Incentivo inutilizzabile: molti cittadini senza liquidità non trovano a chi cedere i crediti. Sabatini (Abi): “Banche hanno quasi del tutto impegnato la capacità fiscale”
ROMA – L’agevolazione dei “desideri” è stata prorogata, seppur in forma ridotta, ma per molti resta solo sulla carta. Stiamo parlando del Superbonus, il re degli incentivi, quello che, si diceva all’inizio con toni trionfalistici, permetteva di rifare casa a costo zero, “anzi guadagnandoci”. Uno strumento che, in tempi non sospetti, aveva già messo l’Italia nella direzione che ora affannosamente indica l’Unione europea e che appare inevitabile: il settore delle costruzioni in Europa è responsabile da solo del 40% della domanda di energia primaria e del 36% delle emissioni di gas serra.
Peccato che in corsa, a colpi di circolari dell’Agenzia delle Entrate e di manovre schizofreniche dei vari esecutivi che si sono avvicendati, più che altro è diventato un super-guazzabuglio. A restarvi impantanato un “popolo” che lavora da Nord a Sud, quello dell’edilizia, che coinvolge imprese e professionisti (soprattutto ingegneri, architetti e commercialisti) costretti a fare i conti con una normativa ballerina. E oggi, volendo continuare a ragionare in termini superlativi, è un “superenalotto” avviare nuovi lavori in condomini o villette unifamiliari, se non si dispone della liquidità per anticipare il costo degli interventi (che poi verrebbe restituito in quattro anni). Detto in altri termini, senza l’effettività di meccanismi per la cessione del credito come lo sconto in fattura, la misura resterà preclusa alla stragrande maggioranza di condomini e proprietari di singole abitazioni che non navigano nell’oro (e che dunque preferiranno al massimo rifare semplicemente la facciata, piuttosto che affrontare di tasca propria esosi costi per migliorare termicamente gli immobili).
“All’inizio il meccanismo ti permetteva di praticare ai clienti lo sconto in fattura perché le banche non avevano alcun problema a scambiare il credito – spiega al Quotidiano di Sicilia Ruggero De Caro, ingegnere con studio in provincia di Catania –. Poi, nel momento in cui gli istituti hanno iniziato a stringere i cordoni perché non avevano più capienza fiscale oppure per via del timore di finire invischiati in qualche frode, il sistema si è inceppato e oggi ci sono imprese e professionisti che si ritrovano con i cassetti fiscali pieni, impossibilitati a scambiare il credito e dunque ad acquisire nuove commesse”. Un rischio quello delle frodi che però, secondo De Caro, per il Superbonus 110 è sempre stato arginato dalla figura dell’asseveratore che si prende la responsabilità di certificare il corretto svolgimento della pratica edilizia. “È raro – prosegue l’ingegnere – che un condominio abbia la capacità di anticipare le spese di ristrutturazione, ben più alte nel caso di una riqualificazione che permetta il salto di almeno due classi energetiche dell’edificio. Se non si rimette in moto la cessione dei crediti, liberando i cassetti fiscali di professionisti e imprese, appare pressocché impossibile trovare qualcuno che avvii una nuova pratica di superbonus, ancorché al 90%”.
Cassetti fiscali che sembrano straripare come fiumi in piena. Secondo l’ultimo aggiornamento reso noto lo scorso dicembre dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, attualmente ci sarebbero, soltanto per i bonus edilizi, crediti bloccati per 99,4 miliardi, di cui oltre la metà (52,1 miliardi per l’esattezza) riconducibili al 110. La crisi di liquidità che ne è conseguita ha di fatto paralizzato diversi cantieri e messo in difficoltà migliaia di cittadini. Una situazione che non pare risolversi nemmeno con la riduzione dell’incentivo dal 110 al 90 per cento (per tutto il 2023), così come previsto dal Dl Aiuti Quater. Secondo l’Abi (l’Associazione bancaria italiana) servirebbero “misure specifiche, eccezionali e temporanee” per far ripartire la ruota economica ferma dallo scorso anno.
E che ruota economica. L’Enea ha calcolato investimenti per 62,4 miliardi al 31 dicembre 2022, con il 74,6% di lavori conclusi. Uno scatto notevole si è visto proprio lo scorso anno, prima che l’ingranaggio delle detrazioni fiscali iniziasse a rallentare: basti pensare che nel 2021 il totale degli investimenti era arrivato a 23,7 miliardi di euro.
Quanto è costato avvalersi del Superbonus? Sempre secondo i dati Enea al 2022, un condominio ha speso in media circa 599 mila euro per intervento, un edificio unifamiliare 114 mila euro e un’unità indipendente circa 97 mila euro. La fetta più importante dei cantieri ha riguardato i condomini con un totale di 48 mila asseverazioni (ovvero le certificazioni redatte da tecnici abilitati che attestano il rispetto dei requisiti tecnici degli interventi effettuati) 28,7 miliardi di investimenti e 20 miliardi di lavori conclusi.
