha decantato il nuovo obbligo che essa comprenderebbe di registrare le presenze di dipendenti e dirigenti in entrata e uscita mediante apposizione di impronte digitali. Poi, ha aggiunto, penseremo all’iride.
Né la ministra, né l’Assemblea regionale, nella legge in esame, hanno invece previsto l’essenza del buon funzionamento di una Pa: che cosa ogni dipendente o dirigente debba fare, in quale tempo e con quale Produttività. Nella Lr 7/19 non sono presenti parametri di misurazione né quantitativi né qualitativi, ai quali commisurare l’attività di chi produce servizi pubblici.


Quando mancano i misuratori non si può comprendere chi lavora bene e chi lavora male, chi lavora poco e chi lavora tanto, chi è premiabile e chi sanzionabile. Insomma, tutti nel calderone, per cui nessuno è in condizione di distinguere il grano dal loglio.
Sono previsti tempi apparentemente brevi per evadere le richieste di cittadini e imprese, ma subito dopo vi è una serie di deroghe che allungano questi tempi, con la conseguenza che un procedimento può non finir mai e nessuno ne risponde, neanche il responsabile.
È vero che in ogni passaggio è previsto un termine mediamente di 30 o 60 giorni, ma è anche vero che esso può essere prolungato ad libitum con una serie di eccezioni. Non solo, ma non sono inseriti i meccanismi di penalizzazione per chi non osserva tali termini, per quanto blandi, o chi non va a terminare con precisione la fine del processo.
Poi abbiamo osservato una stranezza, l’articolo 35 abroga la legge 10/91. Però mantiene in vita tutti i regolamenti emanati in attuazione dell’art 2 comma 2 bis e 2 ter, che sono una sfilza infinita e ovviamente non sono idonei a far funzionare la macchina ai nostri giorni, essendo trascorsi 28 anni dall’emanazione degli stessi.

La legge non ha previsto l’utilizzo obbligatorio ed esclusivo delle strade digitali per i rapporti con cittadini, imprese ed altre amministrazioni, che detengono l’indirizzo di Posta elettronica certificata e per questo sono iscritti all’Ini (Indice nazionale degli indirizzi Pec). Ovviamente da questo obbligo sarebbero stati esclusi quei cittadini che non hanno la Pec nei confronti dei quali, purtroppo, bisogna continuare a usare la cartaccia.
La riforma non prevede neanche l’obbligo di utilizzare i dati in possesso di altre amministrazioni di qualunque livello senza necessità di chiederle a imprese e cittadini. Il che significa che questi ultimi dovranno continuare a portare vagonate di carte. L’obbligo esiste già in base a una legge nazionale, ma sarebbe stato opportuno confermarlo in questa “riforma”.
La legge prevede un certo numero di decreti presidenziali attuativi, ma non sempre i termini tassativi entro i quali emetterli.
Sappiamo che nel nostro Paese i cosiddetti termini sono stati ripartiti fittiziamente in “ordinatori” e “perentori”. Significa che i primi possono essere tranquillamente superati, i secondi no.


Non è una questione di lana caprina quella dei termini, caso unico in Europa, ove una scadenza è una scadenza e deve essere rispettata. Da noi, anche nei processi, i termini cosiddetti ordinatori possono essere tranquillamente superati e nessuno ne risponde. Sarebbe stato opportuno che la Lr 7/19 avesse inserito le sanzioni quando i termini non vengono osservati.
In una legge sulla burocrazia regionale andava inserito con grande chiarezza un sistema premio-sanzionatorio nei confronti dei dirigenti, per evidenziare il valore della responsabilità cui prima si accennava.
Inoltre, sarebbe stato opportuno prevedere, forse per la prima volta, lo strumento essenziale di una pubblica amministrazione: il Piano aziendale, di cui più volte vi abbiamo scritto e che non ripetiamo per non tediarvi.
Questo è il quadro che rientra nel lassismo generale che ha portato la nostra Regione ad avere un Pil più basso di quello del 2001. Ma di questo vi parleremo la prossima volta.

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