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sabato 08 Maggio 2021

Le donne nell’isola sono maggioranza, ma questa prevalenza, che fa andare avanti e bene la nostra comunità isolana, non si traduce in rappresentanza politica

Cosa ne direste voi siciliani di avere una donna presidente della Sicilia?

Il tema non è pleonastico o di costume. Le donne nell’isola sono maggioranza, ma questa prevalenza, che fa andare avanti e bene la nostra comunità isolana, non si traduce in rappresentanza politica.

È vero che il parlamento siciliano ha varato una norma che obbliga il prossimo governo regionale ad avere almeno 4 componenti donne in giunta, contro l’unica di oggi, ma questo attiene alla politica delle quote rosa. La riflessione che propongo è diversa e paradigmatica. La società siciliana ha bisogno di uno sguardo diverso per affrontare la realtà complessa che l’aspetta? E questo sguardo, questa visione dei problemi, può essere femminile?

È indubbio che culturalmente, soprattutto in politica,
impera ancora oggi una cultura maschile, se non prettamente maschilista, ma
questo modo di pensare, di individuare soluzioni ai problemi, questo metodo di
governo delle cose ha dato ad oggi buoni frutti? Lo possiamo affermare?

Penso proprio di no, vista l’arretratezza della Sicilia e la mole di nodi irrisolti. Un approccio di risoluzione femminile alle questioni può facilitare la governance? Noi pensiamo di sì. Il modello di governo al femminile ha una pragmaticità sconosciuta all’homo politicus siciliano. Costui è fissato con il consenso più che con il conseguimento dei risultati attesi dalla famiglia siciliana. Il tutto intriso da uno spagnolesco narcisismo in cui il problema principale è il ruolo e non la funzione.

L’essere e non il fare. Questo retaggio si scontra con una visione moderna della policy, in cui lo status deve cedere spazio alla funzione. Un governante è utile se è funzionale non se convince gli addetti ai lavori. La donna sulla funzionalità parte nettamente in vantaggio.

Lei, e non Lui, è naturalmente problem solving e multitasking, al contrario del maschio che riesce a concentrarsi su un problema alla volta. Tutto questo non si concilia con un mondo in cui globalizzazione e competitività riducono di molto i tempi di soluzione dei problemi.

Un maschio siciliano di governo pensa che il modo migliore per affrontare una questione sia “annacarla”, magari passa da sola, ma di questi tempi non passa, aumenta.

Quando invece è costretto a risolverla urgentemente usa spregiativamente il termine “alla femminina”, come se essere pratici e risolutivi fosse un difetto. La donna rispetto al maschio sa da millenni che non si può permettere di perdere tempo, ha troppi problemi di lavoratrice, di madre capofamiglia, di caregiver, se si annaca è per la seduzione non per baliarsi problemi che ha il carico antropologico di risolvere.

Considerando i tempi difficili, la mole delle questioni
irrisolte, la metodologia ottocentesca utilizzata, la competitività degli
attori circostanti, siamo sicuri che vogliamo affrontare tutto questo con un
“tinto conosciuto” presidente della Regione maschio?

Non è forse venuto il tempo, visti gli scarni e scarsi
risultati, di affidare L’isola ad una brava, concreta, funzionale donna?

E Dio creò la donna.

Forse proprio per aiutarci a risolvere i problemi che noi maschi siculi abbiamo causato ed accumulato. La Sicilia ha bisogno di una governance amica e non nemica dei siciliani.

Gatto Silvestro

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