Medaglia d’argento per gli edifici unifamiliari che lo scorso anno hanno registrato 208,6 mila asseverazioni e quasi 24 miliardi di investimenti per 18,2 miliardi di lavori conclusi. Al terzo posto troviamo 102 mila certificazioni per le unità immobiliari indipendenti, con 10 miliardi di investimenti e 8,1 miliardi portati a compimento.
Un mare di soldi che sono finiti perlopiù al Nord. A fare da capolista tra le regioni italiane maggiormente interessate dagli interventi è la Lombardia, con 10,84 miliardi di investimenti ammessi a detrazione nel 2022 che diventano 11,93 miliardi a conclusione dei lavori, seguita dal Veneto con 6,1 miliardi di agevolazioni. Terzo e quarto posto, invece, per Lazio ed Emilia Romagna, rispettivamente con 5,6 e 5,3 miliardi.
Sebbene si tratti di una massa di denaro imponente però, alla luce anche del dibattito delle ultime settimane al Parlamento europeo, potrebbe essere una goccia rispetto a quello che servirà per riqualificare energeticamente il patrimonio edilizio del Paese, soprattutto quello residenziale, onde evitare una catastrofe sociale.
Parliamo di un parco immobiliare ampiamente vetusto quando non cadente. Stando al rapporto annuale sulla Certificazione energetica degli edifici, realizzato da Enea in collaborazione con il comitato Termotecnico italiano energia e ambiente (Cti), al 2021 il 75% degli 1,3 milioni di attestati di prestazione energetica (Ape) riguarda immobili edificati prima del 1991, solo il 3% è riferito a nuove costruzioni, il 4% a riqualificazioni energetiche e il 2,5% a ristrutturazioni “pesanti”. Quello dell’anno di costruzione è un dato importante perché mediamente un immobile residenziale realizzato negli anni 2016-2021 ha una prestazione energetica globale di circa il 60% migliore rispetto a immobili realizzati antecedentemente al 1945 e di circa il 50% migliore rispetto a un immobile realizzato tra il 1945 e il 1991.
E qual è la fotografia dei nostri immobili? Nonostante un leggero aumento delle classi A1 e A4 nel 2021, grazie anche alla spinta dei vari incentivi statali, il quadro generale fa rabbrividire. L’85,8% degli immobili residenziali presenta un’attestazione energetica compresa tra le classi D, E, F e G, ovvero quelle con i maggiori sprechi. Più nel dettaglio, il 34,3% si trovano in classe G che è la più bassa, il 24,3% in classe F, il 16,3% nella E e, infine, il 9,8% nella classe D. Cifre di poco più basse nel caso di strutture non residenziali: più di 7 su 10 (il 77,4%) sono in classi energetiche incluse tra la G e la D e, in particolare, 3 su 10 afferiscono alla più energivora, ovvero la G.
Su base territoriale, inoltre, la maggior parte di Ape è stata emessa dalla Lombardia (17,5%), seguita da Lazio (10,6%) e Veneto (8,8%). Numeri molto meno consistenti, invece, per la Sicilia che nel quinquennio 2016-2021 ha emesso 626,3 mila certificazioni di attestazione energetica e, proprio nell’ultimo anno preso in esame, presenrta ancora il 33,6% degli edifici in classe G, a differenza della prima della classe Lombardia, che ne registra solo un quarto (il 26%).
Come stanno agendo le banche
Il destino del Superbonus 90% è legato anche alle condizioni in cui potranno operare le banche nei prossimi mesi. Al momento, infatti, molti istituti non possono procedere all’acquisto di nuovi crediti fiscali legati ai bonus edilizi perché non hanno più capienza. A tal proposito il Quotidiano di Sicilia ha interpellato i maggiori istituti di credito italiani per comprendere l’orientamento rispetto al superbonus.
Al riguardo, Unicredit ha dichiarato che “al momento l’operatività è sospesa in attesa di trovare le soluzioni migliori per ripartire con il servizio”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il Banco Bpm, il quale fa sapere come “al momento non acquistiamo nuove posizioni e proseguiamo con i già contrattualizzati. Abbiamo acquistato – prosegue l’istituto – sinora circa 2,5 miliardi su un plafond di 4 miliardi. La Banca ha in corso di attivazione l’ampliamento del plafond per nuove posizioni”. Intesa Sanpaolo ha avviato una strategia per la ricessione dei crediti. In particolare, lo scorso mese di dicembre ha chiuso due accordi: uno con Ludoil Energy Spa, tra le principali aziende del settore energetico, per un valore fiscale pari a 1,3 miliardi di euro; un secondo accordo con il Gruppo Unoenergy, da 20 anni uno dei principali operatori privati sul territorio nazionale per la fornitura di gas naturale, energia elettrica e servizi di efficientamento energetico, dal valore fiscale pari a 500 milioni.