Superare il decreto Madia per archiviare il precariato - QdS

Superare il decreto Madia per archiviare il precariato

redazione

Superare il decreto Madia per archiviare il precariato

venerdì 01 Novembre 2019

A distanza di oltre due anni dalla riforma del 2017 centinaia di dipendenti pubblici sono rimasti nel limbo

La sanità italiana è stata ridotta alla disperazione dai Governi che si sono susseguiti almeno negli ultimi due decenni, del tutto sordi rispetto alle istanze interne di cambiamento, drammaticamente distaccati dalla necessità di una profonda azione riformatrice invocata da più parti e in grado di gestire una spesa sanitaria inevitabilmente crescente e di continuare a garantire sostenibilità del sistema ed equità nell’accesso alle cure.

Oggi al primo Governo del Cambiamento ne è succeduto un altro ma, la complessità del problema e la tradizionale apatia della classe politica nei suoi confronti, non lascia ben sperare circa una rapida e incisiva riforma di sistema. Quindi, pur se è legittimo invocare una decisa inversione di rotta del nostro SSN, bisogna fare i conti con la realtà e con l’incognita della volontà e forse anche della capacità della politica di comprendere fino in fondo i problemi e di provare a risolverli.

In attesa di scoprire se chi sta oggi al governo del Paese abbia davvero intenzione di salvare la sanità pubblica o di continuare a perderne pezzi giorno dopo giorno, ci potremmo accontentare, certamente non dell’ordinaria amministrazione, ma almeno di una rinnovata e concreta attenzione ai problemi più urgenti, primo tra tutti quello della carenza di medici e infermieri, parte integrante della drammaticità della situazione odierna. Insomma, bisogna quantomeno cominciare a risolvere un problema per volta per spianare la strada ad una riforma complessiva e, per farlo, occorre partire dai problemi eternamente irrisolti, ricominciando dalla polvere nascosta sotto il tappeto, come nel caso dei precari.

In un periodo in cui tutti si affannano a dissertare di carenza di personale sanitario negli ospedali pubblici e dell’enorme difficoltà a reclutarne di nuovo, scaturita dalla tardiva presa di coscienza da parte della politica di un problema antico ma troppo a lungo ignorato nonostante le insistite e insistenti segnalazioni dei vari stakeholders, in primis le OO.SS. di categoria, sembra decisamente passato in secondo piano, se non del tutto dimenticato, un altro problema che fino allo scorso anno imperversava sulle testate giornalistiche sia di settore che generaliste, quello dei precari.

Dopo oltre un decennio di definanziamento del SSN, di blocco del turn over e di tagli al personale della sanità, nel maggio 2017 arrivò il Decreto Madia, applicato poi nel 2018 e tuttora in via di definizione per alcune fattispecie (procedure riservate come da comma 2, art. 20). Il titolo dell’articolo 20 di quel Decreto, “Superamento del precariato nella pubblica amministrazione”, era il manifesto politico del Governo Renzi nei confronti del problema dei precari con l’esplicita dichiarazione della volontà di risolverlo definitivamente per voltare finalmente pagina dopo il lunghissimo periodo in cui al posto delle legittime procedure concorsuali che disciplinano l’accesso nel pubblico impiego, si era fin troppo disinvoltamente continuato a fare ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato se non alle varie forme di contratti atipici (co.co.co, co.co.pro e partite iva).

A distanza di oltre due anni dall’emanazione del Decreto Madia sembra giunto il tempo di fare un bilancio sulla sua effettiva applicazione e sui risultati ottenuti rispetto a quelli attesi. È stato centrato l’obiettivo di superare, una volta per tutte, il precariato nella PA e quindi anche nella Sanità? La risposta, nonostante il traguardo da tantissimi soggetti finalmente usciti dall’odioso limbo del precariato, è perentoriamente negativa e non poteva essere diversamente se consideriamo i termini temporali previsti dal provvedimento legislativo che, emanato nel mese di maggio del 2017, fissava al 31 dicembre dello stesso anno il limite massimo per la maturazione dell’anzianità di servizio da precario per poter accedere alle procedure di stabilizzazione.

