Renzi non ha voluto abbattere il Governo - QdS

Renzi non ha voluto abbattere il Governo

Carlo Alberto Tregua

Renzi non ha voluto abbattere il Governo

giovedì 21 Gennaio 2021

Un teatrino con tanti trucchi

Apparentemente, il Senato ha approvato, ciò significa che ha confermato la fiducia al Governo, come già fatto dalla Camera dei deputati.
Ma proviamo a guardare in trasparenza codesti numeri: 156 a favore, 140 contrari, 16 astenuti (cioé il gruppo di Renzi). Se i 16 avessero votato contro, la situazione di parità, 156 a 156, non avrebbe consentito l’approvazione del Governo.
C’è di più. Fra i 156 voti favorevoli, c’è quello di Riccardo Nencini, segretario del Partito Socialista, cioè il titolare della denominazione “Italia Viva-Psi”. è quantomeno sospetto che Nencini abbia votato a favore del Governo, in dissenso col suo collega Matteo Renzi, cui ha prestato, come si scriveva, la propria insegna.
Se Nencini avesse votato contro, insieme ai suoi amici di Italia Viva, il risultato finale sarebbe stato 155 a favore e 157 contro. Anche in questo caso, Governo battuto senza fiducia, quindi il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sarebbe stato costretto a dimettersi avanti il Presidente della Repubblica.

Senza volere arzigogolare, ma solo ragionare, ci chiediamo la motivazione di questo teatrino con tanti trucchi che ha spinto Renzi a non abbattere Conte. La risposta ci sembra evidente.
Il toscano ha interesse a tenere sotto ricatto il Governo, cui ha dimostrato di avere le chiavi per mandarlo a casa, in modo da avere una forte voce in capitolo, sia sull’impostazione del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), ma anche sulla distribuzione delle cinquecento poltrone delle partecipate che dovranno essere assegnate da qui a giugno.
Forse potrà anche avere voce in capitolo sulla scelta della personalità cui dovrà essere affidata la responsabilità del controllo sui servizi segreti.
Non vogliamo evidenziare quali altre macchinazioni vi possano essere nelle segrete stanze, ma certo un rapporto da avversari che viene mantenuto per convenienze, non fa bene al Popolo italiano, perché le scelte non sono effettuate nel suo interesse, ma in quello di coloro che le fanno.
Non sappiamo se Conte vorrà continuare in un’attività perennemente condizionata da Renzi, consapevole delle enormi difficoltà che i necessari provvedimenti legislativi troveranno per attraversare il guado delle commissioni parlamentari, soprattutto quelle del Senato.
Bisogna anche tener conto che i risicati 156 voti a favore hanno goduto dell’appoggio dei tre senatori a vita: Liliana Segre, Mario Monti ed Elena Cattaneo; oltre che di tre senatori del gruppo misto. Dunque, la situazione di questo Governo è in un equilibrio precario. Non si capisce come possa affrontare la gravissima condizione economica, ancora più grave di quella sanitaria, che è già in arrivo, come uno tsunami, sul tessuto sociale italiano.
Ormai tutti i cittadini hanno compreso perfettamente che l’interesse di questi deputati e senatori è quello di prolungare fino al 2023 la loro presenza in Parlamento, perché molti di loro non saprebbero cosa fare, non avendo un mestiere o una professione, essendo stati baciati dalla fortuna, che non si ripete.
Probabilmente, se Conte rimettesse il mandato, il presidente Mattarella nominerebbe un governo tecnico per gestire la fase fino alle elezioni di giugno (presumibilmente), un governo presieduto da Draghi o da Cottarelli o Cartabia o da altra personalità, un governo che sarebbe capace, forse meglio dell’attuale, di affrontare tale situazione.

Per un caso fortuito, sono stato il primo direttore di un quotidiano ad incontrare Giuseppe Conte, appena nominato Presidente del Consiglio. Era il primo giugno 2018, intorno alle ore 17, nei giardini del Quirinale, in occasione della Festa della Repubblica.
Era solo, mentre Salvini e Di Maio, appena nominati vicepresidenti del Consiglio, erano contornati dai loro aficionados. Mi sono avvicinato per fargli le rituali congratulazioni e ho avuto modo di scambiare delle opinioni per circa un quarto d’ora. La mia impressione fu che il neo Presidente del Consiglio avesse quasi timore del gravoso incarico, non essendo abituato allo scenario politico nel quale, per un colpo di fortuna, era stato proiettato.
Via via il professore di Foggia ha acquisito sicurezza, ha imparato i sotterfugi che vi sono nella Capitale politica, si è creato uno staff di comunicazione efficiente e sembra che abbia messo in atto un progetto per costituire un proprio partito, approfittando della buona popolarità derivatagli dal suo ruolo e dal fatto di essere sempre presente in radio, televisioni e giornali. Vedremo se continuerà e se vi riuscirà.

Un commento

  1. Maurizio ha detto:

    Ma perchè voi giornalisti continuate a considerare Renzi un genio…Non lo è, è solamente una quaglia. Una quaglia determinata, aggressiva. Magari una “quaglia assassina”, ma pur sempre una quaglia. Non c’è nessuna mossa del quadruplo cavallo carpiato dietro, solo il calcolo sbagliato di un politico che è, come tutti i politici senza consenso, sul viale del tramonto.

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