Usura e racket, Sicilia nella morsa silenziosa. Le vittime “pagano” l’assenza dello Stato - QdS

Usura e racket, Sicilia nella morsa silenziosa. Le vittime “pagano” l’assenza dello Stato

Valeria Arena

Usura e racket, Sicilia nella morsa silenziosa. Le vittime “pagano” l’assenza dello Stato

sabato 06 Giugno 2020

Ancora poche denunce ma fenomeni criminali in aumento, complice anche la crisi economica Allarme del Viminale: “Nei prossimi mesi l’incremento dei reati potrebbe sfiorare il 50%”. Le associazioni, “Processi al via tre anni dopo le denunce. Giustizia non in grado di dare risposte celeri, difficile scegliere la legalità”

La morsa dell’usura non sembra allentare. Addirittura, secondo i dati forniti dal Viminale durante il comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, il reato, complice il lockdown e l’emergenza Coronavirus, tra gennaio e marzo 2020 sarebbe aumentato del 9,6% rispetto allo scorso anno e potrebbe superare il 30% e addirittura sfiorare il 50% nei prossimi mesi.

Tra le regioni ad alto rischio, quelle meridionali e, in particolare, la Sicilia, che da tempo non naviga in buona acque, non potendo vantare un tessuto economico-produttivo in buona salute.

I dati della Direzione investigativa antimafia relativi al primo semestre 2019, infatti, tracciano un quadro preoccupante: nei primi sei mesi dell’anno il numero dei soggetti segnalati per tali reati è praticamente uguale a quello dell’intero 2018, 81 a 83, mentre la cifra scende a 71 e 73 rispettivamente nel 2017 e 2016, per salire a 98 nel 2015. In attesa, quindi, di capire se il 2020, con la sua imponente crisi di liquidità, sarà davvero l’annus horribilis che immaginiamo, il 2019 si conferma sicuramente l’anno con i dati peggiori dell’ultimo periodo.

Caso simile, ma per certi versi diverso, dal momento che, come altri reati, ha avuto un sostanziale arresto durante la pandemia, è quello dell’estorsione. Secondo i dati pubblicati dalla Dia nella consueta relazione semestrale, tra gennaio e giugno 2019 i soggetti segnalati sono stati 1.042, contro i 1.313 dell’intero 2018, i 1.408 nel 2017, i 1.535 del 2016 e i 1.416 del 2015.

L’attuale emergenza sanitaria ha però sparigliato le carte e fatto sprofondare la Sicilia in una crisi più profonda e nera di quella che stava già attraversando. Come spiega bene il rapporto della Dia, “in questa stagnazione economico-produttiva, che mortifica le aspettative soprattutto della popolazione giovanile, trova terreno fertile la spregiudicata aggressività delle consorterie criminali che si nutrono delle risorse della Regione, ove invece esse potrebbero prosperare in un ambito di sana incentivazione all’imprenditoria e di leale concorrenza”.

La paura, quindi, insieme allo stato di emergenza, renderanno le associazioni criminali più pressanti e presenti che mai.

nicola-grassiNicola Grassi, presidente associazione antiracket Asaec: “Processo parte dopo tre anni dalla denuncia, così si perde la fiducia nella Giustizia”

Ogni anno le relazioni dell’Antimafia ci ricordano di come le organizzazioni criminali siano ancora vive e vegete e perfettamente radicate sul territorio, eppure le denunce relative ai reati di usura e racket sono sempre molto basse. Come si spiegano questi numeri?
“Le questioni sono due: o il fenomeno è completamente estinto o è in fase di estinzione, e allora la nostra funzione si è esaurita e la nostra associazione non ha più senso di esistere, o bisognerebbe fare un’analisi più approfondita; perché le denunce sono ferme? Perché si denuncia poco? Si ha sfiducia nei confronti dell’azione delle forze dell’ordine, dello Stato in generale, della magistratura, della capacità di arrestare e poi portare a processo questi soggetti, delle associazione che sono state travolte da vicende giudiziarie? Perché conviene delle volte, seppur sbagliando, soggiacere a queste prepotenze? Secondo noi, naturalmente, è una sommatoria di tutti questi fattori, sui quali bisogna riflettere e fare, ciascuno per le proprie competenze, la propria parte”.

Da cosa bisogna iniziare?
“Innanzitutto chiediamo che le indagini e i processi siano più celeri. Ci è infatti capitato addirittura un processo la cui prima udienza dibattimentale è avvenuta dopo tre anni. Un tempo davvero inaccettabile, perché la persona che ha denunciato non riesce a comprendere come mai, dopo una denuncia puntale, la prima udienza avvenga dopo tre anni. Gli uffici giudiziari dovrebbero velocizzare questi processi, soprattutto laddove la vittima ha denunciato senza indugi. Per quanto riguarda invece l’associazionismo, lo diciamo da sempre, è necessaria una grande riforma, soprattutto per ridare fiducia all’intero sistema”.

