Ristorazione, in Sicilia il settore è ormai a un passo dal tracollo - QdS

Ristorazione, in Sicilia il settore è ormai a un passo dal tracollo

Pietro Vultaggio

Ristorazione, in Sicilia il settore è ormai a un passo dal tracollo

martedì 01 Settembre 2020

Gli imprenditori del settore, con in testa Gigi Mangia, scrivono alle Istituzioni per chiedere azioni più concrete. Molte imprese dopo il lockdown, in un clima di paura diffusa, hanno preferito non riaprire,

PALERMO – Il settore ristorazione, in Sicilia, sta attraversando un periodo di crisi, dovuto ad anni pieni di burocrazia e tasse che si sommano alla recente pandemia, che ha causato uno scompenso economico generale. Al fine di sensibilizzare le Istituzioni e adottare azioni concrete, Gigi Mangia, noto imprenditore palermitano della ristorazione, ha inviato una lettera aperta al Presidente del Consiglio e ai Ministeri.

“I rappresentanti di alcune tra le sigle più significative e rappresentative del comparto agro-alimentare-turistico hanno deciso di avviare un’azione di coesione, che unisca, senza differenza di bandiere, gli interessi, la forza e la volontà di tutte le nostre imprese associate. Obiettivo cardine è quello di dare adeguato supporto a tutti coloro che oggi vivono momenti di grande difficoltà, ma anche tutelare gli interessi e le legittime aspirazioni degli oltre 150.000 operatori che lavorano nelle nostre aziende – scrive Mangia. Non vogliamo nasconderci dietro numeri che furono – continua -, non rappresentiamo più il 13% del PIL dell’Italia, ma rappresentiamo sempre la filiera che impiega il maggior numero di operatori. Molte imprese dopo più di tre mesi di lockdown, in un clima di paura diffusa, nell’incertezza delle regole hanno preferito non riaprire, confidando in una ripresa del mercato nel prossimo autunno, auspicando in misure di distanziamento meno restrittive e limitanti. Purtroppo questa speranza si fa sempre più labile e un nuovo lockdown aleggia minaccioso”.

Al fine di ottenere risultati concreti, i rappresentanti delle associazioni firmatarie hanno intenzione di chiedere due azioni: reale possibilità di accedere alle linee di finanziamento garantite al 100% dallo Stato e la possibilità di utilizzare questi finanziamenti per operazioni di ristrutturazione del debito.

“Non chiediamo provvedimenti tampone, non vogliamo ‘fondo perduto’, siamo consci delle difficoltà in cui versa la nostra amatissima Italia – prosegue Mangia. Le garanzie messe a disposizione dallo Stato, per accedere a linee di credito, sono state attivate per quasi il 15% della massa stanziata – sottolinea. Ciò è accaduto perché nelle norme del Decreto Liquidità esiste un vulnus: la Banca, che dovrebbe erogare il prestito, deve necessariamente operare un’istruttoria, perché, se così non facesse, il funzionario di Banca potrebbe essere ritenuto responsabile di aver erogato un prestito ad un soggetto che versava in potenziale rischio di insolvenza e di possibile fallimento. E’, quindi, necessario porvi rimedio con una norma scudo che, tutelando l’operato della Banca, liberi la stessa da future possibili responsabilità, permettendo così alle imprese di poter accedere alla linea di finanziamento, senza ulteriori impedimenti”.

Un’altra azione, chiesta dagli imprenditori associati, è quella che vengano raddoppiati i massimali della L3/2012. “Con queste misure – si legge nella nota stampa – desideriamo operare una scelta dignitosa da uomini liberi e da appassionati imprenditori. Questa scelta può condurre in due direzioni: agire in continuità per risanare le nostre imprese ed agire per la liquidazione delle stesse, avendo, così, comunque uno strumento legale per ripianare in modo sostenibile i nostri debiti.

Ricordiamoci che un’impresa risanata non disperde ricchezza, ma genera nuova occupazione e valore per il mercato, divenendo commerciabile e cedibile, attivando quel ricambio generazionale che è auspicabile. Siamo convinti – conclude – che la ripartenza può avvenire solo se si provvederà all’emissione di interventi strutturali e risolutori e non certo con piccole misure dispendiose, inutili e dannose, perché alla lunga aggraveranno in modo cospicuo il bilancio dello Stato”.

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