Violentata a Milano, fermato sbarcato a luglio in Sicilia - QdS

Violentata a Milano, fermato sbarcato a luglio in Sicilia

Violentata a Milano, fermato sbarcato a luglio in Sicilia

venerdì 27 Agosto 2021

La giovane, 25 anni, ha subìto violenza a poca distanza dall'ospedale San Raffaele. Gli investigatori della Squadra mobile sono arrivati all’uomo dopo un lungo lavoro di analisi delle telecamere

Era sbarcato a Lampedusa all’inizio di luglio l’egiziano di 31 anni che lo scorso 9 agosto ha violentato una ragazza di 25 anni a poca distanza dall’ospedale San Raffaele di Milano, luogo di lavoro della vittima. Gli investigatori della Squadra mobile, diretti da Marco Calì, sono arrivati all’uomo dopo un lungo lavoro di analisi delle telecamere della zona e delle celle telefoniche, riuscendo a individuare il 31enne confrontando il suo dna trovato nel punto della violenza.

Alle 6 del 9 agosto la 25enne è arrivata alla stazione della metropolitana di Cascina Gobba e, come al solito, ha imboccato una scorciatoia per raggiungere l’ospedale. Il tratto, sebbene percorso spesso da lavoratori, è circondato da alberi e comprende un’area cantiere. Proprio qui l’uomo ha afferrato alle spalle la ragazza e l’ha trascinata in uno scavo utilizzato come incrocio per le tubature.

Dopo la violenza è rimasto ancora qualche minuto sul posto, mentre la 25enne è scappata a lavoro, dove ha raccontato alle colleghe cosa le era successo. Ferita e sotto choc si è rifiutata in un primo momento di rivolgersi alla polizia, ma le amiche l’hanno convinta a presentarsi nel pomeriggio alla clinica Mangiagalli. I medici hanno accertato la violenza e hanno inviato la segnalazione in Procura, che ha dato l’avvio alle indagini della Quarta sezione della Squadra mobile.

Durante il sopralluogo nel punto della violenza la Scientifica ha raccolto materiale biologico, che però non ha trovato riscontro nel database nazionale perché l’egiziano era stato solo fotosegnalato al suo arrivo in Italia.

Per individuarlo è stato necessario un lungo lavoro di analisi delle telecamere della zona, al termine del quale è spuntata l’immagine di un uomo col volto coperto da mascherina.

A quel punto gli investigatori della Mobile si sono concentrati sulle celle telefoniche, ma l’utenza giusta era intestata a un prestanome e così sono risaliti alla comunità di richiedenti asilo politico, di cui faceva parte anche l’egiziano. L’ultimo tassello è stato il “match” tra dna raccolto e quello prelevato da un suo oggetto. Infine, gli agenti lo hanno fermato stamani in un appartamento in via Tartini, in zona Dergano, dove viveva assieme ad altri dieci stranieri.

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