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Termovalorizzatori in Sicilia, inquinano davvero? Ecco cosa sapere

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Termovalorizzatori in Sicilia, inquinano davvero? Ecco cosa sapere

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domenica 17 Ottobre 2021

Smaltimento dei rifiuti e riduzione del loro volume, produzione di energia e occupazione. I termovalorizzatori sono l'unico modo per chiudere il ciclo integrato dei rifiuti altrimenti non recuperabili.

Per comprendere meglio i vantaggi economici, sociali e ambientali di un impianto di termovalorizzazione dei rifiuti, siamo “entrati” dentro le strutture del gruppo Iren, azienda all’avanguardia che gestisce tre termovalorizzatori al Nord Italia. E lo abbiamo fatto con Mauro Pergetti, il direttore impianti della società.

Quanti rifiuti riuscite a smaltire in un anno con i vostri termovalorizzatori?

“Il Gruppo Iren gestisce in tutto tre termovalorizzatori (rispettivamente collocati a Torino, Parma e Piacenza). Nel 2020 nel complesso i tre impianti hanno trattato 840.000 tonnellate di rifiuti, delle quali 600.000 rifiuti urbani (RU) e 240.000 rifiuti speciali”.

Quanta energia riuscite a produrre in media?

“I tre termovalorizzatori del Gruppo hanno prodotto nel 2020 598GWh di energia elettrica, in linea rispetto all’anno precedente. La variazione significativa rispetto al 2019 si registra invece nella produzione di energia termica (180,5 GWh nel 2020), che, grazie all’allacciamento del termovalorizzatore di Torino alla rete di teleriscaldamento, è aumentata di circa il 24%”.

Qual è l’impatto ambientale dei vostri termovalorizzatori? Come controllate le emissioni che producono?

“Tutti i termovalorizzatori del Gruppo hanno un impatto ambientale minimo grazie ad una gestione efficace ed efficiente e ad una tecnologia di depurazione dei fumi di combustione all’avanguardia. Per garantire il massimo controllo, tutti gli impianti sono dotati di strumentazioni in grado di effettuare rilevazioni continue e periodiche su una serie di parametri. Durante la fase di esercizio dell’impianto, il monitoraggio ambientale è effettuato attraverso il Sistema di Monitoraggio delle Emissioni (Sme), che analizza i flussi gassosi generati dalla combustione dei rifiuti nel corso del processo e in particolare – a camino. Tutti gli impianti sono dotati inoltre di una Autorizzazione Integrata Ambientale che impone limiti emissivi ampiamente inferiori ai livelli – già cautelativi imposti dalla normativa italiana. Tutti e tre gli impianti hanno installato, centraline di monitoraggio della qualità dell’aria gestite dalle Arpa locali ed inserite all’interno della rete di monitoraggio dei rispettivi Sistemi Regionali di Rilevamento della Qualità dell’Aria. Tutti i rapporti annuali redatti dagli enti di controllo in questi anni hanno sempre dichiarato che la qualità dell’aria nei pressi degli impianti non ha subito variazioni significative dall’entrata in funzione del termovalorizzatore, a dimostrazione della loro piena sostenibilità”.

Ricevete rifiuti dalle regioni del Mezzogiorno? E dalla Sicilia?

“La priorità nel ricevimento dei rifiuti, per tutti e tre gli impianti, è soddisfare il fabbisogno di trattamento della frazione residua dalla raccolta differenziata nel proprio ambito di riferimento. I rifiuti speciali, invece, sono soggetti ad accordi commerciali e pertanto possono arrivare da tutta Italia. Solo occasionalmente e in base ad accordi temporanei tra Regioni, i rifiuti possono arrivare da altre Regioni come forma di mutuo soccorso. Gli impianti sono comunque attualmente saturati con i rifiuti provenienti dai rispettivi bacini territoriali”.

È possibile “chiudere” il ciclo dei rifiuti senza avere un termovalorizzatore?

“Ad oggi l’unico modo tecnicamente maturo per chiudere un ciclo integrato dei rifiuti altrimenti non recuperabili, garantendo una adeguata sostenibilità dal punto di vista ambientale e in ottemperanza alla normativa europea, è con un termovalorizzatore. Infatti, la direttiva comunitaria – recepita anche nell’ordinamento italiano – mira alla massima compatibilità ambientale, che significa riduzione dell’impatto ambientale e minimizzazione dell’uso delle risorse primarie. La priorità deve essere quindi data alla riduzione nella produzione dei rifiuti, seguita dal massimo recupero di materia (raccolta differenziata e riciclo); tutto ciò che non si può avviare a riciclo deve essere comunque recuperato e ciò può essere fatto solo con un termovalorizzatore che è in grado di recuperare energia dalla combustione del rifiuto.

L’altro vantaggio della termovalorizzazione è quello di ridurre anche peso e volume dei rifiuti residui che tra l’altro – ormai sono per la maggior parte avviati a loro volta a recupero. Non esistono al momento alternative tecnicamente consolidate al termovalorizzatore, che ottengano gli stessi risultati positivi per l’ambiente in termini di salvaguardia delle risorse naturali e minimo utilizzo di suolo e che ne abbiano la stessa affidabilità nel tempo. Occorre non dimenticarsi che il rifiuto viene prodotto tutti i giorni e tutti i giorni ha bisogno di trovare una collocazione. Se i sistemi non sono affidabili ci troviamo nelle situazioni che purtroppo abbiamo visto troppo spesso in molte nostre città, con la difficoltà di gestire la quantità di rifiuti da raccogliere”.

Quanta occupazione genera un impianto di termovalorizzazione dei rifiuti?

“I moderni termovalorizzatori sono impianti in grado di funzionare in modo molto automatizzato e questo significa che il processo ha necessità di un numero ridotto in termini di personale ma questo deve essere molto specializzato: il numero di risorse umane impiegate direttamente nella conduzione di un impianto di medie dimensioni è di circa 50 persone (considerando che i turni devono coprire h24 tutti i giorni dell’anno). Tuttavia, è ingente il numero di persone coinvolte nell’indotto: la manutenzione dell’impianto, la produzione dei componenti, il trattamento dei rifiuti residui crea in ogni caso occupazione, spesso nello stesso territorio in cui l’impianto è insediato”.

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