Servizio idrico in provincia di Catania, una matassa ancora da sbrogliare - QdS

Servizio idrico in provincia di Catania, una matassa ancora da sbrogliare

Servizio idrico in provincia di Catania, una matassa ancora da sbrogliare

Simone Olivelli  |
sabato 11 Gennaio 2025

Quando la gestione unica sembrava in procinto di entrare nel vivo, un ricorso dell’Ance, poi accolto dal Tar, ha portato a una nuova fase di stallo. Adesso la Sie e l’Ati si apprestano a rivolgersi al Cga

CATANIA – Dopo vent’anni di rimpalli e attese, il 2024 è stato un anno intenso per il settore idrico in provincia di Catania. Tuttavia si potrebbe anche dire che, tutto sommato, non sono poi cambiate più di tanto le cose. L’apparante paradosso in realtà descrive bene l’ultimo atto – ma è facilmente prevedibile che bisognerà scriverne ancora molti altri – della storia che ruota attorno all’affidamento del servizio a un gestore unico. Una prescrizione contenuta nel codice dell’Ambiente, che risale al 2006, ma che a Catania (e non solo) non è stata ancora ottemperata, nonostante i ripetuti altolà del ministero che non ha mancato di ricordare come la gestione frastagliata a cui la provincia etnea è sempre stata abituata, tra società pubbliche partecipate e imprese private, rischiasse di impedire la percezione dei fondi pubblici, Pnrr compreso.

Servizio idrico, in realtà un passo avanti è stato fatto

Nell’anno appena trascorso in realtà un passo avanti è stato fatto: la Servizi idrici etnei, meglio conosciuta come Sie, ha firmato la convenzione con l’Assemblea territoriale idrica (Ati) per prendere in mano il settore per i prossimi 29 anni. La stipula, arrivata a valle di una lunghissima battaglia giudiziaria conclusasi tra il 2021 e il 2022 con il verdetto definitivo del Consiglio di giustizia amministrativa, è avvenuta soltanto in seguito all’intervento della Regione, che ha disposto il commissariamento dell’Ati per superare lo stallo che per oltre un anno è andato avanti in seguito alla mancanza di compattezza all’interno dell’assemblea, dove un gruppo di sindaci di diversa estrazione politica ha contestato i termini dell’accordo.

La Sie, va ricordato, è una società mista pubblico-privata che per il 51 per cento è in mano alla Città metropolitana e ai 58 Comuni che ricadono nell’ex Provincia e per il restante 49 per cento di Hydro Catania. A propria volta all’interno di Hydro Catania trovano spazio soci di natura strettamente privata, come le imprese che fanno capo agli imprenditori Cassar, Zappalà e Virlinzi, e altre la cui anima resta pubblica. È il caso di Sidra, Acoset e Ama, società partecipate che in questi decenni hanno gestito il servizio idrico in più parti della provincia (Sidra soprattutto a Catania, Ama a Paternò, Acoset in oltre una dozzina di centri). Dal canto proprio, la Sie da due decenni si occupa del servizio in una manciata di comuni del Calatino.

Un puzzle complicato

Un puzzle complicato che ha fatto da sfondo negli ultimi dodici mesi anche alle inevitabili contrapposizioni politiche. Per quanto nessun partito abbia mai voluto mettere il cappello sulle trattative per arrivare alla stipula della convenzione con Sie, non sono mancate le occasioni in cui si è fatto riferimento a una maggiore apertura al dialogo da parte delle componenti lombardiane che siedono all’Ati, dove peraltro a svolgere il ruolo di presidente è Fabio Mancuso, sindaco di Adrano e autonomista di lunga data.

Tra chi invece ha cercato di tirare il freno, chiedendo approfondimenti sulla congruità delle condizioni inserite nella convenzione rispetto alle previsioni che erano state inserite nell’appalto di metà anni Duemila, ci sono stati esponenti di Fratelli d’Italia – come i sindaci di Biancavilla e Gravina di Catania, Antonio Bonanno e Massimiliano Giammusso –, di Forza Italia, come Roberto Barbagallo, e del Pd, come nel caso del primo cittadino di Piedimonte Etneo Ignazio Puglisi.

Ogni nodo sembrava essere stato sciolto, eppure…

Alla fine però, come detto, la firma dell’accordo è arrivata in estate in seguito all’intervento della commissaria Francesca Spedale, che per qualche mese era stata messa ai box dallo stesso governo regionale che l’aveva nominata, dopo che a inizio anno il presidente della Regione Renato Schifani e l’assessore all’Energia Roberto Di Mauro avevano concesso un’ulteriore proroga all’Ati per approvare in autonomia la convenzione. Quando ogni nodo sembrava essere stato sciolto, con Sie pronta ad annunciare il cronoprogramma – tutt’ora in vigore – per subentrare alle attuali gestioni, a entrare in scena è stata Ance. L’associazione nazionale costruttori edili ha contestato l’ammontare delle somme previste nella convenzione come montante dei lavori che i soci privati di Sie potranno eseguire in proprio: una cifra che si aggira sul miliardo e quattrocento milioni, ritenuta dall’Ati (e da Sie) congrua rispetto all’esigenza di aggiornare l’importo previsto dal bando di gara di metà anni Duemila ma che invece per Ance è eccessivamente elevata e rischierebbe di impedire a tante imprese di accedere alle gare d’appalto per la realizzazione dei lavori sulla rete idrica nei prossimi tre decenni.

La tesi dell’associazione è stata accolta dal Tar che nei mesi scorsi ha annullato la convenzione nella parte riguardante il montante dei lavori. Ma si è trattato soltanto dell’inizio di una nuova battaglia legale. A contrapporsi al giudizio del tribunale amministrativo è stata la Sie, ma la stessa Assemblea territoriale idrica che – stando a quanto appreso nelle scorse ore dal Quotidiano di Sicilia – si appresta a notificare il ricorso al Consiglio di giustizia amministrativa. Il modo più coerente per iniziare il nuovo anno e ricordare un po’ a tutti che la matassa è ben lontano dall’essere sbrogliata.

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