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“Colpito prima dalla mafia e poi dallo Stato”, la storia dell’imprenditore Salvatore Fiore arriva all’Ars

“Colpito prima dalla mafia e poi dallo Stato”, la storia dell’imprenditore Salvatore Fiore arriva all’Ars

Dal sogno di diventare imprenditore edile all’incubo dei debiti: la storia di Salvatore Fiore al centro dell’interrogazione dell’esponente di Controcorrente Ismaele La Vardera.

“È come se mi avessero colpito due volte: la prima volta dalla mafia, la seconda dallo Stato. L’interrogazione al governo Schifani? Non so a cosa può servire ma ringrazio chi ha deciso di prendere a cuore la mia storia”. Salvatore Fiore, imprenditore di Belpasso che alla fine degli anni Duemila denunciò i propri usurai, non si fa illusioni. D’altronde, da tempo ha un rapporto strano con la giustizia: quella dei tribunali, dove sono imputati coloro che per decenni lo hanno messo nella morsa del racket, arranca; l’altra, più ampia e che non sta racchiusa soltanto nei codici, è addirittura beffarda.

Ed è su quest’ultimo aspetto che si concentra l’interrogazione parlamentare presentata all’Assemblea regionale siciliana dal deputato Ismaele La Vardera.

L’usura e la giustizia ferma, la storia di Salvatore Fiore è un tunnel senza fine

L’esponente di Controcorrente chiede al presidente della Regione e all’assessore alla Famiglia – ruolo al momento vacante, in seguito al terremoto politico che ha colpito la Democrazia Cristiana in seguito all’inchiesta in cui è coinvolto Totò Cuffaro – “se siano a conoscenza della vicenda che ha coinvolto Fiore”. E nello specifico se sappiano della liquidazione giudiziale della sua società, la Fi.Sal Appalti srl.

La Vardera propone al governo regionale di farsi promotore di un tavolo tecnico a cui far sedere l’Agenzia delle Entrate, il Ministero dell’Economia, le Prefetture e le Procure dell’Isola. Per “definire procedure uniformi per la sospensione dei carichi fiscali e la tutela economica delle vittime che abbiano denunciato”.

La vicenda dell’imprenditore Salvatore Fiore, infatti, è paradigmatica. “Ho denunciato i miei usurai nel 2009, dopo essere rimasto soffocato in un tunnel che mai avrei pensato di percorrere – racconta Fiore al Quotidiano di Sicilia –. Nel 1993, pochi anni dopo avere aperto una ditta individuale, ho fatto l’errore di seguire il suggerimento di un amico. Avevo un debito di 17 milioni di euro, mi disse che avrei potuto rivolgermi a persone da lui conosciute. Un errore che ho pagato e continuo a pagare oggi”.

La scelta di fare il costruttore, Fiore la definisce un sogno coltivato da bambino. “Mio padre faceva il muratore, io da piccolo disegnavo case. Ho fatto il manovale, ho preso il diploma di geometra. Volevo fare l’imprenditore ma tutto si è trasformato in un incubo – continua – Sono arrivato a pagare anche 20-25mila euro al mese e nonostante ciò era impossibile uscire dalla morsa degli usurai. Anzi finivo per passare da uno all’altro per cercare di saldare i debiti pregressi”.

La richiesta di rientrare dagli interessi era già difficile da soddisfare, figurarsi quella di restituire il capitale iniziale. “Ho subìto minacce di ogni tipo, appostamenti quotidiani, sottrazioni di auto e macchinari. Una volta – prosegue – sono stato trascinato in un’automobile e portato su un ponte tra Paternò e Centuripe. Mi dissero che erano pronti a buttarmi giù”.

Il coraggio di denunciare è arrivato quando le minacce hanno iniziato a riguardare anche i familiari. “Per collaborare alle indagini sono rimasto due anni in casa, ho dato tutto il contributo che ho potuto, ho testimoniato in aula – va avanti l’imprenditore – A distanza di undici anni dall’operazione in cui sono state arrestate 27 persone, soltanto cinque sono state condannate in abbreviato mentre le altre sono ancora imputate nel processo di primo grado. In compenso, mi è capitato di essere minacciato dai familiari delle persone che ho fatto arrestare”.

Le cartelle esattoriali

Se le intimidazioni in qualche modo si può pensare di metterle in conto, ciò che non ci si aspetterebbe è di ritrovarsi con un pezzo dello Stato a reclamare denaro la cui origine sta nella stessa violenza subìta. “I miei usurai hanno per anni mascherato le richieste di denaro tramite false fatture. Per queste vicende mi sono ritrovato addirittura a processo penale e sono rimasto assolto, ma da tempo è l’Agenzia delle Entrate che reclama le spettanze legate ad attività e prestazioni totalmente create ad arte da chi mi sottraeva denaro”, spiega Salvatore Fiore.

Ciò ha portato anche alla liquidazione giudiziale della società di costruzioni. Tra le cartelle esattoriali recapitate all’imprenditore ce n’è una che addirittura ammonta a oltre tre milioni: “Il mio avvocato per un anno ha cercato di far capire che si tratta di una vicenda che mi vede vittima, ma non c’è verso. La risposta che riceviamo è che finché non c’è un pronunciamento definitivo le pretese sono fondate”.

Da qui una proposta che fin qui è caduta nel vuoto. “Io vorrei soltanto che queste cartelle venissero congelate in attesa di una sentenza definitiva. Se gli imputati, i miei usurai, venissero assolti, allora è giusto che qualcuno chieda a me di pagare quelle somme. Se invece, però, dovessero essere condannati, allora sarebbe assurdo pretendere che io paghi per ciò che ho subìto. Purtroppo però – conclude l’imprenditore – a nessuno sembra interessare. Ho scritto alla presidente del Consiglio dei ministri e alla presidente della commissione nazionale antimafia, ma non è servito a nulla”.

Alla ricerca di risposte sul caso di usura

Nell’interrogazione presentata da La Vardera è incluso anche un quesito relativo all’aiuto che la Regione prevede per chi trova il coraggio di rivolgersi alle autorità per denunciare il racket. Nello specifico, il deputato chiede di sapere quali misure siano state finora intraprese “per garantire adeguato sostegno alle vittime di usura che si trovano generate in stato di insolvenza a causa di atti delittuosi già accertati o oggetto di indagine”.

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