Sergio Gasparin, ex amministratore delegato del Calcio Catania - QdS

Sergio Gasparin, ex amministratore delegato del Calcio Catania

Antonino Lo Re

Sergio Gasparin, ex amministratore delegato del Calcio Catania

sabato 12 Marzo 2022

Le considerazioni rilasciate al Quotidiano di Sicilia sul perché il calcio siciliano non sembra sia più in grado di uscire dal baratro in cui è sprofondato

“Sono mancate professionalità di livello e disponibilità economiche”

Amministratore delegato del Calcio Catania dal 2012 al 2013, Sergio Gasparin è stato tra gli ultimi dirigenti del club rossazzurro in Serie A. Ecco le sue considerazioni rilasciate al Quotidiano di Sicilia sul perché il calcio siciliano non sembra sia più in grado di uscire dal baratro in cui è sprofondato.

“Il calcio in Sicilia – esordisce – ha vissuto, nel recente passato, annate straordinarie con Catania, Messina e Palermo e oggi invece queste piazze si ritrovano a convivere con difficoltà di varia natura (gestionali e/o economiche). Le cause sono molteplici e per gran parte la risposta è già insita fra le righe del quesito posto. Il calcio professionistico ai massimi livelli richiede professionalità eccellenti ma anche grandi disponibilità economico-finanziarie. Un mix che ultimamente in Sicilia non si è più registrato”.

Perché i grandi imprenditori non hanno finora investito nel calcio in Sicilia, nonostante la storia gloriosa di Catania, Messina e Palermo?
“Una domanda che evolve in tematiche sicuramente interessanti. Oltre la gloriosa storia sportiva Catania, Messina e Palermo rappresentano anche bacini di utenza molto importanti, potenzialmente in grado di suscitare interesse di realtà imprenditoriali rilevanti, ma così non è avvenuto sul piano pratico. Relativamente ai fondi d’investimento vi è invece da sottolineare che la serie C non è categoria di interesse primario. Questo non esclude, anzi, che possa divenire fonte attraente di attenzione nel caso di promozione alle categorie superiori (B e soprattutto A)”.

Le squadre dell’Isola hanno scoperto e valorizzato calciatori che poi hanno giocato nei più grandi club italiani ed europei. Dalle loro cessioni sono state ricavate enormi somme. Potevano essere gestite meglio?
“Risulta in effetti vero che sono state generate importanti plusvalenze, dalla cessione giocatori, ma altrettanto doveroso precisare che anche i costi gestionali dei singoli club sono stati molto alti e conseguentemente buona parte di detti proventi sono stati riversati nel ripianamento delle perdite gestionali di bilancio. Nel caso specifico del Catania ha pesato in modo determinante una scellerata gestione che ha fatto precipitare la società in tre anni dalla A alla C, con le conseguenze deflagranti a tutti note”.

Il bacino di utenza e le potenzialità di Catania avevano attirato un grosso investitore come Joe Tacopina. Poi con Sigi non se n’è fatto nulla…
“Relativamente al rapporto intercorso fra Sigi e Tacopina, per la cessione del pacchetto azionario del Calcio Catania, non entro in merito in quanto non conosco dettagliatamente i termini e le motivazioni che hanno portato al ‘non accordo’ fra le parti. Potenzialmente Catania ha tutte le caratteristiche per attirare l’attenzione di importanti imprenditori, ma come si è visto, esplicitamente nelle recenti aste andate deserte (complice anche un bando d’asta impeccabile sul piano formale ma non appropriato sul piano specifico ‘calcistico’) così non è avvenuto”.

Cordate di imprenditori locali e azionariato popolare: sono soluzioni valide, soprattutto per riportare il calcio in Sicilia ad alti livelli, o sarebbe più funzionale un solo patron con una forza economica importante?
“L’azionariato popolare è una situazione affascinante sul piano ipotetico, irrealizzabile (almeno in Italia) su quello pratico. Che sia poi un gruppo di imprenditori o un solo proprietario è indifferente ma risultano invece determinanti le deleghe lasciate e conferite al management, cui è affidata la responsabilità di gestione del Club. La materia ‘aziendale calcistica’ è quanto mai difficile e complessa e richiede professionalità ai massimi livelli. Spesso assistiamo invece a presidenti, figli e/o parenti di vario grado che s’improvvisano esperti della materia con conseguenze disastrose sul piano sportivo ed economico. In questo contesto ricordo la frase che dice: ‘Se credi che un professionista ti costi molto è perché non hai idea di quanto ti costerà un incompetente’”.

SERGIO GASPARIN

Sergio Gasparin è nato a Schio, in provincia di Vicenza il 4 marzo 1952. Dal 1971 al 1985 lavora nell’industria meccanica De Pretto-Escher Wyss. In meno di quindici anni, partendo come operaio, diventa vice direttore del personale. In seguito lavora per cinque anni al Gruppo Lowara, una multinazionale statunitense di 850 dipendenti operante nel settore elettromeccanico, prima come direttore centrale del Personale e poi come direttore centrale Sviluppo organizzativo.

La sua carriera nel mondo del calcio inizia come allenatore, alla guida dei giovanissimi regionali dello Schio. Nel 1984 ottiene il patentino di seconda categoria e in seguito inizia ad allenare le prime squadre di Bassano del Grappa, Castelfranco Veneto e Valdagno. Vince due campionati.

Nel 1989 il grande salto divenendo direttore generale e amministratore delegato del Vicenza e nella stagione 1996-1997 ottiene con la squadra veneta la vittoria della Coppa Italia. Nell’estate del 2000 passa al Venezia come direttore generale voluto da Maurizio Zamparini, che poi approderà al Palermo.

Gasparin arriva poi in Sicilia dove lavorerà per il Messina di Franza: lascia il club nel 2008 dopo averlo condotto alla salvezza in Serie B. Negli anni seguenti arriveranno le chiamate di Udinese e Sampdoria.

Nell’aprile del 2012 la chiamata del Catania, che annuncia il suo ingresso in società in veste di direttore generale e amministratore delegato, ereditando il posto di Pietro Lo Monaco. La sua avventura ai piedi dell’Etna dura poco più di un anno: a seguito di divergenze con il patron Pulvirenti nel maggio del 2013 arriva la separazione.

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