Rischio terremoti, Fiore: "Sì alle assicurazioni come in altri Paesi" - QdS

Rischio terremoti, Fiore: “Sì alle assicurazioni come in altri Paesi”

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Rischio terremoti, Fiore: “Sì alle assicurazioni come in altri Paesi”

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sabato 14 Gennaio 2023

In Sicilia circa il 50 per cento dei Comuni non è dotato di un Piano di protezione civile. Via libera alle assicurazioni come in altri Paesi.

Il Quotidiano di Sicilia ha intervistato Antonello Fiore, presidente nazionale della Società italiana geologia ambientale (Sigea), per affrontare le questioni più significative legate al rischio sismico nel nostro paese, alla cultura ed alla politica della prevenzione.

Presidente, quanto è grave il rischio terremoti in Italia e in Sicilia?

“La Sicilia come tutta l’Italia è interessata dal rischio sismico, per caratteristiche intrinseche del territorio, per caratteristiche naturali che devono essere analizzate. Questa analisi è stata fatta dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che ha redatto una mappa della pericolosità sismica, mappa che è in fase di aggiornamento ormai da diversi anni. In funzione delle sue indicazioni sulle caratteristiche dei territori e dei sismi che si possono verificare, vengono costruiti gli edifici. Uno dei problemi più seri nel nostro paese, da questo punto di vista, è che l’aggiornamento normativo è stato fatto quasi sempre a seguito degli eventi sismici. Vale a dire che, quando si verificava un terremoto, si andavano ad aggiornare la norma e il grado di sismicità. Ciò comporta il fatto che possiamo ‘dare fiducia’ a ciò che è stato progettato, realizzato ed autorizzato dopo gli aggiornamenti. Ma tutto il costruito progresso deve essere verificato. In questo processo di verifica bisogna dare priorità agli edifici pubblici o aperti al pubblico e poi alle strutture private”.

Qual è la situazione del nostro paese sul tema della prevenzione?

“Ci sono due aspetti da analizzare. Il primo riguarda la gestione del Paese e quindi l’attività di Governo, Parlamento ed Enti locali. Questi hanno il compito di individuare i fondi per la messa in sicurezza del territorio. Un altro aspetto riguarda, invece, noi cittadini e chiama in causa quella sensibilità e quella conoscenza che dobbiamo avere. Serve la consapevolezza dei rischi che corriamo e, quindi, chiedere a chi ci amministra che tutto sia fatto a regola d’arte, secondo criteri precisi e affidabili. Si tratta di un processo virtuoso che riguarda chi progetta, chi realizza, chi collauda e chi – infine – dà le necessarie autorizzazioni. Tutto parte, lo ribadisco, dalla consapevolezza dei cittadini, ed è per questo che da anni ci battiamo per l’educazione ambientale e per far sì che nella popolazione ci sia la percezione del pericolo e la capacità di auto-protezione. Ovviamente questo concetto non vale solo per i terremoti ma anche per frane, alluvioni e via discorrendo”.

Quanto sarebbe importante il contributo di figure professionali, come quelle dei geologi, negli uffici pubblici che gestiscono edilizia ed urbanistica?

“È fondamentale potenziare gli uffici tecnici comunali, regionali o preposti ai controlli con personale qualificato. Serve un cambio generazionale negli uffici pubblici, favorendo l’ingresso di ingegneri e geologi, o anche degli agronomi per quanto riguarda la gestione del territorio. Cito, a tal proposito, un documento della Corte dei Conti risalente allo scorso anno relativo al ritardo italiano sul dissesto idrogeologico. Tale documento, tra le altre cose, evidenziava che occorrono in media cinque anni per realizzare un progetto. È evidente che soprattutto i piccoli Comuni non hanno strutture e risorse adeguate per agire celermente. Serve, quindi, una catena di controllo e se questa è delegata agli Enti locali bisogna potenziarli adeguatamente. Non si tratta di un’eccessiva burocratizzazione, ma di un sistema efficace che garantisca tutti gli standard di sicurezza e quindi la realizzazione di edifici e strutture a regola d’arte. Ritengo si possa affidare questo compito ad un ente sovra territoriale che non sia influenzabile e che possa esprimere il proprio parere, verificando ed eventualmente migliorando gli interventi e i progetti”.

La ricostruzione post sisma, in Italia, è sempre stato un processo complicato, andato spesso a rilento e che – in alcuni casi – non è mai stato completato. Potrebbe essere reso più rapido ed efficace se lo stato decidesse di assicurare il patrimonio immobiliare?

“Sì, potrebbe anche essere una soluzione ma non deve diventare un diversivo alla corretta realizzazione delle opere o alla messa in sicurezza del territorio. Inoltre bisognerà capire quali saranno i premi stabiliti dalle compagnie assicurative e come valuteranno i vari edifici. Altro aspetto importante è quello legato a quanto dovrebbe corrispondere lo stato e quanto i soggetti privati a seconda delle varie tipologie di infrastrutture. Non credo sia il caso di rendere questo passaggio obbligatorio, soprattutto se pensiamo alle resistenze che ha incontrato il fascicolo del fabbricato di cui si parla da anni, verrebbe percepito come una nuova tassa. Potrebbe essere, invece, un’opzione facoltativa che dà diritto ad alcune premialità. Sarebbe, è evidente, un vantaggio anche per le compagnie assicurative perché è ovvio che certi eventi non si verificano contemporaneamente su tutto il territorio nazionale. Realtà simili esistono in altri paesi (Francia, Giappone, Stati Uniti), bisogna valutarne la fattibilità in Italia; al momento è poco utilizzato perché lo Stato ha sempre coperto i costi della ricostruzione e anche perché siamo un popolo di fatalisti. È importante, lo ribadisco, che non sia un diversivo ad altri interventi indispensabili di prevenzione, anzi incentivi la prevenzione e la consapevolezza dei pericoli territoriali di dove abbiamo costruito o acquistato la nostra casa”.

Il ministro Musumeci ha sottolineato che molti Comuni non hanno un piano di Protezione civile. Quanto è importante questo strumento?

“È importantissimo, aggiungo che non soltanto i Comuni devono dotarsi di questi piani, ma devono altresì aggiornarli periodicamente e far sì che vengano recepiti dalla popolazione. I cittadini devono conoscere il piano e devono sapere come comportarsi, quali pericoli corrono. Bene ha fatto il ministro Musumeci a sollevare la questione. I dati relativi al monitoraggio del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile dicono che sono ancora troppi i comuni Italiani a non essere dotati del Piano di Protezione Civile e in particolare in Sicilia sono circa il 50%. È fondamentale che ci sia un’accelerata sostanzialmente da parte di ogni Comune sia in termini di predisposizione che di aggiornamento di questo fondamentale strumento di prevenzione dei rischi naturali”.

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