Già soltanto questo è sufficiente a spiegare il fallimento dell’obiettivo che si era prefisso il legislatore che non ha tenuto in conto, o non lo ha voluto fare, quel rilevante numero di personale precario che per pochissimo non è riuscito ad entrare a far parte della platea dei beneficiari del provvedimento e nemmeno ha previsto che col passare dei mesi, le lungaggini o addirittura il mancato espletamento dei concorsi pubblici avrebbero prodotto il fallimento del ritorno alla normalità e un rinnovato ingrossarsi dell’esercito dei precari. Ed è proprio quanto accaduto in questi ultimi due anni, con il risultato che l’obiettivo del superamento del precariato è penosamente fallito. Ancora oggi assistiamo al vecchio schema, con centinaia di dipendenti pubblici che lavorano ormai da anni in condizioni di precariato, nella migliore delle ipotesi con contratti a tempo determinato, nella peggiore con i famigerati contratti di lavoro flessibile o a partita iva. Su questo personale le Aziende Sanitarie hanno comunque investito tempo e denaro, formando professionisti con competenze e professionalità di grado elevato e che adesso rischiano di perdere, assistendo inermi allo sperpero del proprio investimento.

Per scongiurare questa vera e propria follia ci sarebbe immediato bisogno di riformare e integrare rapidamente la Legge Madia, lasciandone sostanzialmente invariato l’impianto ma differendo i termini applicativi almeno al prossimo biennio onde evitare il ripetersi della storia. Insomma, per superare veramente il precariato è necessario andare oltre la Madia, scongiurando da un lato il rischio che dopo anni di precariato i soggetti interessati vedano sfumare la possibilità di raggiungere quella stabilità lavorativa tanto attesa, dall’altro che l’investimento e l’impegno profuso dalle strutture possa disperdersi miseramente al vento.

Un’ipotesi percorribile potrebbe essere quella di inserire un emendamento ad hoc nella Legge di Bilancio di imminente discussione parlamentare, non trascurando la trasparenza della norma onde evitare quanto già accaduto in occasione dell’applicazione della Madia, quando ci vollero ben due Circolari della Funzione Pubblica per chiarire i contorni giuridici della norma e per individuare categorie e settori di applicabilità della stessa. Potrebbe anche essere l’occasione per sanare la discriminazione fatta nei confronti dei precari operanti negli Ospedali privati e negli IRCCS di diritto privato, finora esclusi dalla stabilizzazione, così come quella del personale amministrativo che non è mai stato preso in considerazione dal provvedimento.

E se qualcuno di buon senso e buona volontà volesse metter mano, eliminandolo, anche a quell’odioso obbligo del nulla osta da ottenere in caso di mobilità, non saremmo certamente noi a storcere il naso. Quello dell’obbligo del nulla osta da parte della struttura di appartenenza oltre ad essere un controsenso rispetto all’imposizione normativa di dover espletare la mobilità volontaria prima di ogni procedura concorsuale, rappresenta una misura vessatoria che impedisce a molti di poter lavorare nella città in cui risiede e vive la propria famiglia e che spesso finisce col caratterizzarsi anche come una limitazione nello sviluppo del proprio percorso professionale e di carriera. In conclusione, basterebbero questi interventi di minima per iniziare a dare qualche risposta concreta al mondo della sanità, in attesa di riforme di ben più ampio respiro che portino a quel salto di qualità tanto atteso e invocato in un settore in cui sono interessati non solo gli operatori sanitari ma soprattutto i cittadini italiani e la loro salute.

Giuseppe Bonsignore
Responsabile Comunicazione Cimo Sicilia

Odontoiatria speciale riabilitativa si trasferisce da Catania ad Acireale

Dopo 17 anni, il Reparto di Odontoiatria speciale riabilitativa lascia il Policlinico di Catania e passa sotto la gestione dell’Asp della Provincia etnea. La Uoc fortemente voluta, creata e diretta dal Dr Riccardo Spampinato fa vela verso Acireale dove avrà modo di svolgere al meglio la sua funzione assistenziale e di prevenzione, assicurando cure tempestive e di alto livello ai pazienti disabili con problematiche di tipo odontostomatologico. Quella della Odontoiatria speciale di Catania è una realtà sanitaria unica in Sicilia e tra le poche nel meridione d’Italia, forte ormai di un’esperienza che si è andata consolidando negli anni con un crescita quali quantitativa costante che l’ha fatta assurgere a punto di riferimento per l’assistenza a tutto tondo dei pazienti disabili con problematiche odontoiatriche particolarissime e quindi con altrettanto peculiari bisogni assistenziali. Certo, come sempre il cambiamento implica non pochi problemi, logistici e organizzativi in primo luogo, ma anche personali e umani. Commosso il saluto rivolto dal Dr Spampinato alla struttura che fino ad oggi lo ha ospitato e a tutti i soggetti che hanno creduto nel progetto dell’odontoiatria speciale sposandone le alte finalità sociali e assistenziali e agevolando, ciascuno per la sua parte, la creazione di questa eccellenza sanitaria tutta siciliana. Ecco le parole di ringraziamento del Dr Spampinato:

