Senza coscienza, solo voscienza - QdS

Senza coscienza, solo voscienza

Antonino Lo Re

Senza coscienza, solo voscienza

Giovanni Pizzo  |
sabato 13 Luglio 2024

Palermo, il capoluogo dell’isola, quella che era la summa culturale dell’isola, il suo salotto letterario, civile è profondamente cambiata

Palermo, il capoluogo dell’isola, quella che era la summa culturale dell’isola, il suo salotto letterario, civile, politico, è profondamente cambiata in questi decenni. Il luogo dove potevi nel dopoguerra incontrare in un bar Tomasi di Lampedusa seduto a scrivere da Mazara, o Louis Borges sulla terrazza di Villa Igea, o Guttuso nel suo palazzo all’angolo di Piazza Verdi, o Sciascia in consiglio comunale, o magari Elvira Sellerio o Flaccovio, che ti consigliava cosa leggere se entravi da lui.

A Palermo potevi scambiare due chiacchiere con quella pasionaria di Letizia Battaglia, incontrare poeti a Mondello in serate interminabili, chiacchierare animatamente di politica con Napoleone Colajanni o Pio La Torre, con Mannino o Lo Porto, parlare di Kelsen e del Leviatano con il primo Orlando, giocare a pallone, nella mitica coppa dei maschioni al liceo Garibaldi, dove veniva formata buona parte della cosiddetta intellighenzia, quella della scuola pubblica, l’altra andava al Gonzaga. Quella Palermo viva, fremente, con coscienza civile, che oscillava tra contraddizioni, tra il potere e la libertà di opinione, di espressione, sembra ormai infelicemente tramontata. E come se quelle orrende mattanze, le stragi del 92, l’avessero tolta di mezzo, come un fardello inutile, desunto, crepuscolo di un tempo, il tempo della coscienza oggi sostituito con voscienza.

Da allora la borghesia, professionale, sociale, politica, imprenditoriale sembra che abbia solo chinato la testa, abbandonato i neuroni, rinunciato al pensiero, per seguire la precaria fragilità del potere di turno. Gli ultimi scioperi, i cortei, le manifestazioni politiche di qualunque segno sono trapassate, l’ultima canto del cigno fu la cosiddetta pantera, il movimento studentesco nato proprio a Palermo agli inizi degli anni 90, prima di Capaci, poi più nulla. Un nulla di piccole, povere, misere appartenenze in un individualismo senza scambio, senza opinioni, senza onore. Chi sta con chi, chi appartiene a chi, chi fa cosa con chi, punto. L’ultimo rigurgito di resistenza di un simbolo culturale fu la riapertura del Massimo, il Teatro cittadino che tutto il mondo ci invidiava e che noi tenevamo colpevolmente chiuso.

Se una cosa ha fatto il Sindaco Ollando, nel quarantennio di sua reggenza, è stato riaprirlo. Fu una rondine che non fece Primavera, ma forse ci toglieranno pure quella, non piace a voscienza.  Le voscienze cambiano ma qualcosa permane immutabile, anzi aumenta a Palermo, non è il PIL pro capite, ma il il Mil, la Munnizza Interna Lorda. Ma se decade Palermo, se la fiaccola si spegne, per caduta frana l’isola, e non c’è Catania, anch’essa in crisi, che tenga. Palermo e vecchia, ci sono quartieri vecchissimi come il Libertà, e non più cosciente, di se stessa, della sua anima, ma solo prostrata, a voscienza, e alla sua padrona, l’ignoranza.

Così è se vi pare

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