È periodo storico complicato e probabilmente il vostro lavoro in questo momento è più necessario che mai. L’emergenza Covid-19 rischia davvero in far impennare questi reati. Come vi state muovendo e come vi siete mossi?
“Al momento, tra lockdown e aperture a rilento, le estorsioni sono silenti. L’allarme che abbiamo lanciato, sulla scia del Procuratore nazionale Antimafia e dell’onorevole Claudio Fava, presidente della commissione regionale Antimafia, riguarda invece la recrudescenza del fenomeno dell’usura, perché è nella carenza di liquidità che possono insinuarsi propositi favorevoli per la criminalità organizzata, che notoriamente dispone di grande liquidità. Noi adesso stiamo lanciando l’allarme, ma gli effetti e problemi di tale fenomeno li vedremo e avremo più avanti. Fortunatamente non ci siamo mai fermati in questi mesi. Anzi, è stato un periodo molto frenetico, proprio alla luce dell’attuale emergenza. Abbiamo inoltre sollecitato la prefettura di Catania, che si è mostrata assolutamente sensibile alla questione, e ha chiesto a noi e alle altre associazioni iscritte all’albo un’informativa relativa al fenomeno usuraio. Quello che abbiamo fatto noi nello specifico è stato chiedere ai nostri iscritti qual è la loro percezione sul territorio e ne è uscito un documento molto interessante. Sono state naturalmente denunciate crisi di liquidità e cassa integrazione per i propri dipendenti, per cui il rischio di ricorrere ad aiuti economici esterni è del tutto concreto”.

Alessandro Mezzapica, associazione antiusura Pino Puglisi: “L’ultima richiesta di aiuto che abbiamo ricevuto risale addirittura al 2016”

Quante segnalazioni avete ricevuto dall’inizio del 2020 ad oggi?
“Consideri che l’ultima denuncia che è arrivata da noi in fondazione risale addirittura al 2016. È vero, da questo punto di vista ci siamo fermati, ma la nostra principale attività, che è quella di prevenzione, non si è arrestata e abbiamo anche accolto vittime di usura che arrivavano direttamente in Questura e che venivano indirizzate a noi per l’assistenza all’iter relativo all’accesso al fondo di solidarietà. Sicuramente numeri cosi bassi sono dovuti allo scarso funzionamento della legge 108 e alla burocrazia che siamo costretti ad affrontare; le vittime stesse, quando denunciano e tentano di inserirsi in un circuito di legalità, hanno a che fare con tempi troppo lunghi e con un apparato burocratico che non è in grado di dare risposte celeri. L’usura, per esempio, a differenza dell’estorsione e del pizzo, è certamente un reato più difficile da dimostrare e da provare, sia per la difficoltà di tracciabilità finanziaria, ma soprattutto per l’omertà e la paura della vittima, che non sempre ha la certezza di essere al riparo dalle ritorsione delle strozzini, e questo a causa di indagini e processi troppo lunghi e di pene poco severe, per non parlare poi degli organi che si occupano della pratiche di risarcimento e della lunghezza di questo iter. Si figuri che negli ultimi anni molte persone che hanno denunciato alla nostra associazione, anche quando sono riuscite ad avere risarcimenti dopo tempi molto lunghi, ci hanno detto che se fossero tornati indietro, probabilmente non avrebbero denunciato. Insomma, sono tanti gli elementi che concorrono al calo delle denunce”.

Come fare per incentivare le denunce?
“Bisogna snellire l’apparato amministrativo e burocratico. Sicuramente se non ci fossero le associazioni, che danno consulenza e assistenza, soprattutto psicologica, molte delle vittime rimarrebbero sole e abbandonate. Ecco perché molti non denunciano: per l’assenza dello Stato. C’è pure un altro problema; le vittime che esercitano un’attività economica, professionale e imprenditoriale hanno diritto al fondo di solidarietà, mentre il privato, vittima di usura, che denuncia e vuole iniziare un percorso di legalità, non ha invece diritto al risarcimento. Esiste questa forte discriminazioni. Noi, come associazione e Consulta antiusura, abbiamo più volte portato la nostra richiesta in Parlamento, ma è rimasta lì come lettera morta. Questo può essere un elemento su cui riflettere”.

Come vi preparate al post-emergenza, fase nella quale si teme una impennata di questi fenomeni criminali?
“Proprio ad aprile, quindi nel pieno dell’emergenza, la Prefettura di Messina ha convocato una conferenza stampa, a cui ha partecipato il nostro vicepresidente, gli altri organi associazionisti e le forze dell’ordine, proprio sul rischio dell’usura. Noi abbiamo dato la nostra disponibilità ai professionisti che rientravano nel decreto del 18 marzo 2020 per eventuali consulenze, suggerimenti o per l’assistenza a pratiche che riguardavano finanziamenti e accesso ai fondi che venivano messi a disposizione. Non abbiamo ricevuto pubblico perché ovviamente non potevamo, ma durante il lockdown siamo stati presenti, abbiamo ricevuto telefonate da soggetti che abbiamo assistito col fondo di prevenzione per soggetti sovrindebidati e ci siamo messi a loro disposizione per la possibilità di sospensione dei finanziamenti, proprio perché alcuni avevano avuto una riduzione dell’orario di lavoro, altri erano in messi in cassa integrazione, e quindi non avevano più la stessa disponibilità economica. Questo è quello che abbiamo fatto durante questi mesi. Posso dire, però, che non c’è stato un aumento di casi, ma abbiamo assistito al solito trend. Se c’è stato un’impennata nei reati di usura, lo vedremo sicuramente nei prossimi mesi”.

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