“Ringrazio le Famiglie che mi hanno affidato un bene tanto prezioso quanto fragile a cui dedicano giornalmente il loro amore. Ringrazio tutti i miei collaboratori, il Prof Marco Terranova e la Dottoressa Scoglio che mi hanno seguito sin dalla fase sperimentale con entusiasmo e sacrificio personale. Ringrazio i colleghi e tutti gli operatori, sia quelli oggi presenti che quelli che non sono più con noi, perché insieme abbiamo risposto alle esigenze di salute dei nostri pazienti con dedizione umana e professionale.

Ringrazio i Direttori Generali che si sono succeduti in questi anni, li ringrazio per la pazienza che hanno avuto di ascoltarmi, per lo sforzo di comprendere un Mondo, quello che gli rappresentavo, lontano dalle logiche economicistiche che governano la Sanità odierna. Ne voglio ricordare uno per tutti il Dott. Ambrogio Mazzeo che ha creduto in questo progetto sin da subito e ci ha sostenuto con grande benevolenza e umanità. Ringrazio soprattutto le Associazioni di tutela dei disabili, che ci hanno sostenuto, premiato e aperto le porte delle loro sedi, consentendomi di avvicinare le Famiglie per mettermi a loro disposizione.

Ringrazio chi mi è stato accanto nei momenti bui, quelli nei quali ho imparato che il confine tra l’esaltazione ed il baratro è sottilissimo. Basta che qualcuno salti un rigo in foglio Excel e improvvisamente la OSR da “Fiore all’occhiello della Sanità Siciliana“ scompare nel nulla anzi non esiste più. Ed è paradossale che sia tu a dover dimostrare che “esisti“ e nessuno ti chiede scusa per la presunta svista ma devi rincorrere i funzionari, farti riconoscere come fossi una novità assoluta. E allora ti viene di pensare che forse non era stata una svista ma forse la OSR non era nella penna di scriveva la Rete Ospedaliera.

E lì “In quel preciso momento“ come scrive Dino Buzzati, di assoluta sensazione di solitudine, le Associazioni ci sono state vicino con tutta la loro forza, dimostrando che no, non dovevamo dimostrare niente, perché loro erano la testimonianza che noi c’eravamo ben prima di quella svista e ci saremo sempre per loro e per i loro familiari più fragili. Sarebbe una grave mancanza se non ringraziassi comunque la Politica con la quale in questi 17 anni ho dovuto confrontarmi, quella che mi ha ascoltato , quella che non mi ha mai ricevuto, quella che mi ha dimenticato e quella che ha sostenuto questa realtà sanitaria unica nel panorama italiano per organizzazione e numero di pazienti trattati.

Ringrazio tutti senza distinguo ne classifiche di merito. Tutti anche chi ci ha ostacolato, perché ci ha dato gli stimoli necessari per superarli. A chi non ha creduto in noi, perché dopo ho letto nei loro occhi lo stupore. A chi ci ha evitati, perché ci ha insegnato a fare a meno di loro. Certo lasciare l’Azienda Ospedaliera dove sono cresciuto dopo 33 anni mi fa risalire una marea di ricordi bellissimi, grazie a tutto e tutti. Alle vecchie mura, alle scale di marmo, agli immensi corridoi, ai giardini, grazie alle persone incontrate in questi anni, grazie ai colleghi e a tutto il personale. Sono cresciuto in una grande famiglia e me ne sentirò sempre parte integrante, orgoglioso del mio passato ma già innamorato del mio futuro”.

Giuseppe Riccardo Spampinato

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